E' un peccato che Dio non esista. Un peccato mortale. Verrà processato e mandato all'inferno, per il fatto di non esistere. Condannato per falsa testimonianza. E per aver pronunciato invano il nome di se stesso. E per aver ucciso. Ma soprattutto per il semplice fatto di non esistere. Avrebbe anche potuto dircelo prima, sarebbe stato più onesto da parte sua. E avrebbe risparmiato un po' di vite e un po' di sofferenza.
Comunque, adesso che ho capito che Dio non esiste, resta il problema di capire cosa devo fare. Vado avanti come se Lui ci fosse? Ma perchè? Non ho vissuto come se Lui ci fosse quando avevo il dubbio, non vedo perchè dovrei farlo ora che so che Lui non c'è. Allora potrei continuare a fare come se Lui non ci fosse, così siamo pari. Io e Dio intendo, noi due siamo pari. Io continuo a fare come se Lui non ci fosse, Lui continua a fare come se io non ci fossi. E già che ci siamo, per essere davvero pari, iniziamo a chiamare Lui "lui", con la minuscola, come io sono "io". Se uso la minuscola io che ci sono, non vedo perchè non dovrebbe usarla lui che non c'è.
Se poi per caso salta fuori che mi sono sbagliato e invece Dio c'è, allora, per dirla con Woody Allen, spero proprio che quando mi troverò al suo cospetto Lui abbia una buona scusa. Per tutto quanto.
martedì 30 dicembre 2008
domenica 28 dicembre 2008
2009
Ciao 2008, grazie lo stesso. Non sei stato un granchè, ma hai fatto del tuo meglio. E anch'io ho fatto del mio meglio. Forse più con gli altri che con me stesso, ma forse non abbastanza in ogni caso. Non c'è da aspettarsi che qualcosa finisca o che qualcosa di nuovo cominci, solo perchè si cambia un calendario alla parete. C'è da aspettarsi, però, che continuerò a fare del mio meglio. Magari stavolta un po' più con me stesso. Se solo riuscissi a sentirmi un po' meglio nel nuovo anno sarei già contento. Meglio, sì. Non so cosa voglia dire in pratica, non so neppure se sia uguale a star bene. Ma so che star meglio è qualcosa di molto diverso da adesso. Magari riempire quello spazio dove adesso c'è ancora soltanto l'idea di aver perso qualcosa.
Il 2009 è l'ultimo anno di una decade che mi sembrava dovesse essere lunghissima, e invece è già quasi finita. Il 2009 è per me ancora il futuro lontano che si vede appena, e appena lo si può immaginare, dall'anno 2000. L'inizio del millennio, quello che sembrava ieri, sembrava adesso, e invece conti alla mano è rimasto così indietro. Lontano che quasi non ci si crede.
Dovrei provare a controllare di più questo tempo che passa, a farlo mio, a portarlo avanti insieme a me invece che lasciarlo passare così veloce.
Il 2009 è l'ultimo anno di una decade che mi sembrava dovesse essere lunghissima, e invece è già quasi finita. Il 2009 è per me ancora il futuro lontano che si vede appena, e appena lo si può immaginare, dall'anno 2000. L'inizio del millennio, quello che sembrava ieri, sembrava adesso, e invece conti alla mano è rimasto così indietro. Lontano che quasi non ci si crede.
Dovrei provare a controllare di più questo tempo che passa, a farlo mio, a portarlo avanti insieme a me invece che lasciarlo passare così veloce.
venerdì 26 dicembre 2008
pace

Scivolo via su questa neve inaspettata. Leggero come chi si gode la pace della festa vera, che arriva il giorno dopo il Giorno Di Festa, quando il tempo libero è davvero libero. Con il Natale alle spalle inizio a sentire la vera atmosfera del Natale, a godermi la mia casa, i miei posti, questi boschi e questi prati imbiancati. Con il Natale alle spalle è alle spalle anche il Dovere del Natale, il Dovere dei Pranzi, il Dovere della Gioia e della Speranza. E senza volerlo, senza cercare niente, un pochino di gioia e di speranza arrivano da sole, inaspettate come la neve di santo stefano. Inaspettate come il sapore prelibato degli avanzi del pranzo di Natale che oggi sono più buoni di ieri. Soffice mattina d'inverno, soffice respiro all'aria aperta. Qualcosa dorme sotto la neve dei prati, sopra la neve degli alberi qualcosa vive, e mi basta guardare, solo guardare. Niente è più bello del guardare la neve brillare al sole, niente è più confortante del lasciare scivolare lo sguardo su queste distese di bianco dove i pensieri scorrono via lisci, senza nessun colore a disturbarli. Non è forse questo bianco la vera Pace? Non sentite come è silenzioso questo bianco? Persino il cielo tace.
martedì 23 dicembre 2008
auguli
E tutto un via vai, gente che corre a destra e a sinistra, un andirivieni di regali e regalini. Menomale che suppergiù siamo più o meno arrivati a Natale. Soldi spesi tanti. Regali intelligenti zero. Regali inutili tutti. Regali sinceri quattro. Comunque provateci voi a trovare un regalo di Natale che non sia fatto in Cina. Quasi impossibile, al limite si trova qualcosa dal Taiwan. Io però dovrei avercela fatta, è stato sufficiente stare alla larga dai regali tecnologici e dai soprammobili.Adesso che ci penso, mi sono dimenticato di comprarmi il regalo per me. Fa niente, non mi offendo. Davvero non preoccuparmi. Non ero tenuto a farmelo, non mi aspettavo niente. Figurami che neppure io mi sono comprato niente. Amico come prima.
Comunque vorrei ringraziare quello che a un certo punto ha pensato bene che i pacchetti regalo si potevano sostituire con i sacchettini regalo, così metti nella borsetta e non devi star lì a incartare. Lo dico solo perchè io non sono capace di incartare i regali, ovviamente. Di solito mi finisce lo scotch sul regalo anzichè sulla carta. Invece con il sacchetto metti dentro e al limite dai un punto con la pinzatrice. E poi quello che lo riceve può usare lo stesso sacchetto per un altro regalo, tanto chi se ne accorge? Per esempio quest'anno qualcuno mi ha regalato una scatola di cioccolatini. Dentro a un sacchetto di Natale con dei cani vestiti da Babbo Natale. Allora ho preso il sacchetto e ci ho messo dentro un mio regalo. Non ci crederete ma il sacchetto di Natale, che costerà due euro a dir tanto, era made in China. Avanti di questo passo il prossimo pranzo di Natale lo faremo con arancini di riso e involtini primavera conditi con cacca di piccione. E poi bisognelà iniziale falsi gli auguli in cinese e a eliminale la elle dal vocabolalio, Cioè, non la elle, intendo la elle. Non quella di livolno, quella di lamallo.
Però perlomeno "Buon Natale" rimarrà uguale. Quindi niente auguli, soltanto Buon Natale a tutti.
Comunque vorrei ringraziare quello che a un certo punto ha pensato bene che i pacchetti regalo si potevano sostituire con i sacchettini regalo, così metti nella borsetta e non devi star lì a incartare. Lo dico solo perchè io non sono capace di incartare i regali, ovviamente. Di solito mi finisce lo scotch sul regalo anzichè sulla carta. Invece con il sacchetto metti dentro e al limite dai un punto con la pinzatrice. E poi quello che lo riceve può usare lo stesso sacchetto per un altro regalo, tanto chi se ne accorge? Per esempio quest'anno qualcuno mi ha regalato una scatola di cioccolatini. Dentro a un sacchetto di Natale con dei cani vestiti da Babbo Natale. Allora ho preso il sacchetto e ci ho messo dentro un mio regalo. Non ci crederete ma il sacchetto di Natale, che costerà due euro a dir tanto, era made in China. Avanti di questo passo il prossimo pranzo di Natale lo faremo con arancini di riso e involtini primavera conditi con cacca di piccione. E poi bisognelà iniziale falsi gli auguli in cinese e a eliminale la elle dal vocabolalio, Cioè, non la elle, intendo la elle. Non quella di livolno, quella di lamallo.
Però perlomeno "Buon Natale" rimarrà uguale. Quindi niente auguli, soltanto Buon Natale a tutti.
lunedì 22 dicembre 2008
santo stefano
Quest'anno preferirei davvero che Natale non arrivasse. Il Natale dovrebbe avere un valore simbolico per tutti quelli che hanno delle speranze per il futuro. Le sorprese da aprire, le giornate che iniziano ad allungarsi, Gesù che nasce, e via dicendo. Ma siccome il futuro è per definizione sempre un po' peggiore del presente, sarebbe di gran lunga meglio dimenticarsi del Natale e tirar dritto. C'è il rischio che qualcuno, preso dal clima Natalizio e da quel po' di spiritualità messa in saldo, possa per un istante pensare che il futuro sarà migliore, e non voglio immaginare quanto sarà brutto per lui risvegliarsi il 26 mattina. Del Natale allora direi che vale la pena godersi tutto quello che ragionevolmente ci si può aspettare di godere, e quindi rifugiarsi nel tanto denigrato aspetto materiale dei regali e dei pranzi. Una felicità più facile e più breve, ma senza troppe pretese e quindi più autentica. Tutto quello che non è panettone e regali è inutile e falso, parole senza significato. E io incomincerei anche a diffidare delle persone che ti fanno i regali. Sicuramente i sentimenti di chi ti fa i regali durano meno di quanto duri la sorpresa, tanto vale aggrapparsi a quel pacchetto che perlomeno è solido, concreto e non costa nulla.
giovedì 18 dicembre 2008
presenze
Ho idea che non sia molto salutare passare giornate intere chiuso nella mia stanza, con davanti solo il panorama di un muro e una scrivania. Senza vedere nessuno, senza parlare con nessuno. A imbottirmi di tè e tisane. Con una sbirciata su internet durante le pause come unico contatto con il mondo esterno. E la mia gatta che invece di farmi compagnia pensa a schiacciare il suo pisolino di dodici ore. No. credo che da un punto di vista psicologico tutto questo non sia molto sano. Voglio dire, uno rischia di impazzire, di perdere il lume della ragione. Tra un po' cosa mi succederà? Inizierò a sentire i muri e i mobili parlare. A vedere presenze che non ci sono. Come Tom Hanks in Castaway, quando inizia a parlare con il pallone Wilson.
Non sono ancora arrivato a quel punto, ovviamente, anche perchè secondo me finchè uno è in grado di domandarsi se stia impazzendo vuol dire che non sta ancora realmente impazzendo. E poi, dopotutto, anch'io ho chi mi tiene compagnia. Ieri, per esempio, ho alzato lo sguardo dalla scrivania e mi sono girato di scatto, e ho scoperto l'armadio che mi stava osservando da dietro. Appena ha visto che mi sono accorto di lui è tornato a essere un normale armadio, ma non creda che io a certe cose non faccia caso. E poi, la mia lampada, non vi dico quanto mi irrita il modo in cui allunga il collo e si sporge per vedere quello che sto scrivendo. Cosa vuole da me? Cos'ha da guardare? Certe cose mi fanno davvero innervosire. Anche questo nervoso non è molto salutare, sapete? Non mi aiuta di certo a sopportare questa solitudine. Se va avanti così tra un po' inizierò a impazzire davvero.
Non sono ancora arrivato a quel punto, ovviamente, anche perchè secondo me finchè uno è in grado di domandarsi se stia impazzendo vuol dire che non sta ancora realmente impazzendo. E poi, dopotutto, anch'io ho chi mi tiene compagnia. Ieri, per esempio, ho alzato lo sguardo dalla scrivania e mi sono girato di scatto, e ho scoperto l'armadio che mi stava osservando da dietro. Appena ha visto che mi sono accorto di lui è tornato a essere un normale armadio, ma non creda che io a certe cose non faccia caso. E poi, la mia lampada, non vi dico quanto mi irrita il modo in cui allunga il collo e si sporge per vedere quello che sto scrivendo. Cosa vuole da me? Cos'ha da guardare? Certe cose mi fanno davvero innervosire. Anche questo nervoso non è molto salutare, sapete? Non mi aiuta di certo a sopportare questa solitudine. Se va avanti così tra un po' inizierò a impazzire davvero.
lunedì 15 dicembre 2008
pallone d'oro
Da oggi siamo ufficialmente entrati nel periodo dei bilanci di fine anno. Uno si deve chiedere "che anno è stato?" e poi darsi una risposta, come da Marzullo.
In effetti, è improbabile che le ultime due settimane possano cambiare qualcosa, tanto vale iniziare adesso a fare quattro conti. E' come per il pallone d'oro, che a novembre hanno già deciso chi lo vince, senza aspettare quello che succede a dicembre.
Dunque, bilanci di fine anno, parte prima.
La prossima volta che mi capita un 2008 come questo io non gioco più. Lo dico subito così dopo non ci sono discussioni. Ecco, come bilancio potrei fermarmi qui, ma preferisco dilungarmi un po' di più sui dettagli e analizzare i singoli aspetti che hanno reso questo 2008 tristemente indimenticabile. Fortunatamente, non sempre faccio quello che preferisco, quindi con il bilancio mi fermo qui.
Capitolo secondo, aspettative per il 2009. Andare in palestra. Fare un giro nel corridoio della palestra e poi scappare via al pù presto. Diventare famoso, in qualunque modo, tranne quelli che comportano la galera o la morte. Diventare un gatto. Coi baffi, la coda e tutto il resto. Ritornare al 2007, o comunque fare ritornare tutto esattamente come era nel 2007. Tutto. Ogni piccolo minuto di ogni giorno. Non voglio andare avanti, non voglio guardare avanti, non voglio pensare al futuro. Voglio tornare indietro, io voglio vivere nel passato. Nel mio passato. Non capisco che bisogno ci fosse di cambiare tutto quanto. E infatti io non ho cambiato niente, sono le cose che sono cambiate da sole davanti a me senza che io potessi farci niente.
Ma magari un giorno o l'altro il 2007 torna, magari travestito da qualcos'altro. Ma non importa che vestito si mette, appena lo vedrò mi accorgerò subito che è lui. Il 2007 aveva un profumo che non va più via.
In effetti, è improbabile che le ultime due settimane possano cambiare qualcosa, tanto vale iniziare adesso a fare quattro conti. E' come per il pallone d'oro, che a novembre hanno già deciso chi lo vince, senza aspettare quello che succede a dicembre.
Dunque, bilanci di fine anno, parte prima.
La prossima volta che mi capita un 2008 come questo io non gioco più. Lo dico subito così dopo non ci sono discussioni. Ecco, come bilancio potrei fermarmi qui, ma preferisco dilungarmi un po' di più sui dettagli e analizzare i singoli aspetti che hanno reso questo 2008 tristemente indimenticabile. Fortunatamente, non sempre faccio quello che preferisco, quindi con il bilancio mi fermo qui.
Capitolo secondo, aspettative per il 2009. Andare in palestra. Fare un giro nel corridoio della palestra e poi scappare via al pù presto. Diventare famoso, in qualunque modo, tranne quelli che comportano la galera o la morte. Diventare un gatto. Coi baffi, la coda e tutto il resto. Ritornare al 2007, o comunque fare ritornare tutto esattamente come era nel 2007. Tutto. Ogni piccolo minuto di ogni giorno. Non voglio andare avanti, non voglio guardare avanti, non voglio pensare al futuro. Voglio tornare indietro, io voglio vivere nel passato. Nel mio passato. Non capisco che bisogno ci fosse di cambiare tutto quanto. E infatti io non ho cambiato niente, sono le cose che sono cambiate da sole davanti a me senza che io potessi farci niente.
Ma magari un giorno o l'altro il 2007 torna, magari travestito da qualcos'altro. Ma non importa che vestito si mette, appena lo vedrò mi accorgerò subito che è lui. Il 2007 aveva un profumo che non va più via.
sabato 13 dicembre 2008
letterina
Caro Babbo Natale,
come te la passi? che aria tira lassù? ti scrivo per le mie solite richieste di Natale, spero non sia troppo tardi. Non provare a tirarmi fuori la storia se sono stato buono o no, che tanto i regali li hai sempre portati a tutti senza distinzioni. Ti ricordi quel tizio che una ventina d'anni fa era venuto a casa mia e solo per farmi un dispetto mi aveva bucato il pallone? Ecco, quello era stato abbastanza cattivo, no? Voglio dire, se non è cattivo uno che arriva a casa tua e ti buca il pallone, dimmi tu chi è cattivo. Io avrei giurato che a quel tizio a Natale non avresti portato niente, e almeno questa idea mi consolava del fatto di non poter più giocare a pallone. Ma vado a casa sua a Natale e cosa scopro? Pieno di regali fino al collo, forse addirittura più di me. E' stato da quel giorno, sai, che ho capito che la giustizia non è di questo mondo. Quindi se sono stato bravo o no non ti deve interessare, pensa a fare il tuo mestiere e inizia a impacchettarmi i seguenti regali.
Voglio una corda per fare bunjee-jumping. Io non faccio bunjee-jumping, figurati che non so nemmeno se bunjee-jumping si scriva "bunjee-jumping". Per questo non mi sognerei mai di comprare una corda per fare bunjee-jumping. Ma quindi non avrò mai una corda per fare bunjee-jumping in tutta la mia vita, a meno che qualcuno non me la regali. Quindi voglio che tu mi porti una corda per bunjee-jumping.
Poi voglio un pezzo d'Australia. Possibilmente la parte coi canguri. Lo so che pesa, e che forse dal camino non ci passa. Ma al limite fai un viaggio in più, cosa vuoi che ti cambi? L'Australia la voglio così ci posso andare in vacanza quando mi pare senza aspettare sei ore all'aeroporto.
Poi già che ci sei portami una cassa di birra, preferibilmente scura. Preferibilmente inglese. Non mi venire a dire che non porti alcolici, che con la pancia che ti ritrovi a chi vuoi darla a bere? Poi vedi, ti faccio anche le battute divertenti, qualche birra me la devi.
Poi direi basta. Cioè, non ho bisogno di nient'altro. Una casa ce l'ho, una gatta pure, ho tutto lo stretto indispensabile. Quindi per gli altri regali fai un po' tu, a me va sempre bene. Basta che non ti presenti a mani vuote.
Ciao Babbo Natale, stammi bene e vedi di non dimenticarti il bunjee jumping
con affetto
alberto
come te la passi? che aria tira lassù? ti scrivo per le mie solite richieste di Natale, spero non sia troppo tardi. Non provare a tirarmi fuori la storia se sono stato buono o no, che tanto i regali li hai sempre portati a tutti senza distinzioni. Ti ricordi quel tizio che una ventina d'anni fa era venuto a casa mia e solo per farmi un dispetto mi aveva bucato il pallone? Ecco, quello era stato abbastanza cattivo, no? Voglio dire, se non è cattivo uno che arriva a casa tua e ti buca il pallone, dimmi tu chi è cattivo. Io avrei giurato che a quel tizio a Natale non avresti portato niente, e almeno questa idea mi consolava del fatto di non poter più giocare a pallone. Ma vado a casa sua a Natale e cosa scopro? Pieno di regali fino al collo, forse addirittura più di me. E' stato da quel giorno, sai, che ho capito che la giustizia non è di questo mondo. Quindi se sono stato bravo o no non ti deve interessare, pensa a fare il tuo mestiere e inizia a impacchettarmi i seguenti regali.
Voglio una corda per fare bunjee-jumping. Io non faccio bunjee-jumping, figurati che non so nemmeno se bunjee-jumping si scriva "bunjee-jumping". Per questo non mi sognerei mai di comprare una corda per fare bunjee-jumping. Ma quindi non avrò mai una corda per fare bunjee-jumping in tutta la mia vita, a meno che qualcuno non me la regali. Quindi voglio che tu mi porti una corda per bunjee-jumping.
Poi voglio un pezzo d'Australia. Possibilmente la parte coi canguri. Lo so che pesa, e che forse dal camino non ci passa. Ma al limite fai un viaggio in più, cosa vuoi che ti cambi? L'Australia la voglio così ci posso andare in vacanza quando mi pare senza aspettare sei ore all'aeroporto.
Poi già che ci sei portami una cassa di birra, preferibilmente scura. Preferibilmente inglese. Non mi venire a dire che non porti alcolici, che con la pancia che ti ritrovi a chi vuoi darla a bere? Poi vedi, ti faccio anche le battute divertenti, qualche birra me la devi.
Poi direi basta. Cioè, non ho bisogno di nient'altro. Una casa ce l'ho, una gatta pure, ho tutto lo stretto indispensabile. Quindi per gli altri regali fai un po' tu, a me va sempre bene. Basta che non ti presenti a mani vuote.
Ciao Babbo Natale, stammi bene e vedi di non dimenticarti il bunjee jumping
con affetto
alberto
venerdì 12 dicembre 2008
spazio
Ho una serie di problemi. I miei problemi sono talmente tanti che non inizio neppure a fare un elenco, perchè rischierei di non fermarmi più. Per brevità, dico solo il primo e l'ultimo dei miei problemi. Il primo dei miei problemi in questo momento è il sonno che mi sta salendo dalle caviglie alle ginocchia e nel giro di pochi minuti mi sommergerà fino al collo, così che sarò tutto addormentato a parte la testa. L'ultimo dei miei problemi è la mia gatta che ingrassa a vista d'occhio e se va avanti così non trova più marito.
Qualcuno dice che dormirci sopra aiuta a risolvere i problemi. Ma secondo me non è vero, altrimenti la mia gatta non avrebbe mai problemi, visto che tutto quello che lei fa, oltre a essere una gatta, è dormire.
A me succede proprio il contrario. Se ho un problema e ci dormo sopra, quando mi sveglio il problema è diventato ancora più grosso. Per questo cerco sempre di non dormire troppo. Per esempio, quando mi scappa la pipì e mi addormento senza farla, appena mi sveglio mi scappa ancora di più. E lo stesso mi succede con la tristezza o il mal di gola. Il risveglio è sempre il momento più brutto, per uno che ha dei problemi.
Le soluzioni possibili sono due. O si risolvono i problemi prima di addormentarsi, o si evita di andare a dormire. Io di solito non faccio nè l'uno nè l'altro. Infatti ho comprato una mensola apposta per tenere tutti i miei problemi quando diventano troppo grossi per restare tutti nella mia testa o nel mio stomaco, Ma un giorno di questi vado in discarica e ci butto dentro la mensola con tutto quello che c'è sopra. Faccio un po' di spazio per i nuovi problemi che verranno. Se qualcuno non sa dove mettere i propri problemi, mi chiami pure che io ho un sacco di spazio
Qualcuno dice che dormirci sopra aiuta a risolvere i problemi. Ma secondo me non è vero, altrimenti la mia gatta non avrebbe mai problemi, visto che tutto quello che lei fa, oltre a essere una gatta, è dormire.
A me succede proprio il contrario. Se ho un problema e ci dormo sopra, quando mi sveglio il problema è diventato ancora più grosso. Per questo cerco sempre di non dormire troppo. Per esempio, quando mi scappa la pipì e mi addormento senza farla, appena mi sveglio mi scappa ancora di più. E lo stesso mi succede con la tristezza o il mal di gola. Il risveglio è sempre il momento più brutto, per uno che ha dei problemi.
Le soluzioni possibili sono due. O si risolvono i problemi prima di addormentarsi, o si evita di andare a dormire. Io di solito non faccio nè l'uno nè l'altro. Infatti ho comprato una mensola apposta per tenere tutti i miei problemi quando diventano troppo grossi per restare tutti nella mia testa o nel mio stomaco, Ma un giorno di questi vado in discarica e ci butto dentro la mensola con tutto quello che c'è sopra. Faccio un po' di spazio per i nuovi problemi che verranno. Se qualcuno non sa dove mettere i propri problemi, mi chiami pure che io ho un sacco di spazio
martedì 9 dicembre 2008
blu
Vorrei dire qualcosa di non molto impegnativo. Così, tanto per finire in modo sereno la giornata. Una frase stupida, magari senza senso, per alleggerire un po' i pensieri e dormire più rilassato. Mi piace il gelato blu e il ghiacciolo blu, per esempio. Ecco, sì, abbastanza superficiale, così meravigliosamente superficiale. Il gelato blu e il ghiacciolo blu, buoni buoni. Anche se non credo che siano allo stesso gusto. Il ghiacciolo blu è all'anice, il gelato blu non si capisce bene. Non credo sia davvero fatto con i puffi, altrimenti a quest'ora non ce ne sarebbero già più in giro. Di puffi, intendo. Insomma, non so perchè il gelato blu sia blu,ma visto che non si capisce neppure di che gusto sia, un colore vale l'altro. Per dire, potevano anche farlo viola, che nessuno avrebbe avuto da obiettare. Sono invece un po' più perplesso sul ghiacciolo. Perchè il ghicciolo all'anice è blu? La cosa non è tanto normale, visto che l'anice è marrone. Certo, non mi aspetto che nei ghiaccioli sia davvero la frutta a dare il colore, anche perchè altrimenti non si spiegherebbe perchè alcuni ghiaccioli al limone siano bianchi e altri gialli. Però si potrebbe almeno dare il colore in modo sensato, e l'anice blu mi sembra davvero senza senso.
Il discorso si sta facendo troppo complicato e impegnativo, forse farei bene a darci un taglio prima che il mio proposito di rimanere sul superficiale vada a farsi benedire. D'altra parte i ghiaccioli sono un ambito di riflessione troppo impegnativo, avrei dovuto saperlo fin da subito. Avrei fatto meglio a concentrarmi sui mottarelli o sui cornetti, anche se a dire la verità i cornetti hanno subito una certa evoluzione che ha reso il panorama piuttosto eterogeneo, dall'amarena al cappuccino. Comunque sono arrivato alla conclusione che le barzellette sul biscotto del gelato al biscotto (che, per la cronaca, esiste da molto prima del commerciale "cucciolone")siano volutamente poco divertenti, così che uno è più invogliato a mangiarsi il gelato.
Ho inventato anch'io una barzelletta da mettere sul gelato al biscotto, appena trovo un biscotto ce la scrivo sopra e la invio a quelli del gelato al biscotto. La barzelletta fa così: ci sono un italiano, un inglese e un tedesco che si stufano di recitare come attori nelle barzellette dell'asilo e vanno in vacanza ai caraibi. L'inglese fa all'italiano: perchè non dici la tua solita battuta scema? E l'italiano: perchè sono in vancanza. E il tedesco allora dice: ma vuoi dire che quando sei fuori dalle barzellette sei una persona seria? E l'italiano risponde: no, ma non è detto che io debba per forza fare ridere. E allora l'inglese ricomincia: quanto pensate che debba andare avanti questa barzelletta? E l'italiano: non lo so, ho idea che quello che la sta scrivendo non riesca a pensare a una conclusione che faccia ridere. E il tedesco chiede: ma chi è che la sta scrivendo? E l'inglese: dev'essere quello là che parlava dei ghiaccioli, mi fa un po' pena. E l'italiano: ma perchè non se ne va a dormire e non ci lascia in pace?
Va bene, va bene, me ne vado a dormire, lo capisco da solo quando non sono gradito nelle barzellette
Il discorso si sta facendo troppo complicato e impegnativo, forse farei bene a darci un taglio prima che il mio proposito di rimanere sul superficiale vada a farsi benedire. D'altra parte i ghiaccioli sono un ambito di riflessione troppo impegnativo, avrei dovuto saperlo fin da subito. Avrei fatto meglio a concentrarmi sui mottarelli o sui cornetti, anche se a dire la verità i cornetti hanno subito una certa evoluzione che ha reso il panorama piuttosto eterogeneo, dall'amarena al cappuccino. Comunque sono arrivato alla conclusione che le barzellette sul biscotto del gelato al biscotto (che, per la cronaca, esiste da molto prima del commerciale "cucciolone")siano volutamente poco divertenti, così che uno è più invogliato a mangiarsi il gelato.
Ho inventato anch'io una barzelletta da mettere sul gelato al biscotto, appena trovo un biscotto ce la scrivo sopra e la invio a quelli del gelato al biscotto. La barzelletta fa così: ci sono un italiano, un inglese e un tedesco che si stufano di recitare come attori nelle barzellette dell'asilo e vanno in vacanza ai caraibi. L'inglese fa all'italiano: perchè non dici la tua solita battuta scema? E l'italiano: perchè sono in vancanza. E il tedesco allora dice: ma vuoi dire che quando sei fuori dalle barzellette sei una persona seria? E l'italiano risponde: no, ma non è detto che io debba per forza fare ridere. E allora l'inglese ricomincia: quanto pensate che debba andare avanti questa barzelletta? E l'italiano: non lo so, ho idea che quello che la sta scrivendo non riesca a pensare a una conclusione che faccia ridere. E il tedesco chiede: ma chi è che la sta scrivendo? E l'inglese: dev'essere quello là che parlava dei ghiaccioli, mi fa un po' pena. E l'italiano: ma perchè non se ne va a dormire e non ci lascia in pace?
Va bene, va bene, me ne vado a dormire, lo capisco da solo quando non sono gradito nelle barzellette
domenica 7 dicembre 2008
pigiama
Mi chiedo a cosa serva stare via due mesi se poi quando uno torna trova tutto uguale a prima. Solo i calendari sono avanzati di qualche pagina, e la mia gatta è ingrassata in modo malsano. Ma tutto il resto è rimasto fermo dov'era. La mia casa, le persone attorno, il colore di questo soffitto, il buio della mia stanza. E poi lei, la mia vita che mi aspettava sdraiata sul mio letto, proprio dove l'avevo lasciata quella mattina in cui ci eravamo salutati, io con le valigia in mano, lei con il suo sguardo minaccioso. Forse si è addolcita un po' in questi mesi, un po' di tempo lontana da me potrebbe averle fatto bene. Ma è ancora troppo presto per saperlo. Non lo so se devo essere contento, mi prendo ancora qualche giorno per decidere. Essere contenti è una scelta difficile, bisogna valutare bene. Per intanto cerco di guardarmi attorno e di vedere se si può stare un po' meglio. Ma non ho ancora ripreso confidenza con la mia vita, tendo ancora a lasciarla lì sul letto quando mi alzo la mattina, insieme al pigiama e qualche brutto sogno della notte prima. Ho fatto quasi solo brutti sogni da quando sono tornato, ma non so come interpretare questa cosa. Forse è il modo in cui la mia vita prova a farmi pagare il fatto di averla dimenticata per tutto questo tempo, o il fatto di non volerla ancora portare con me dentro alle mie giornate.
Ma allora mi viene da chiedermi: si può convivere con una vita estranea a se stessi?
Ma allora mi viene da chiedermi: si può convivere con una vita estranea a se stessi?
mercoledì 3 dicembre 2008
torno subito
Ultimo giorno inglese. Puntuale e' arrivata anche stavolta l'ora di partire. Mi aspetta l'ultima giornata, l'ultimo pranzo, l'ultima cena, l'ultima bevuta al pub. Mi mancheranno un bel po' di cose, lo so gia'. Altre non mi mancheranno per niente. Alcune mi mancheranno, si', ma me ne accorgero' solo fra qualche giorno. Magari sono quelle piccole cosa cui adesso non faccio nemmeno caso.
Tra le cose che non mi mancheranno c'e' quella roba che gli inglesi, con molta audacia, chiamano "food" e i programmi televisivi inglesi.
Mi manchera' la birra inglese, e le serate al pub a bere birra inglese. Come faro' senza? come riempiro' le mie serate? ha ancora senso una vita vissuta senza la birra inglese al proprio fianco?
Chester. No, Chester non mi manchera'. Diciamo la verita', lui e io non abbiamo mai trovato un'intesa. Tra di noi non poteva funzionare, avremmo dovuto capirlo entrambi fin da subito. Lui ha la sua vita qua, fatta di passeggiate serali, di pisciatine in giardino, di coccole e croccantini. E io, io ho la mia gatta che mi aspetta a casa Anche se lui non ha mai sospettato niente, avrei dovuto essere chiaro fin da subito su questo punto. Chester non e' mai riuscito a prendere davvero il posto della mia gatta; d'altra parte era impensabile che un comunissimo e volgarissimo cane potesse rimpiazziarla. E d'altra parte lei non me lo avrebbe mai perdonato. Forse avrebbe tollerato una storia con un altro gatto, ma un cane no, sarebbe stata un'offesa troppo grande per lei.
Adesso e' ora che io torni alla mia vita e lui alla sua. E' una storia iniziata e finita male. Capita. Non ne faro' parola con la mia mia gatta, e tra di noi continuera' come se niente fosse successo
Tra le cose che non mi mancheranno c'e' quella roba che gli inglesi, con molta audacia, chiamano "food" e i programmi televisivi inglesi.
Mi manchera' la birra inglese, e le serate al pub a bere birra inglese. Come faro' senza? come riempiro' le mie serate? ha ancora senso una vita vissuta senza la birra inglese al proprio fianco?
Chester. No, Chester non mi manchera'. Diciamo la verita', lui e io non abbiamo mai trovato un'intesa. Tra di noi non poteva funzionare, avremmo dovuto capirlo entrambi fin da subito. Lui ha la sua vita qua, fatta di passeggiate serali, di pisciatine in giardino, di coccole e croccantini. E io, io ho la mia gatta che mi aspetta a casa Anche se lui non ha mai sospettato niente, avrei dovuto essere chiaro fin da subito su questo punto. Chester non e' mai riuscito a prendere davvero il posto della mia gatta; d'altra parte era impensabile che un comunissimo e volgarissimo cane potesse rimpiazziarla. E d'altra parte lei non me lo avrebbe mai perdonato. Forse avrebbe tollerato una storia con un altro gatto, ma un cane no, sarebbe stata un'offesa troppo grande per lei.
Adesso e' ora che io torni alla mia vita e lui alla sua. E' una storia iniziata e finita male. Capita. Non ne faro' parola con la mia mia gatta, e tra di noi continuera' come se niente fosse successo
lunedì 1 dicembre 2008
torno
Dunque parrebbe che si debba iniziare un'altra settimana. Va bene, ci sto, iniziamola. Questa settimana e' strana perche' la inizio qui e la finisco da un'altra parte. Il che succede tutte le settimane, visto che di solito la domenica sera non sono mai nello stesso posto del lunedi' mattina. Pero' questa settimana la inizio qui e la finisco la'. Qui e' qui, in Inghilterra. La' e la', in Italia. Cioe', a casa piu' che in Italia.
Devo preparare la valigia, ma aspetto l'ultimo momento cosi' se cambio idea non faccio il lavoro per niente. No, comunque non cambio idea, e' solo che mi serve una scusa per non iniziare. Fare la valigia e' la cosa piu' pesante del mondo, dopo l'Australia. (Non fate domande, e' cosi' e basta).
Siccome sa che parto, l'Inghilterra ha deciso di fare uscire il sole. Magari e' per convincermi a restare (ma avrebbe fatto meglio a offrirmi una birra). O magari e' perche' e' contenta che me ne vado. La cosa non mi darebbe tanto fastidio, purche' in Italia ci sia qualcuno contento che io torno. Dicono che in Italia stia addirittura nevicando. Forse perche' anche lei non e' contenta che torno.
Comunque ho deciso, non mi importa chi piange e chi ride. Se proprio devo fare un dispetto a qualcuno lo faccio all'Italia, e me ne torno a casa.
Devo preparare la valigia, ma aspetto l'ultimo momento cosi' se cambio idea non faccio il lavoro per niente. No, comunque non cambio idea, e' solo che mi serve una scusa per non iniziare. Fare la valigia e' la cosa piu' pesante del mondo, dopo l'Australia. (Non fate domande, e' cosi' e basta).
Siccome sa che parto, l'Inghilterra ha deciso di fare uscire il sole. Magari e' per convincermi a restare (ma avrebbe fatto meglio a offrirmi una birra). O magari e' perche' e' contenta che me ne vado. La cosa non mi darebbe tanto fastidio, purche' in Italia ci sia qualcuno contento che io torno. Dicono che in Italia stia addirittura nevicando. Forse perche' anche lei non e' contenta che torno.
Comunque ho deciso, non mi importa chi piange e chi ride. Se proprio devo fare un dispetto a qualcuno lo faccio all'Italia, e me ne torno a casa.
sabato 29 novembre 2008
degutazione
ho passato una giornata a visitare birra e degustare londra. Volevo dire, a degustare birra e visitare Londra. Pero' in effetti ho anche visitato la birra, nel senso del birrificio. E ho anche degustato Londra, nel senso di Londra di sera con le luci e il Big Ben illuminato, St. Paul illuminata, gli alberi sul Tamigi illuminati. Ma, a dire la verita', piu' che altro ieri ho degustato birra. Chiara, Scura, Rossa, Ambrata. Ma di piu' Ambrata e Scura. Gli inglesi chiamano "degustazione" un assaggio da due pinte e mezzo. Vogliono essere sicuri che non ti perdi niente del sapore della birra, e allora piuttosto che rischiare ti riempiono un altro bicchiere. L'ideale sarebbe non degustare senza prima aver mangiato, ma gli inglesi a certe sottigliezze non fanno caso.
Oggi e' la giornata piu' grigia da quando sono qui. Non si vede il cielo, c'e' un soffitto grigio all'aria aperta che non fa passare nemmeno uno spiraglio di luce. Grigio tutto uguale, neanche una nuvoletta un po' piu' scura o una sfumatura un po' piu' chiara. Non so cosa io abbia fatto di male al tempo per meritarmi questo grigio.Ma forse non e' arrabiato con me, ce l'ha con qualcun altro. Solo che quando il cielo si arrabbia ci andiamo di mezzo tutti. O forse non e' arrabbiato per niente, e' solo che oggi gli andava di vestirsi di grigio. Magari e' solo un po' triste o depresso. Ehi, ma cosa fa adesso, si mette a piangere? cosi' senza motivo? Perche' il tempo inglese continua a piangere? Non puo' andare a farsi una birra come tutti i normali inglesi? o se proprio non gli va, almeno che pianga lacrime di birra, cosi' ho un motivo per girare senza ombrello
Oggi e' la giornata piu' grigia da quando sono qui. Non si vede il cielo, c'e' un soffitto grigio all'aria aperta che non fa passare nemmeno uno spiraglio di luce. Grigio tutto uguale, neanche una nuvoletta un po' piu' scura o una sfumatura un po' piu' chiara. Non so cosa io abbia fatto di male al tempo per meritarmi questo grigio.Ma forse non e' arrabiato con me, ce l'ha con qualcun altro. Solo che quando il cielo si arrabbia ci andiamo di mezzo tutti. O forse non e' arrabbiato per niente, e' solo che oggi gli andava di vestirsi di grigio. Magari e' solo un po' triste o depresso. Ehi, ma cosa fa adesso, si mette a piangere? cosi' senza motivo? Perche' il tempo inglese continua a piangere? Non puo' andare a farsi una birra come tutti i normali inglesi? o se proprio non gli va, almeno che pianga lacrime di birra, cosi' ho un motivo per girare senza ombrello
mercoledì 26 novembre 2008
isole
Scopro con immenso piacere che Vladimir Luxuria ha vinto l’isola dei famosi. Sette milioni e mezzo di italiani l’altra sera a seguire la finalissima, milioni di voti a favore di Luxuria. È un grande risultato, dicono, una vittoria simbolica, la riscossa degli omosessuali e dei comunisti. Il primo passo verso una rivoluzione culturale in Italia. In america hanno Obama, noi abbiamo Luxuria.
Gesù santissimo, perché non fai qualcosa? Chi sono, io vorrei sapere chi sono questi sette milioni e mezzo di italiani. Sette milioni e mezzo, non qualche migliaio. Sette milioni e mezzo di italiani davanti alla televisione a guardare l’isola dei famosi, Luxuria e la Ventura. Sette milioni e mezzo. Chi sono? Io li vorrei conoscere uno per uno. Vedere che faccia hanno, che vita fanno, per che partito votano, in che modo la mia vita è influenzata da questi sette milioni e mezzo di persone. E se c’è un modo per liberarsene
Possibile che nessuno abbia mai pensato di bombardare l’isola dei famosi con tutti i famosi sopra? E di chi è questa isola? È territorio italiano? È proprietà privata di qualcuno? È di uno stato straniero? Si può dichiararle guerra?
Gesù santissimo, perché non fai qualcosa? Chi sono, io vorrei sapere chi sono questi sette milioni e mezzo di italiani. Sette milioni e mezzo, non qualche migliaio. Sette milioni e mezzo di italiani davanti alla televisione a guardare l’isola dei famosi, Luxuria e la Ventura. Sette milioni e mezzo. Chi sono? Io li vorrei conoscere uno per uno. Vedere che faccia hanno, che vita fanno, per che partito votano, in che modo la mia vita è influenzata da questi sette milioni e mezzo di persone. E se c’è un modo per liberarsene
Possibile che nessuno abbia mai pensato di bombardare l’isola dei famosi con tutti i famosi sopra? E di chi è questa isola? È territorio italiano? È proprietà privata di qualcuno? È di uno stato straniero? Si può dichiararle guerra?
lunedì 24 novembre 2008
novembre memorabile
Ultima settimana di novembre. Erano mesi che non vedevo un novembre così pieno di cose. Un po’ di neve, un po’ di pioggia, un po’ di sole. Un po’ di giorno e un po’ di notte. Un po’ di freddo e ancora un po’ di freddo. Un po’ di fuochi d’artificio e un po’ di luci di Natale. Un po’ di gente, un po’ di nessuno. Un po’ di tutto e un po’ di niente. Un po’ di niente dentro alla gente e un po’ di tutto anche in mezzo a nessuno.
Tra stare in mezzo alla gente e stare in mezzo a nessuno non c’è molta differenza, dato che “la gente” non è nessuno in particolare. Tra nessuno e la gente, comunque, io preferisco nessuno. Tra le gente e le persone, invece, preferisco le persone. Tra nessuno e le persone non saprei, forse dipende dai momenti. Però faccio fatica a farmi venire i momenti giusti al momento giusto. Di norma voglio le persone quando non c’è nessuno e non voglio nessuno quando ci sono delle persone. Non è così grave, l’importante è che non ci sia la gente. Per non parlare poi della “gentaglia”, che è peggio della gente perché la lama è più affilata.
Per tornare in argomento, ci sono delle cose di questo novembre che vorrei portare con me dentro a dicembre. Delle cose che vorrei tenere sempre nella mia memoria. Se solo mi ricordassi di cosa si tratta, sono sicuro che non me le dimenticherei. Però in una settimana c’è ancora tempo per far succedere qualcosa di memorabile. Si può cambiare la vita in una settimana, cosa credete? Io una volta ho cambiato vita, anche se allora ci avevo messo una ventina d’anni. Però per cambiamenti un po’ meno radicali una settimana può anche bastare. Potrei cambiare soltanto il mio modo di vestire, per esempio. Sarebbe già qualcosa di significativo. Per esempio, in questa fine di novembre potrei iniziare a mettere due calzini su un piede solo, anziché uno per parte. Cosi' ogni mattina della mia vita, quando mi infilero' il mio calzino sopra l'altro, mi ricordero' di questo novembre 2008
Per tornare in argomento, la fine di novembre di solito coincide con l’inizio di un nuovo mese, che anche per quest’anno, dicono le previsioni, sarà dicembre. Sì, è vero, le previsioni non ci prendono mai, ma su questa sono abbastanza sicuro perché ho ascoltato le previsioni svizzere. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, c’è ancora parecchia strada prima di dicembre. Anche se l’idea di mettere il carro davanti ai buoi non è così assurda, soprattutto se si vuole andare in retromarcia. Ma quest’ultima cosa c’entra assai poco con novembre.
Siccome sono andato parecchie volte fuori tema, novembrizzo questo post con le parole da novembre che avrei dovuto usare invece di parlare di gente e di buoi: foglie, alberi, gialle, dagli, morte, cadono, piove, grigio, mentre, cielo, dal.
Sta, le, alberi, come, sugli, foglie, autunno, si, d’.
A, giorni, novembre, trenta.
Dicembre, tra, ottobre, e.
Siamo, credere, già, novembre, posso, che, non, a
Tra stare in mezzo alla gente e stare in mezzo a nessuno non c’è molta differenza, dato che “la gente” non è nessuno in particolare. Tra nessuno e la gente, comunque, io preferisco nessuno. Tra le gente e le persone, invece, preferisco le persone. Tra nessuno e le persone non saprei, forse dipende dai momenti. Però faccio fatica a farmi venire i momenti giusti al momento giusto. Di norma voglio le persone quando non c’è nessuno e non voglio nessuno quando ci sono delle persone. Non è così grave, l’importante è che non ci sia la gente. Per non parlare poi della “gentaglia”, che è peggio della gente perché la lama è più affilata.
Per tornare in argomento, ci sono delle cose di questo novembre che vorrei portare con me dentro a dicembre. Delle cose che vorrei tenere sempre nella mia memoria. Se solo mi ricordassi di cosa si tratta, sono sicuro che non me le dimenticherei. Però in una settimana c’è ancora tempo per far succedere qualcosa di memorabile. Si può cambiare la vita in una settimana, cosa credete? Io una volta ho cambiato vita, anche se allora ci avevo messo una ventina d’anni. Però per cambiamenti un po’ meno radicali una settimana può anche bastare. Potrei cambiare soltanto il mio modo di vestire, per esempio. Sarebbe già qualcosa di significativo. Per esempio, in questa fine di novembre potrei iniziare a mettere due calzini su un piede solo, anziché uno per parte. Cosi' ogni mattina della mia vita, quando mi infilero' il mio calzino sopra l'altro, mi ricordero' di questo novembre 2008
Per tornare in argomento, la fine di novembre di solito coincide con l’inizio di un nuovo mese, che anche per quest’anno, dicono le previsioni, sarà dicembre. Sì, è vero, le previsioni non ci prendono mai, ma su questa sono abbastanza sicuro perché ho ascoltato le previsioni svizzere. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, c’è ancora parecchia strada prima di dicembre. Anche se l’idea di mettere il carro davanti ai buoi non è così assurda, soprattutto se si vuole andare in retromarcia. Ma quest’ultima cosa c’entra assai poco con novembre.
Siccome sono andato parecchie volte fuori tema, novembrizzo questo post con le parole da novembre che avrei dovuto usare invece di parlare di gente e di buoi: foglie, alberi, gialle, dagli, morte, cadono, piove, grigio, mentre, cielo, dal.
Sta, le, alberi, come, sugli, foglie, autunno, si, d’.
A, giorni, novembre, trenta.
Dicembre, tra, ottobre, e.
Siamo, credere, già, novembre, posso, che, non, a
sabato 22 novembre 2008
pythons
Si', insomma, va bene l'umorismo sull'umorismo inglese. Ma se uno prima non vede i Monty Pythons non puo' sapere cosa sia l'umorismo inglese.
Ora,secondo me una cosa fa davvero ridere quando ti fa ridere anche se la guardi da solo e non hai nessun altro con cui ridere. Ecco, i Monty Pythons, appunto.
Tanto per dirne una, questo e' il discorso che i membri dei Monty Pythons hanno fatto al funerale (vero) di Graham Chapman, il Monty Python morto negli anni Ottanta. La canzone e' la sigla finale di "Brian di Nazareth", forse il loro film demenziale piu' famoso. L'hanno cantata al funerale, non ci posso credere. Dio benedica gli inglesi
http://uk.youtube.com/watch?v=jU19euwEe3k
Ora,secondo me una cosa fa davvero ridere quando ti fa ridere anche se la guardi da solo e non hai nessun altro con cui ridere. Ecco, i Monty Pythons, appunto.
Tanto per dirne una, questo e' il discorso che i membri dei Monty Pythons hanno fatto al funerale (vero) di Graham Chapman, il Monty Python morto negli anni Ottanta. La canzone e' la sigla finale di "Brian di Nazareth", forse il loro film demenziale piu' famoso. L'hanno cantata al funerale, non ci posso credere. Dio benedica gli inglesi
http://uk.youtube.com/watch?v=jU19euwEe3k
venerdì 21 novembre 2008
conti
Un gioco interessante che si potrebbe fare per tirare sera è provare a contare i pensieri che vengono in mente in una giornata. Chi ne ha di piu’ vince. Ma si potrebbe fare anche che chi ne ha di meno vince, visto che non e’ poi cosi’ facile non avere pensieri. Io non ho idea di quanti possano essere, comunque chi vuole giocare si ricordi alla fine di aggiungere 1 al numero di pensieri, visto che bisogna contare anche il pensiero riguardante il numero di pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 2, perché bisogna contare anche il pensiero riguardante l’idea di contare i pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 3, perché bisogna ricordarsi anche del pensiero riguardante il fatto di ricordarsi di aggiungere 1 al numero di pensieri. In effetti, il gioco è un po’ problematico perché uno rischia di andare avanti all’infinito, e nel frattempo magari la giornata finisce e il gioco non ha più senso. Se uno ha in mente di andare avanti all’infinito è una fregatura il fatto che le giornate finiscono.
Comunque mi sembra ovvio che l’idea di contare i pensieri non abbia senso, non so come si possa suggerire un gioco così idiota. Non è che esistano “i pensieri”. Cioè, esistono in un certo senso, perché penso che quello seduto di fronte a me ha dei calzini orrendi e poi penso che un giorno di questi dovrò pur farmi la barba, e si tratta evidentemente di 2 pensieri. Il problema è che i pensieri non sono una cosa che a un certo punto finisce e a un certo punto comincia, come se fossero due fotografie o due scene di un film. Sono tutti collegati, anzi, mescolati uno con l’altro, non è che puoi distinguere uno dall’altro. C’è questa roba che tutta insieme si chiama “il pensiero”, in generale, e a volte ci si concentra su una parte e a volte sull’altra, ma una parte fa parte dell’altra e l’altra fa parte di una parte. Sì, mi sembra abbastanza chiaro. Cioè, quei calzini e la mia barba sono collegati, e magari non si può passare dall’uno all’altro senza attraversare altre mille zone del pensiero.
Quindi no, non si possono contare i pensieri. Non esistono i pensieri. Esiste un gran casino dentro la testa, e basta, e ogni tanto si riesce a dare un po’ di ordine e di senso a una minima parte del casino e questa minima parte minimamente ordinata e sensata la chiamiamo “un pensiero” per provare a distinguerla dal casino circostante. Sì, ho idea che sia così. Cioè, non è proprio che “ho idea”, perché in realtà non è che esista “l’idea”. L’idea alla fine è un pensiero, e se non esiste “un pensiero” non esiste neppure “un’idea”. Ma comunque, volevo dire, penso proprio che sia così. Cioè , non è proprio che “lo” penso, perché non è che si possa “pensare a qualcosa” , come se tutto il resto non ci fosse. Ma comunque, intendevo, sono convinto che sia così. Cioè, convinto, non è che sia proprio “convinto”, perché essere convinto è un pensiero. Anzi, no, forse essere convinto non è un pensiero. Forse ci sono, ce l’ho fatta a fermarmi. Sì, sono convinto, e anche se non lo sono mi conviene convincermi o questo discorso senza senso potrebbe anche non finire più.
Comunque mi sembra ovvio che l’idea di contare i pensieri non abbia senso, non so come si possa suggerire un gioco così idiota. Non è che esistano “i pensieri”. Cioè, esistono in un certo senso, perché penso che quello seduto di fronte a me ha dei calzini orrendi e poi penso che un giorno di questi dovrò pur farmi la barba, e si tratta evidentemente di 2 pensieri. Il problema è che i pensieri non sono una cosa che a un certo punto finisce e a un certo punto comincia, come se fossero due fotografie o due scene di un film. Sono tutti collegati, anzi, mescolati uno con l’altro, non è che puoi distinguere uno dall’altro. C’è questa roba che tutta insieme si chiama “il pensiero”, in generale, e a volte ci si concentra su una parte e a volte sull’altra, ma una parte fa parte dell’altra e l’altra fa parte di una parte. Sì, mi sembra abbastanza chiaro. Cioè, quei calzini e la mia barba sono collegati, e magari non si può passare dall’uno all’altro senza attraversare altre mille zone del pensiero.
Quindi no, non si possono contare i pensieri. Non esistono i pensieri. Esiste un gran casino dentro la testa, e basta, e ogni tanto si riesce a dare un po’ di ordine e di senso a una minima parte del casino e questa minima parte minimamente ordinata e sensata la chiamiamo “un pensiero” per provare a distinguerla dal casino circostante. Sì, ho idea che sia così. Cioè, non è proprio che “ho idea”, perché in realtà non è che esista “l’idea”. L’idea alla fine è un pensiero, e se non esiste “un pensiero” non esiste neppure “un’idea”. Ma comunque, volevo dire, penso proprio che sia così. Cioè , non è proprio che “lo” penso, perché non è che si possa “pensare a qualcosa” , come se tutto il resto non ci fosse. Ma comunque, intendevo, sono convinto che sia così. Cioè, convinto, non è che sia proprio “convinto”, perché essere convinto è un pensiero. Anzi, no, forse essere convinto non è un pensiero. Forse ci sono, ce l’ho fatta a fermarmi. Sì, sono convinto, e anche se non lo sono mi conviene convincermi o questo discorso senza senso potrebbe anche non finire più.
martedì 18 novembre 2008
ricorrere
Ci siamo, finalmente. Oggi è il 18 novembre. Una data importante. Non per me, certo. Anzi, se chiedessero a me di pensare a un giorno qualunque, una data insignificante così a caso, probabilmente direi proprio il 18 novembre. O forse il 14 settembre, non so.
Comunque, dicevo, il 18 novembre è una data importante. Almeno per qualche migliaio, o forse milione di persone. Qualcuno sarà sicuramente nato il 18 novembre, magari non proprio questo, magari un altro 18 novembre, però anche se è un altro, sempre di 18 novembre si tratta. E qualcuno sarà morto, suppongo. Qualcuno si sarà fidanzato il 18 novembre, qualcuno avrà preso la prima insufficienza a scuola. Qualcuno si sarà sposato, qualcuno avrà divorziato, qualcuno avrà dato il primo bacio, qualcuno l’ultimo. Qualcuno il 18 novembre avrà finalmente detto quello che da tanto tempo, magari dal 18 novembre di qualche anno prima, voleva dire. Qualcuno lo avrà addirittura detto proprio alla persona cui intendeva dirlo. Il 18 novembre qualcuno sarà partito, qualcun altro sarà tornato. Magari quello che è tornato è lo stesso che era partito, magari no. Anzi, più probabilmente no. Non si può fare tutto il 18 novembre.
Non so bene perché ho deciso di fare questo discorso proprio il 18 novembre, forse perché non avevo nient’altro da dire. O forse perché non ci avevo mai pensato prima di oggi, 18 novembre 2008. D’altra parte, qualunque altro giorno è importante grosso modo per lo stesso numero di persone, grosso modo per gli stessi motivi. Finché un giorno arriva il giorno che per me è importante, il giorno in cui io sono nato, quello in cui io morirò, e via dicendo. Anche se il giorno della prima insufficienza a scuola non me lo ricordo più.
Una cosa che mi turba un po’, per esempio, è che ogni giorno potrebbe essere la ricorrenza del giorno in cui fra un po’ di anni (ma tanti anni però) io morirò. Anche se forse “ricorrenza” non è la parola giusta per qualcosa che deve ancora succedere, ma d’altra parte la parola giusta non credo esista. E non esiste perché non è che abitualmente ci si pensa su molto al fatto che una certa data, magari quella di oggi o di domani, potrebbe essere esattamente la data in cui un giorno si morirà. Quindi non serve neppure la parola. E però, se invece si prova a pensarci, la data in cui si morirà dovrebbe essere una “ricorrenza” importante, almeno quanto la data in cui si nasce. Forse più della data in cui si nasce, perché di solito la nascita non la si vive, ma la morte sì, la morte la si vive. Credo. Nel senso che grosso modo uno lo sa quando sta morendo, se ha abbastanza tempo per raccogliere le idee. Credo. E quando si fa il resoconto di tutta una vita, di quali momenti hanno segnato le tappe cruciali, beh, più cruciale della morte non mi viene in mente niente, se si considera quali cambiamenti di abitudini e di stile di vita la morte comporta. Certo, anche la nascita è un cambiamento abbastanza importante, non dico di no. Ma di solito quando uno nasce è troppo impegnato a piangere più di un neonato per rendersi conto di cosa stia succedendo.
E allora perché non dovrebbe essere importante la “ricorrenza” della data in cui si morirà? Forse perché prima che si muore non la si conosce, e dopo che si muore diventa problematico comprare i pasticcini o una birra per festeggiare. Sì, suppongo che sia per via di questi problemi pratici che la “ricorrenza” non è poi così importante. Il giorno in cui si morirà può tranquillamente essere un giorno insignificante come questo 18 novembre, non vale la pena spenderci sopra troppi pensieri. Anzi, per togliermi il pensiero d’ora in avanti tengo il 18 novembre come mia “ricorrenza”, per quello che vale. Sì, mi sembra una data abbastanza insignificante. Un 18 novembre di un anno qualsiasi. Non questo, però, ho già preso impegni e la mia giornata è già abbastanza piena. Poi si tratterebbe di un cambiamento troppo radicale per me, e in questo periodo non sono troppo in vena di cambiamenti, proprio adesso che sto iniziato ad abituarmi all’idea di essere nato.
Comunque, dicevo, il 18 novembre è una data importante. Almeno per qualche migliaio, o forse milione di persone. Qualcuno sarà sicuramente nato il 18 novembre, magari non proprio questo, magari un altro 18 novembre, però anche se è un altro, sempre di 18 novembre si tratta. E qualcuno sarà morto, suppongo. Qualcuno si sarà fidanzato il 18 novembre, qualcuno avrà preso la prima insufficienza a scuola. Qualcuno si sarà sposato, qualcuno avrà divorziato, qualcuno avrà dato il primo bacio, qualcuno l’ultimo. Qualcuno il 18 novembre avrà finalmente detto quello che da tanto tempo, magari dal 18 novembre di qualche anno prima, voleva dire. Qualcuno lo avrà addirittura detto proprio alla persona cui intendeva dirlo. Il 18 novembre qualcuno sarà partito, qualcun altro sarà tornato. Magari quello che è tornato è lo stesso che era partito, magari no. Anzi, più probabilmente no. Non si può fare tutto il 18 novembre.
Non so bene perché ho deciso di fare questo discorso proprio il 18 novembre, forse perché non avevo nient’altro da dire. O forse perché non ci avevo mai pensato prima di oggi, 18 novembre 2008. D’altra parte, qualunque altro giorno è importante grosso modo per lo stesso numero di persone, grosso modo per gli stessi motivi. Finché un giorno arriva il giorno che per me è importante, il giorno in cui io sono nato, quello in cui io morirò, e via dicendo. Anche se il giorno della prima insufficienza a scuola non me lo ricordo più.
Una cosa che mi turba un po’, per esempio, è che ogni giorno potrebbe essere la ricorrenza del giorno in cui fra un po’ di anni (ma tanti anni però) io morirò. Anche se forse “ricorrenza” non è la parola giusta per qualcosa che deve ancora succedere, ma d’altra parte la parola giusta non credo esista. E non esiste perché non è che abitualmente ci si pensa su molto al fatto che una certa data, magari quella di oggi o di domani, potrebbe essere esattamente la data in cui un giorno si morirà. Quindi non serve neppure la parola. E però, se invece si prova a pensarci, la data in cui si morirà dovrebbe essere una “ricorrenza” importante, almeno quanto la data in cui si nasce. Forse più della data in cui si nasce, perché di solito la nascita non la si vive, ma la morte sì, la morte la si vive. Credo. Nel senso che grosso modo uno lo sa quando sta morendo, se ha abbastanza tempo per raccogliere le idee. Credo. E quando si fa il resoconto di tutta una vita, di quali momenti hanno segnato le tappe cruciali, beh, più cruciale della morte non mi viene in mente niente, se si considera quali cambiamenti di abitudini e di stile di vita la morte comporta. Certo, anche la nascita è un cambiamento abbastanza importante, non dico di no. Ma di solito quando uno nasce è troppo impegnato a piangere più di un neonato per rendersi conto di cosa stia succedendo.
E allora perché non dovrebbe essere importante la “ricorrenza” della data in cui si morirà? Forse perché prima che si muore non la si conosce, e dopo che si muore diventa problematico comprare i pasticcini o una birra per festeggiare. Sì, suppongo che sia per via di questi problemi pratici che la “ricorrenza” non è poi così importante. Il giorno in cui si morirà può tranquillamente essere un giorno insignificante come questo 18 novembre, non vale la pena spenderci sopra troppi pensieri. Anzi, per togliermi il pensiero d’ora in avanti tengo il 18 novembre come mia “ricorrenza”, per quello che vale. Sì, mi sembra una data abbastanza insignificante. Un 18 novembre di un anno qualsiasi. Non questo, però, ho già preso impegni e la mia giornata è già abbastanza piena. Poi si tratterebbe di un cambiamento troppo radicale per me, e in questo periodo non sono troppo in vena di cambiamenti, proprio adesso che sto iniziato ad abituarmi all’idea di essere nato.
sabato 15 novembre 2008
santo subito
Dunque oggi e' il mio onomastico. C'era uno che si chiamava come me e l'hanno fatto santo. Pensampo'. Non deve essere stato uno stinco di santo, se l'hanno fatto santo. Perlopiu' i santi sono diventati santi perche' hanno sponsorizzato Dio o fatto miracoli. Abracadabra. Alcuni li mettono in galera per truffa, altri li fanno santi.
Comunque, e' anche colpa dei santi se oggi siamo infestati dai cattolici. Se io fossi Dio, i santi non li farei entrare in paradiso, anche se sono raccomandati dal papa. Neppure il santo con il mio nome, ci mancherebbe, non faccio favoritismi. Anche se e' vero che, nel caso io fossi Dio, il santo con il mio nome non avrebbe piu' il mio nome, perche' io mi chiamerei Dio.
Morale della storia. L'onomastico e' una ricorrenza troppo cattolica per i miei gusti, io l'abolirei. Solo che per abolire l'onomastico bisgna abolire tutti i santi del calendario. Solo che per abolire tutti i santi del calendario bisogna abolire i santi in quanto "santi". Solo che per abolire i santi bisogna abolire la chiesa cattolica. Come si fa ad abolirla? Quello che abolira' la chiesa cattolica io lo farei santo.
Comunque, e' anche colpa dei santi se oggi siamo infestati dai cattolici. Se io fossi Dio, i santi non li farei entrare in paradiso, anche se sono raccomandati dal papa. Neppure il santo con il mio nome, ci mancherebbe, non faccio favoritismi. Anche se e' vero che, nel caso io fossi Dio, il santo con il mio nome non avrebbe piu' il mio nome, perche' io mi chiamerei Dio.
Morale della storia. L'onomastico e' una ricorrenza troppo cattolica per i miei gusti, io l'abolirei. Solo che per abolire l'onomastico bisgna abolire tutti i santi del calendario. Solo che per abolire tutti i santi del calendario bisogna abolire i santi in quanto "santi". Solo che per abolire i santi bisogna abolire la chiesa cattolica. Come si fa ad abolirla? Quello che abolira' la chiesa cattolica io lo farei santo.
mercoledì 12 novembre 2008
chester
Niente da fare, il mio rapporto con Chester non migliora. Credo che lui sospetti qualcosa circa la mia preferenza per i gatti, anche se io non ne ho mai fatto parola in casa. Non siamo entrati granchè in confidenza lui e io, giusto qualche grattatina all’orecchio ogni tanto. Ma sono sempre io che gratto la sua.
Credo che fondamentalmente il grande difetto di Chester sia quello di essere brutto. Il che è uno dei peggiori difetti se sei un cane, visto che non puoi compensare con un discorso intelligente o una battuta spiritosa. Se un animale è di bella presenza, invece, hai già un buon motivo per dargli un qualche valore. Come la mia gatta per esempio, che essendo la gatta più bella del mondo non ha bisogno di nient’altro per essere stimata da tutti quelli che la conoscono. Sotto questo aspetto Chester è davvero senza speranza.
Un altro difetto di Chester è che è fastidioso. Gironzola sempre intorno al tavolo durante la cena, vuole essere coccolato, vuole da mangiare, bisogna sempre farlo sentire importante. E poi vuole che il suo padrone lo porti fuori a fare la pipì subito dopo mangiato. Non può andare in giardino a farla, no, lui pretende la passeggiata per strada. E poi è rumoroso, tremendamente rumoroso. Quando scende le scale sembra che ci sia un esercito che rotola giù. Gli animali che vivono in casa dovrebbero essere più discreti, un po’ più autonomi, e muoversi con un po’ più di eleganza. Come la mia gatta per esempio, che gira sempre con passo felpato e non disturba nessuno quando sale o scende le scale o quando si raggomitola sul divano.
E poi Chester è ruffiano, sempre lì a scodinzolare dietro a chiunque gli dia un pezzetto di cioccolato o una grattatina all’orecchia. Suvvia, un po’ di dignità! Un animale non dovrebbe mai ridursi a tanto. Non sei capace di mantenere un minimo di autocontrollo e prendere quello che ti viene dato senza fare troppe cerimonie? Prendi la mia gatta per esempio. Lei non perde tempo neppure a ringraziarti, ma ti fa capire che quello che le dai è semplicemente dovuto. È lei che decide se tu puoi o non puoi darle da mangiare, se tu puoi o non puoi grattarle l’orecchio. E ti fa quasi sentire come se fossi tu a dover ringraziare lei.
Immagino che se la mia gatta conoscesse Chester si farebbe della grasse risate, o forse un pochino lo compatirebbe…
Credo che fondamentalmente il grande difetto di Chester sia quello di essere brutto. Il che è uno dei peggiori difetti se sei un cane, visto che non puoi compensare con un discorso intelligente o una battuta spiritosa. Se un animale è di bella presenza, invece, hai già un buon motivo per dargli un qualche valore. Come la mia gatta per esempio, che essendo la gatta più bella del mondo non ha bisogno di nient’altro per essere stimata da tutti quelli che la conoscono. Sotto questo aspetto Chester è davvero senza speranza.
Un altro difetto di Chester è che è fastidioso. Gironzola sempre intorno al tavolo durante la cena, vuole essere coccolato, vuole da mangiare, bisogna sempre farlo sentire importante. E poi vuole che il suo padrone lo porti fuori a fare la pipì subito dopo mangiato. Non può andare in giardino a farla, no, lui pretende la passeggiata per strada. E poi è rumoroso, tremendamente rumoroso. Quando scende le scale sembra che ci sia un esercito che rotola giù. Gli animali che vivono in casa dovrebbero essere più discreti, un po’ più autonomi, e muoversi con un po’ più di eleganza. Come la mia gatta per esempio, che gira sempre con passo felpato e non disturba nessuno quando sale o scende le scale o quando si raggomitola sul divano.
E poi Chester è ruffiano, sempre lì a scodinzolare dietro a chiunque gli dia un pezzetto di cioccolato o una grattatina all’orecchia. Suvvia, un po’ di dignità! Un animale non dovrebbe mai ridursi a tanto. Non sei capace di mantenere un minimo di autocontrollo e prendere quello che ti viene dato senza fare troppe cerimonie? Prendi la mia gatta per esempio. Lei non perde tempo neppure a ringraziarti, ma ti fa capire che quello che le dai è semplicemente dovuto. È lei che decide se tu puoi o non puoi darle da mangiare, se tu puoi o non puoi grattarle l’orecchio. E ti fa quasi sentire come se fossi tu a dover ringraziare lei.
Immagino che se la mia gatta conoscesse Chester si farebbe della grasse risate, o forse un pochino lo compatirebbe…
lunedì 10 novembre 2008
meno tre
Ho un problema con il tempo. Il mio tempo qui. Vorrei capire cosa mi aspetto da queste tre settimane e mezzo che mi rimangono. Vorrei capire se spero che passino in fretta o che siano lente come quando uno dice “c’è tempo”. O meglio, vorrei sapere se a casa c’è ad aspettarmi qualcosa per cui essere contento di tornare o qualcosa per cui volere restare lontano. Ma è bello vedere quanto poco contino tutti questi miei problemi. Quanto il tempo che passa sia indifferente al modo in cui io lo guardo passare. Alleggerisce i pensieri il fatto di poter pensare senza nessuna responsabilità. Tre settimane e mezzo passeranno con il loro solito ritmo, quello che io spero e quello che io penso sono senza conseguenze. Non sarà colpa mia se un giorno dovrò tornare a casa, non sarà perché io ho sperato che quel giorno arrivasse in fretta, né perché io ho sperato che quel giorno non arrivasse mai.
Quando sarò a casa mi troverò di nuovo alle prese con quella sensazione strana che nell’ultimo anno mi ha perseguitato ogni volta che tornavo in un posto. La solita sensazione di non essere mai partito. Quella che avevo avuto tornando a casa dopo sei mesi via, quella che avevo avuto tornando qui dopo sei mesi a casa. E adesso due mesi mi sembreranno davvero un soffio, di quelli che passano via veloci e insignificanti e che non bastano a interrompere i fili che tengono insieme il momento in cui si parte e quello in cui si torna.
Quando sarò a casa mi troverò di nuovo alle prese con quella sensazione strana che nell’ultimo anno mi ha perseguitato ogni volta che tornavo in un posto. La solita sensazione di non essere mai partito. Quella che avevo avuto tornando a casa dopo sei mesi via, quella che avevo avuto tornando qui dopo sei mesi a casa. E adesso due mesi mi sembreranno davvero un soffio, di quelli che passano via veloci e insignificanti e che non bastano a interrompere i fili che tengono insieme il momento in cui si parte e quello in cui si torna.
sabato 8 novembre 2008
dissentire
Ovunque vai, trovi gente che dissente. Uno non fa in tempo a dire una cosa, che subito c'e' qualcuno pronto a dissentire. Se senti uno che dice la sua in televisione, subito dopo arriva quello che dissente. Se leggi un libro, stai sicuro che qualcuno ha scritto almeno un altro libro per dissentire da quello che tu stai leggendo. Anzi, uno un libro non lo scrive neppure, se non e' per dissentire da qualcuno. Persino se tu provi a dire la cosa piu' ovvia e inconfutabile, non aspettarti che non ci sia qualcuno che arriva e dissente. Tu credi che 2+2 faccia 4, ma invece no, nemmeno sui numeri si puo' piu' stare tranquilli, perche' quello che dissente e' gia' arrivato prima di te. Di' una frase di senso compiuto, una qualunque, e in quello stesso momento tu stai dissentendo da qualcun altro. Apri la bocca, fiata, fai solo un gesto con la mano, lascia che un brandello di idea qualunque ti passi per la testa, e ci scommetto il mio portafogli vuoto che da qualche parte riuscirai a trovare uno che dissente con te. Quello che dissente se non dissente non e' contento. Qualche volta c'e' persino chi lo fa di mestiere. Cosa fai nella vita? Dissento. No, intendo che mestiere fai? Dissento. Ma come si fa a dissentire da una domanda? Non dissento dalla domanda, dissento di mestiere.
Sapete cosa vi dico? A me tutta questa dissenteria ha stufato.
Sapete cosa vi dico? A me tutta questa dissenteria ha stufato.
giovedì 6 novembre 2008
cambiamenti
Non e' mica detto che se qualcosa cambia allora anche tutto il resto debba cambiare. Dove sta scritto? E chi lo ha detto? A chi sto rispondendo? Di cosa sto parlando? Non lo so, ma mi sembrava il caso di dirlo. Forse perche' c'e' sempre qualcosa che cambia, a volte qualcosa di importante e a volte no. E quello che cambia di solito si porta dietro altri cambiamenti, a volte importanti e a volte no. Non c'e' mai "un" cambiamento e basta, e' ovvio. La nostra vita non e' mica fatti a scompartimenti.
Per esempio, se oggi bevo una tazza di te' in piu' di ieri, il cambiamento non e' solo che ho bevuto una tazza di te' in piu'. Probabilmente faro' anche pipi' una volta di piu', con tutto quello che a sua volta ne consegue. Anche se penso che le conseguenze del fare pipi' una volta in piu' non siano molto importanti.
Comunque sia, anche se qualcosa cambia e di conseguenza molte cose cambiano, dicevo, non e' mica detto che tutto il resto debba cambiare. Dipende da quanto tutto il resto e' radicato nella vita di una persona. Alcune cose sono cosi' leggere e superficiali che volano via insieme al primo cambiamento. Basta solo una piccola scossa in una zona marginale della vita e puff, le cose superficiali vengono soffiate via. Altre cose invece hanno radici cosi' forti che se anche una persona dovesse cambiare completamente la propria vita, le proprie abitudini, le persone che ha intorno, il colore dei calzini, quelle cose rimarrebbero lo stesso ben ferme al loro posto. Dove ora sono, dove sono sempre state e dove saranno.
Questo discorso e' meta' serio e meta' no. Anzi, per tre quarti serio e per un quarto no, perche' in fin dei conti un po' di serieta' c'era anche nell'esempio della pipi'.
Quante volte una persona fa la pipi' in un giorno, per esempio, fa parte di quelle cose superficiali che il minimo cambiamento di abitudine spazza via.
Quante volte una persona e' disposta ad abbracciare un'altra persona, invece, e' una cosa che in certi casi potrebbe non cambiare mai, per nessun motivo.
Per esempio, se oggi bevo una tazza di te' in piu' di ieri, il cambiamento non e' solo che ho bevuto una tazza di te' in piu'. Probabilmente faro' anche pipi' una volta di piu', con tutto quello che a sua volta ne consegue. Anche se penso che le conseguenze del fare pipi' una volta in piu' non siano molto importanti.
Comunque sia, anche se qualcosa cambia e di conseguenza molte cose cambiano, dicevo, non e' mica detto che tutto il resto debba cambiare. Dipende da quanto tutto il resto e' radicato nella vita di una persona. Alcune cose sono cosi' leggere e superficiali che volano via insieme al primo cambiamento. Basta solo una piccola scossa in una zona marginale della vita e puff, le cose superficiali vengono soffiate via. Altre cose invece hanno radici cosi' forti che se anche una persona dovesse cambiare completamente la propria vita, le proprie abitudini, le persone che ha intorno, il colore dei calzini, quelle cose rimarrebbero lo stesso ben ferme al loro posto. Dove ora sono, dove sono sempre state e dove saranno.
Questo discorso e' meta' serio e meta' no. Anzi, per tre quarti serio e per un quarto no, perche' in fin dei conti un po' di serieta' c'era anche nell'esempio della pipi'.
Quante volte una persona fa la pipi' in un giorno, per esempio, fa parte di quelle cose superficiali che il minimo cambiamento di abitudine spazza via.
Quante volte una persona e' disposta ad abbracciare un'altra persona, invece, e' una cosa che in certi casi potrebbe non cambiare mai, per nessun motivo.
martedì 4 novembre 2008
riforme
Sono leggermente preoccupato per la mia università. Intendo proprio l’università in senso fisico, i muri, i mattoni, le biblioteche. Insomma, l’università. Non sono sicuro che la troverò ancora quando torno. C’è questa riforma, dicono. Di solito a me piacciono le riforme, soprattutto dove c’è tanto da riformare. Come in università. Troppi vecchi, troppi raccomandati, troppa burocrazia. Tutto da riformare. Meno vecchi, meno raccomandati, meno burocrazia. Giusto. Ma come si fa?
Per eliminare un po’ di vecchi, bisognerebbe assumere un po’ di giovani. Non basta mandare via i vecchi, bisogna fare dei concorsi per sostituire i vecchi che se ne vanno con i giovani.
Per eliminare i raccomandati, bisogna fare i concorsi con dei criteri diversi, un po’ più limpidi. Non basta eliminare i concorsi truccati. È la parola “truccati”, non la parola “concorsi” che è fuori posto.
Per eliminare la burocrazia, bisogna introdurre delle procedure un po’ più snelle. Non basta lasciare a casa il personale. Bisogna cambiare i meccanismi.
Ora, una “riforma” potrebbe fare tutte queste cose. Se fosse una “riforma”.
Solo che quando si tagliano i fondi in modo che ci sia un nuovo assunto per ogni 10che se ne vanno in pensione, e in modo che non ci siano più fondi da stanziare per fare nuovi concorsi e assumere nuovi giovani, e in modo che l’università passi da pubblica a finanziata privatamente (cioè finanziata da interessi privati), non mi pare che si stia facendo una riforma. Si stanno semplicemente tagliando i fondi. Poi uno può dargli il nome che vuole, magari se dice “riforma” può sperare che qualcuno in più sia d’accordo. “Tagli” è una brutta parola, non piace a nessuno. E allora “riformiamo”. Sì, dai, riformiamo. Più precisamente, riformiamo così:
In relazione a quanto previsto dal presente comma, l'autorizzazione legislativa di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e' ridotta di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.
Immagino quante cose si possano fare con tutti quei milioni risparmiati. Se dovessi fare una scommessa, così, la prima cosa che mi salta in mente, è che quei 4 avanzi di galera che sono in parlamento si adegueranno lo stipendio. Giusto, c’è l’inflazione, gli stipendi vanno adeguati. Mantenere portaborse e yacht oggi è diventato quasi proibitivo per molti di loro, è una situazione inaccettabile. Un’altra cosa che probabilmente questo governo illuminato farà è investire un po’ di spiccioli per progetti come “il rientro dei cervelli”, o qualcuna di queste cose vuote con cui ci si riempie la bocca. Mi pare che “rientro dei cervelli” sia un’invenzione della Moratti, forse la sua invenzione più innocua, magari fatta con la speranza di vedere tornare anche il suo di cervello. Siccome l’università italiana non paga i ricercatori, i ricercatori vanno a lavorare dove di solito chi lavora viene pagato. Cioè qualunque posto fuori dall’Italia. Siccome però in questo modo ci ritroveremo agli ultimi posti in Europa anche per l’università (in quasi tutto il resto lo siamo già), allora bisogna fare tornare i ricercatori. L’Italia agli italiani, o robe così. Che rientrino tutti i cervelli! Ora, il punto è: se nel frattempo l’università è sparita, dove tornano i ricercatori? Che vorrebbero anche essere pagati, non tanto, ma un pochino sì. Negli ultimi mesi e anni in Italia, con i pochi soldi ancora rimasti all’università, ci sono state scoperte scientifiche di livello internazionale. Naturalmente quelli che hanno fatto queste scoperte, se vorranno continuare sulle strade aperte, dovranno farlo da qualche altra parte. È la riforma, siamo spiacenti, ma ci vuole la riforma. E la prossima generazione di ricercatori italiani le loro scoperte le faranno direttamente all’estero. Mentre da noi le aziende private si compreranno la “ricerca”, e le scoperte saranno fatte solo se c’è qualcuno a cui conviene che si facciano. A qualche azienda farmaceutica conviene trovare una cura per il Parkinson? Se sì, allora abbiamo buone speranze. Se l’azienda produce già le pastiglie che servono a rallentare il Parkinson, allora noi ci teniamo il Parkinson e la nostra riforma.
Per eliminare un po’ di vecchi, bisognerebbe assumere un po’ di giovani. Non basta mandare via i vecchi, bisogna fare dei concorsi per sostituire i vecchi che se ne vanno con i giovani.
Per eliminare i raccomandati, bisogna fare i concorsi con dei criteri diversi, un po’ più limpidi. Non basta eliminare i concorsi truccati. È la parola “truccati”, non la parola “concorsi” che è fuori posto.
Per eliminare la burocrazia, bisogna introdurre delle procedure un po’ più snelle. Non basta lasciare a casa il personale. Bisogna cambiare i meccanismi.
Ora, una “riforma” potrebbe fare tutte queste cose. Se fosse una “riforma”.
Solo che quando si tagliano i fondi in modo che ci sia un nuovo assunto per ogni 10che se ne vanno in pensione, e in modo che non ci siano più fondi da stanziare per fare nuovi concorsi e assumere nuovi giovani, e in modo che l’università passi da pubblica a finanziata privatamente (cioè finanziata da interessi privati), non mi pare che si stia facendo una riforma. Si stanno semplicemente tagliando i fondi. Poi uno può dargli il nome che vuole, magari se dice “riforma” può sperare che qualcuno in più sia d’accordo. “Tagli” è una brutta parola, non piace a nessuno. E allora “riformiamo”. Sì, dai, riformiamo. Più precisamente, riformiamo così:
In relazione a quanto previsto dal presente comma, l'autorizzazione legislativa di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e' ridotta di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.
Immagino quante cose si possano fare con tutti quei milioni risparmiati. Se dovessi fare una scommessa, così, la prima cosa che mi salta in mente, è che quei 4 avanzi di galera che sono in parlamento si adegueranno lo stipendio. Giusto, c’è l’inflazione, gli stipendi vanno adeguati. Mantenere portaborse e yacht oggi è diventato quasi proibitivo per molti di loro, è una situazione inaccettabile. Un’altra cosa che probabilmente questo governo illuminato farà è investire un po’ di spiccioli per progetti come “il rientro dei cervelli”, o qualcuna di queste cose vuote con cui ci si riempie la bocca. Mi pare che “rientro dei cervelli” sia un’invenzione della Moratti, forse la sua invenzione più innocua, magari fatta con la speranza di vedere tornare anche il suo di cervello. Siccome l’università italiana non paga i ricercatori, i ricercatori vanno a lavorare dove di solito chi lavora viene pagato. Cioè qualunque posto fuori dall’Italia. Siccome però in questo modo ci ritroveremo agli ultimi posti in Europa anche per l’università (in quasi tutto il resto lo siamo già), allora bisogna fare tornare i ricercatori. L’Italia agli italiani, o robe così. Che rientrino tutti i cervelli! Ora, il punto è: se nel frattempo l’università è sparita, dove tornano i ricercatori? Che vorrebbero anche essere pagati, non tanto, ma un pochino sì. Negli ultimi mesi e anni in Italia, con i pochi soldi ancora rimasti all’università, ci sono state scoperte scientifiche di livello internazionale. Naturalmente quelli che hanno fatto queste scoperte, se vorranno continuare sulle strade aperte, dovranno farlo da qualche altra parte. È la riforma, siamo spiacenti, ma ci vuole la riforma. E la prossima generazione di ricercatori italiani le loro scoperte le faranno direttamente all’estero. Mentre da noi le aziende private si compreranno la “ricerca”, e le scoperte saranno fatte solo se c’è qualcuno a cui conviene che si facciano. A qualche azienda farmaceutica conviene trovare una cura per il Parkinson? Se sì, allora abbiamo buone speranze. Se l’azienda produce già le pastiglie che servono a rallentare il Parkinson, allora noi ci teniamo il Parkinson e la nostra riforma.
sabato 1 novembre 2008
novembre
Dunque inizia novembre. E inizia con un cielo da novembre, un'atmosfera da novembre, un primo novembre da novembre. Di solito uno quando pensa a novembre pensa al grigio e alla pioggia. Basta solo sentire la parola, "novembre", e subito arrivano uno in fila all'altro "grigio" e "pioggia". Per questo sono venuto in Inghilterra, per non sentire troppo il trauma del passaggio a novembre. Qui c'e' un po' di novembre dentro a ogni giorno dell'anno,soprattutto dentro alle domeniche.
La cosa piu' da novembre che c'e' qui sono i corvi che ogni pomeriggio, sul tardi, quando inizia a far buio e le nuvole nel cielo sembrano piu' scure, si mettono uno in fila all'altro sul cornicione del tetto e sembra che stiano li' a fissarti, quando tu guardi fuori dalla finestra. Cosa diavolo vogliono questi corvi? non hanno di meglio da fare che stare li' a fissarmi? Non so se mi deprimo di piu' io a guardare loro o loro a guardare me. Certo che se io fossi un corvo troverei qualche altro passatempo piu' divertente che riempire di novembre le giornate alla gente che studia.
Appunto, alla gente che studia. Sarebbe ora che io cominci oggi. Tra qualche ora arrivano i corvi e non vorrei che non mi trovassero al mio posto.
La cosa piu' da novembre che c'e' qui sono i corvi che ogni pomeriggio, sul tardi, quando inizia a far buio e le nuvole nel cielo sembrano piu' scure, si mettono uno in fila all'altro sul cornicione del tetto e sembra che stiano li' a fissarti, quando tu guardi fuori dalla finestra. Cosa diavolo vogliono questi corvi? non hanno di meglio da fare che stare li' a fissarmi? Non so se mi deprimo di piu' io a guardare loro o loro a guardare me. Certo che se io fossi un corvo troverei qualche altro passatempo piu' divertente che riempire di novembre le giornate alla gente che studia.
Appunto, alla gente che studia. Sarebbe ora che io cominci oggi. Tra qualche ora arrivano i corvi e non vorrei che non mi trovassero al mio posto.
mercoledì 29 ottobre 2008
pozzanghere
Sono sopravvissuto a un mese di inghilterra senza ombrello. Non e' roba da tutti. Bisogna essere sufficientemente idioti per perseverare in questo modo, e io, modestamente, me la cavo abbastanza bene con l'idiozia. Ho preso l'acqua solo due volte comunque, la fortuna aiuta gli idioti. L'ultima volta che ho preso l'acqua dovrebbe essere stato, se non sbaglio,. vediamo...si' ieri sera. Acqua e freddo. Al buio. Quindi acqua freddo e pozzanghere. Siccome devo camminare almeno 20-30 minuti per arrivare a casa, alla fine avevo la giacca bagnata, la berretta bagnata, le scarpe bagnate, le calze bagnate, lo zaino bagnato, i capelli bagnati, il cervello bagnato. Stamattina per strada era tutto asciutto, ma per forza, l'acqua l'ho portata tutta a casa io ieri sera. La prima cosa che ho pensato quando sono arrivato a casa e' stata: adesso muoio. Pero' alla fine non sono morto, o almeno cosi' mi sembra. Vediamo. No, non sono morto. E sono abbastanza ottimista anche per oggi.
Si', direi che non c'e' modo migliore di iniziare la giornata che scoprire di non essere morti. Tutto il resto viene di conseguenza.
Si', direi che non c'e' modo migliore di iniziare la giornata che scoprire di non essere morti. Tutto il resto viene di conseguenza.
venerdì 24 ottobre 2008
lentezza
Questi giorni sono lenti, sembra non ci si muova di un passo. Anzi, sembra che io non mi muova di un passo. Non so se questo sia un bene o un male. La lentezza e' pesante da sopportare, ma forse la lentezza e' la cosa migliore che possa capitare quando si ha bisogno e voglia di tempo per fermarsi e pensare un po'. Soprattutto adesso che sono lontano dalla mia casa e dalla mia vita, qui dove si riesce a pensare meglio a tutto. Dentro alla lentezza i pensieri non si ammucchiano uno sull'altro fino a confondersi e a confonderti. Dentro alla lentezza i pensieri hanno il tempo di mettersi in ordine uno dietro all'altro, e ciascuno al proprio posto. Il prezzo da pagare e' che bisogna avere una pazienza che a volte diventa snervante, bisogna sapere aspettare che i pensieri, una volta trovato il loro posto, inizino a parlarti. Il guadagno non so quale sia, forse per intanto solo la speranza di riuscire a vederci un po' piu' chiaro alla fine di tutto, quando tutti i pensieri avranno un ordine e un contenuto piu' definito. Nel frattempo cerco di vivere una vita di ripiego qui, provando a far finta di non stare aspettando, provando a far finta che la mia vita qui non abbia una data di scadenza cosi vicina. Questo cielo cosi' monotono nel suo grigiore amplifica gli aspetti positivi e quelli negativi di questa specie di attesa non scelta, e' un grigio che e' al tempo stesso calma e malinconia, ordine e minaccia di pioggia. La lentezza di questi giorni riempe il cielo di grigio e nuvole.
mercoledì 22 ottobre 2008
traffico di idee
si era detto che sarebbe stato meglio non uscire per una birra il martedi' sera, mi pare. Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro. Il problema e' che io non mi do mai retta. E' sempre difficile ubbidire al proprio "io" di qualche giorno prima. Ci si comanda di fare qualcosa e poi non la si fa, sempre la stessa storia. Io dico, va bene non ascoltare i suggerimenti degli altri, ma almeno i propri! O magari il motivo e' che io che mi do gli ordini e io che qualche giorno dopo non ubbidisco siamo due persone diverse, e quindi e' come se io dovessi ubbidire agli ordini di un altro, e quindi non ubbidisco? Certo, puo' essere. O forse e' proprio perche' io so che lui e io siamo la stessa persona che mi viene difficile ubbidire, perche' so che se l'ordine era il mio allora io adesso posso cambiare quell'ordine come mi pare, non c'e' un'autorita' esterna cui rendere conto, e invece se fosse stato un altro a darmelo io non potrei entrare nella sua testa e cambiarlo e quindi sarei piu' tenuto a obbedire? Certo, puo' essere.
Certo e' che non posso rispondere "certo, puo' essere" a tutte e due. Primo perche' o e' certo o puo' essere, "certo puo' essere" non vuol dire niente. E poi perche' solo una delle due puo' essere certa. Pero' c'e' da dire anche che entrambe "possono essere". Quindi puo' essere che io possa rispondere "puo' essere" a entrambe, senza il "certo"? Certo, immagino che possa essere cosi'.
Certo e' che non posso rispondere "certo, puo' essere" a tutte e due. Primo perche' o e' certo o puo' essere, "certo puo' essere" non vuol dire niente. E poi perche' solo una delle due puo' essere certa. Pero' c'e' da dire anche che entrambe "possono essere". Quindi puo' essere che io possa rispondere "puo' essere" a entrambe, senza il "certo"? Certo, immagino che possa essere cosi'.
lunedì 20 ottobre 2008
struzzo
La cosa migliore da fare la domenica, a parte passeggiare per il cimitero, è girare per il mercato. Il mercato della domenica.
Il mercato della domenica non è come il mercato di tutti gli altri giorni. La domenica c’è il mercato dei prodotti locali. Ci sono i contadini che portano frutta e verdura dei loro campi, allevatori che portano carne dei loro allevamenti, e cose strane tipo saponette, prodotti in legno, vestiti fatti a mano, caramelle, fotografie, libri vecchi, dischi vecchi e nuovi, giochi, prodotti artigianali in ferro, fiori, quadri. Insomma, roba così. E c’è anche un pescivendolo. Lui porta il pesce. Ma non credo che lo peschi lui. Comunque di solito il pescivendolo non lo guardo.
Le mie bancarelle preferite sono quella dei dolci, quella della carne di struzzo, e quella piena di cose che sembrano (e probabilmente sono) recuperate da cantine o soffitte e poi risistemate, tipo orologi, caraffe, calendari, soprammobili, coperte di lana, ceste, e tutte quelle cose più o meno utili che si mettono in casa.
La prima cosa da fare appena si arriva al mercato della domenica è andare dritti dritti dalla carne di struzzo dove, oltre a una fanciulla bellissima che vende i panini con la carne di struzzo, ci sono i panini con la carne di struzzo che l’allevatore (credo il padre della fanciulla) porta dalla sua fattoria. Dove alleva struzzi, presumibilmente.
Poi, per digerire i 2 pounds e 50 di panino allo struzzo e vedere se c’è qualcosa di più bello della fanciulla, si gira un po’ per il mercato e si guardano, tra le altre, soprattutto le cose della bancarella che vende quelle cose che dicevo prima. Fa niente se le cose sono le stesse tutte le domeniche, è sempre bello tuffarsi un po’ nelle soffitte e nelle cantine. E comunque le cose non sono le stesse tutte le domeniche.
Poi, prima di tornarsene a casa o andare a fare una passeggiata (ma se il tempo è come ieri meglio tornare a casa) si passa dalla bancarella dei dolci dove ci sono i dolci fatti in casa più buoni del mondo. Ora, l’idea di dolci fatti in casa è un po’ vaga, e visto che questi hanno pure il sito internet non mi viene tanto da pensare alla nonnina che si mette in cucina a preparare la torta da portare al mercato. Ma sono dolci tutti naturali, niente roba chimica o industriale, magari fatti in una casa un po’ grande che non sembra una casa, non lo so, però sono artigianali. L’anno scorso compravo sempre i biscottoni allo zenzero per farci la merenda in settimana, e sono davvero biscottoni allo zenzero che sanno di zenzero e pizzicano anche un po’ la lingua, talmente sono di zenzero. Adesso invece mi sono dato alla torta al succo di mele. Buonissima, con l’uvetta e il succo di mele. Morbida morbida. Un pound per due fette, ma se non fai l’ingordo ti bastano per tre giorni (solo che una parte delle tre va già via di domenica). È importante non confondere la torta al succo di mele con la torta di mele. Nella torta al succo di mele non ci sono le mele, c’è il succo, e questo è il motivo principale per cui si chiama “torta al succo di mele” e non “torta di mele”. Nella torta di mele di solito si sentono quasi solo le mele, ma qui il succo di mele si fonde con l’impasto e il sapore è diverso dal semplice sapore di una torta e diverso dal semplice sapore delle mele. È come addentare una mela e scoprire che è fatta di torta, o addentare una torta appena raccolta da un albero di mele. E un po’ di uvetta che fa andare d’accordo l’acidulo della mela e il dolce della torta. Siamo onesti, come si fa a farsela durare tre giorni? non ci crede nessuno, nemmeno io.
Così passa via un’altra domenica, la terza. E fra una settimana ne arriva un’altra, la quarta. E il mercato della domenica che mi aspetta di nuovo. E la fanciulla bellissima che vende la carne di struzzo. E magari prima di andare via riuscirò anche a dirle qualcosa di più che “one ostrich burger, please”. Magari, per esempio, le chiederò se ha moneta da cambiare, o se si può mettere un po’ di salsa nel panino, o se vuole sposarmi, cose così..
Il mercato della domenica non è come il mercato di tutti gli altri giorni. La domenica c’è il mercato dei prodotti locali. Ci sono i contadini che portano frutta e verdura dei loro campi, allevatori che portano carne dei loro allevamenti, e cose strane tipo saponette, prodotti in legno, vestiti fatti a mano, caramelle, fotografie, libri vecchi, dischi vecchi e nuovi, giochi, prodotti artigianali in ferro, fiori, quadri. Insomma, roba così. E c’è anche un pescivendolo. Lui porta il pesce. Ma non credo che lo peschi lui. Comunque di solito il pescivendolo non lo guardo.
Le mie bancarelle preferite sono quella dei dolci, quella della carne di struzzo, e quella piena di cose che sembrano (e probabilmente sono) recuperate da cantine o soffitte e poi risistemate, tipo orologi, caraffe, calendari, soprammobili, coperte di lana, ceste, e tutte quelle cose più o meno utili che si mettono in casa.
La prima cosa da fare appena si arriva al mercato della domenica è andare dritti dritti dalla carne di struzzo dove, oltre a una fanciulla bellissima che vende i panini con la carne di struzzo, ci sono i panini con la carne di struzzo che l’allevatore (credo il padre della fanciulla) porta dalla sua fattoria. Dove alleva struzzi, presumibilmente.
Poi, per digerire i 2 pounds e 50 di panino allo struzzo e vedere se c’è qualcosa di più bello della fanciulla, si gira un po’ per il mercato e si guardano, tra le altre, soprattutto le cose della bancarella che vende quelle cose che dicevo prima. Fa niente se le cose sono le stesse tutte le domeniche, è sempre bello tuffarsi un po’ nelle soffitte e nelle cantine. E comunque le cose non sono le stesse tutte le domeniche.
Poi, prima di tornarsene a casa o andare a fare una passeggiata (ma se il tempo è come ieri meglio tornare a casa) si passa dalla bancarella dei dolci dove ci sono i dolci fatti in casa più buoni del mondo. Ora, l’idea di dolci fatti in casa è un po’ vaga, e visto che questi hanno pure il sito internet non mi viene tanto da pensare alla nonnina che si mette in cucina a preparare la torta da portare al mercato. Ma sono dolci tutti naturali, niente roba chimica o industriale, magari fatti in una casa un po’ grande che non sembra una casa, non lo so, però sono artigianali. L’anno scorso compravo sempre i biscottoni allo zenzero per farci la merenda in settimana, e sono davvero biscottoni allo zenzero che sanno di zenzero e pizzicano anche un po’ la lingua, talmente sono di zenzero. Adesso invece mi sono dato alla torta al succo di mele. Buonissima, con l’uvetta e il succo di mele. Morbida morbida. Un pound per due fette, ma se non fai l’ingordo ti bastano per tre giorni (solo che una parte delle tre va già via di domenica). È importante non confondere la torta al succo di mele con la torta di mele. Nella torta al succo di mele non ci sono le mele, c’è il succo, e questo è il motivo principale per cui si chiama “torta al succo di mele” e non “torta di mele”. Nella torta di mele di solito si sentono quasi solo le mele, ma qui il succo di mele si fonde con l’impasto e il sapore è diverso dal semplice sapore di una torta e diverso dal semplice sapore delle mele. È come addentare una mela e scoprire che è fatta di torta, o addentare una torta appena raccolta da un albero di mele. E un po’ di uvetta che fa andare d’accordo l’acidulo della mela e il dolce della torta. Siamo onesti, come si fa a farsela durare tre giorni? non ci crede nessuno, nemmeno io.
Così passa via un’altra domenica, la terza. E fra una settimana ne arriva un’altra, la quarta. E il mercato della domenica che mi aspetta di nuovo. E la fanciulla bellissima che vende la carne di struzzo. E magari prima di andare via riuscirò anche a dirle qualcosa di più che “one ostrich burger, please”. Magari, per esempio, le chiederò se ha moneta da cambiare, o se si può mettere un po’ di salsa nel panino, o se vuole sposarmi, cose così..
venerdì 17 ottobre 2008
natura
certo che uno resta un po' basito quando legge una cosa così http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/esteri/causa-dio/causa-dio/causa-dio.html.
io sono pronto a testimoniare comunque, e anche a portare delle prove inconfutabili.
Poi in America c'è pure la pena di morte, non si sa mai che sia la volta buona.
Qui in Inghilterra Dio non si fa vedere molto in giro, nessuno ne parla, nessuno va mai in chiesa, anche se c'è una chiesa in ogni angolo. Si sta meglio, tutto sommato, sissignore. Anzi, sì Signore.
Mi piace il senso di umanità che trasmettono i cimiteri inglesi. Ogni tanto mi piace passeggiare in mezzo alle lapidi, dico davvero. I cimiteri non sono dei posti isolati, chiusi da mura di cememto e cancelli elettrici come da noi. Di solito qui c'è la chiesetta circondata da un parco e da un prato verde, e in questo prato ci sono le lapidi conficcate nel terreno, senza tomba o ceri o ghiaia. Solo l'erba e questo sasso per terra con il nome, le date e a volte qualche frase. SOno dei posti che trasmettono pace, non angoscia. Sono posti che ti riconciliano con l'idea della morte, perchè camminando tra le lapidi senti di stare camminando semplicemente in mezzo alla natura. E' una sensazione strana, difficile da descrivere. L'altra sera in televisione ho visto un programma in cui avevano organizzato uno stand gastronomico in un cimitero, in mezzo al verde, e sembrava la cosa più normale del mondo.
Non ho mai approvato il mondo in cui da noi si vende l'idea della morte, per questo cerco sempre di stare lontano da chiese e cimiteri. Ma qui a volte, la domenica mattina, dico davvero, mi capita di andare a fare due passi nel prato con le lapidi per ritrovare un po' di serenità
io sono pronto a testimoniare comunque, e anche a portare delle prove inconfutabili.
Poi in America c'è pure la pena di morte, non si sa mai che sia la volta buona.
Qui in Inghilterra Dio non si fa vedere molto in giro, nessuno ne parla, nessuno va mai in chiesa, anche se c'è una chiesa in ogni angolo. Si sta meglio, tutto sommato, sissignore. Anzi, sì Signore.
Mi piace il senso di umanità che trasmettono i cimiteri inglesi. Ogni tanto mi piace passeggiare in mezzo alle lapidi, dico davvero. I cimiteri non sono dei posti isolati, chiusi da mura di cememto e cancelli elettrici come da noi. Di solito qui c'è la chiesetta circondata da un parco e da un prato verde, e in questo prato ci sono le lapidi conficcate nel terreno, senza tomba o ceri o ghiaia. Solo l'erba e questo sasso per terra con il nome, le date e a volte qualche frase. SOno dei posti che trasmettono pace, non angoscia. Sono posti che ti riconciliano con l'idea della morte, perchè camminando tra le lapidi senti di stare camminando semplicemente in mezzo alla natura. E' una sensazione strana, difficile da descrivere. L'altra sera in televisione ho visto un programma in cui avevano organizzato uno stand gastronomico in un cimitero, in mezzo al verde, e sembrava la cosa più normale del mondo.
Non ho mai approvato il mondo in cui da noi si vende l'idea della morte, per questo cerco sempre di stare lontano da chiese e cimiteri. Ma qui a volte, la domenica mattina, dico davvero, mi capita di andare a fare due passi nel prato con le lapidi per ritrovare un po' di serenità
mercoledì 15 ottobre 2008
desuetudine
l'ideale sarebbe non uscire a bere una birra di martedì sera, primo perchè dovrei sapere che qui non si può mai uscire a bere "una" birra, e secondo perchè qui la birra "leggera" non sanno cosa sia. Il mercoledì mattina, certo, è troppo tardi per pentirsi, giacchè ormai la birra è in circolo e il tuo cervello non funziona a dovere. Siccome il cervello non funziona a dovere,uno si ritrova a usare termini desueti come "giacchè" e "desueti", dal che si capisce che il cervello non funziona a dovere. Sì, questo mi pare di averlo già detto da qualche parte qui sopra.
A parte il cervello, però, devo dire che dopo un periodo iniziale piuttosto critico,adesso è da un po' di tempo che mi sento di buon umore. Saranno già 5 o 6 ore ormai, e ci sono buone probabilità che la cosa perduri nel pomeriggio. "Perduri" è ancora un effetto della birra, naturalmente. Ho notato che il sopraggiungere del buon umore è coinciso con la fine del bel tempo e l'arrivo del grigio e piovoso e freddo tempo inglese. Sono metereopatico al contrario, credo. O forse sono metereopatico all'inglese. O forse non sono metereopatico per niente, e questa storia del tempo è tutta una cavolata. Agli inglesi, per esempio, che ci sia il sole o piova non fa nè caldo nè freddo, anche se il sole fa un po' più caldo e la pioggia un po' più freddo.
La morale, alla fine è sempre la stessa. Adesso vado a bermi un tè e tutto quanto si sistema. Senza fretta, all'inglese, giusto una tazza.
A parte il cervello, però, devo dire che dopo un periodo iniziale piuttosto critico,adesso è da un po' di tempo che mi sento di buon umore. Saranno già 5 o 6 ore ormai, e ci sono buone probabilità che la cosa perduri nel pomeriggio. "Perduri" è ancora un effetto della birra, naturalmente. Ho notato che il sopraggiungere del buon umore è coinciso con la fine del bel tempo e l'arrivo del grigio e piovoso e freddo tempo inglese. Sono metereopatico al contrario, credo. O forse sono metereopatico all'inglese. O forse non sono metereopatico per niente, e questa storia del tempo è tutta una cavolata. Agli inglesi, per esempio, che ci sia il sole o piova non fa nè caldo nè freddo, anche se il sole fa un po' più caldo e la pioggia un po' più freddo.
La morale, alla fine è sempre la stessa. Adesso vado a bermi un tè e tutto quanto si sistema. Senza fretta, all'inglese, giusto una tazza.
lunedì 13 ottobre 2008
3
Altra settimana che inizia, eccoci qui. Dovrebbe essere la terza, anche se mi pare di essere arrivato ieri.
Altro weekend alle spalle. Il secondo. Lento e malinconico come tanti weekend qui. Domenica calda e piena di sole, quasi estate e quasi no. Sdraiato nel parco tutto il pomeriggio, il blu del cielo e il verde del prato, poco altro. Non so dire se questo abbia reso più serena o più malinconica la mia domenica. Però sono contento che oggi sia lunedì, che io abbia cose da fare, persone da vedere, posti dove andare. Come se avessi una vera vita qui, e nient'altro e nessun altro a cui pensare.
Come se.
Altro weekend alle spalle. Il secondo. Lento e malinconico come tanti weekend qui. Domenica calda e piena di sole, quasi estate e quasi no. Sdraiato nel parco tutto il pomeriggio, il blu del cielo e il verde del prato, poco altro. Non so dire se questo abbia reso più serena o più malinconica la mia domenica. Però sono contento che oggi sia lunedì, che io abbia cose da fare, persone da vedere, posti dove andare. Come se avessi una vera vita qui, e nient'altro e nessun altro a cui pensare.
Come se.
giovedì 9 ottobre 2008
italì
va bene, questi due giorni in italia mi bastano e avanzano. Non c'era bisogno che mi forzassero la portiera della macchina nel posteggio della stazione, mi ero già accorto di essere in Italia.
Meno male che riparto subito, in Inghilterrà nessuno forzerà mai la portiera della macchina, almeno finchè non avrò una macchina là.
Comunque grazie Italia, è bello vedere che non sei cambiata per niente.
Ogni tanto vorrei che su questo blog si potesse bestemmiare un po' in santa pace (ma ho idea che verrei subito censurato)...vorrà dire che il mio discorsetto personale con dio me lo faccio in privato...
Meno male che riparto subito, in Inghilterrà nessuno forzerà mai la portiera della macchina, almeno finchè non avrò una macchina là.
Comunque grazie Italia, è bello vedere che non sei cambiata per niente.
Ogni tanto vorrei che su questo blog si potesse bestemmiare un po' in santa pace (ma ho idea che verrei subito censurato)...vorrà dire che il mio discorsetto personale con dio me lo faccio in privato...
(s)fortuna sfacciata
L'altra sera stavo guardando sulla tv inglese un programma che parlava del Titanic e del Britannic. Il Britannic è meno famoso del Titanic, non so perchè. Ad ogni modo, il Britannic era la nave "gemella" del Titanic, o, meglio, era la nave prodotta sul modello del Titanic, con quei miglioramenti tecnici che avrebbero dovuto impedirle di farle fare la fine del Titanic. Il Britannic era però usato come nave ospedaliera in tempo di guerra, quindi Leonardo Di Caprio non ci sarebbe potuto salire.
Siccome però era la nave gemella,il Britannic ha deciso di essere gemella fino in fondo, e, come il Titanic, è colata a picco, anche se in circostanze un po' diverse.
Ora, una superstite dell'affondamento del Britannic era una tale tizia, di cui non mi ricordo il nome, che nella sua vita prima di salire a bordo del Britannic, tra le altre cose, era stata anche a bordo del Titanic quando il Titanic è affondato.
Lo giuro, lo ha detto la TV inglese.
Io non so dire se si tratti di una persona eccezionalmente sfortunata o fortunata. Certo che un po' di sfiga devi avercela nel sangue per capitare a bordo di due navi così. E certo devi avere un culo di proporzioni inimmaginabile per sopravvivere tutte e due le volte.
La morale di questa storia è molto semplice, ed è la stessa che ho messo in pratica io oggi prima di salire sull'aereo che mi ha riportato a casa. Prima di mettervi in viaggio, qualunque mezzo voi prendiate, assicuratevi che questa persona non sia tra i passeggeri.
Siccome però era la nave gemella,il Britannic ha deciso di essere gemella fino in fondo, e, come il Titanic, è colata a picco, anche se in circostanze un po' diverse.
Ora, una superstite dell'affondamento del Britannic era una tale tizia, di cui non mi ricordo il nome, che nella sua vita prima di salire a bordo del Britannic, tra le altre cose, era stata anche a bordo del Titanic quando il Titanic è affondato.
Lo giuro, lo ha detto la TV inglese.
Io non so dire se si tratti di una persona eccezionalmente sfortunata o fortunata. Certo che un po' di sfiga devi avercela nel sangue per capitare a bordo di due navi così. E certo devi avere un culo di proporzioni inimmaginabile per sopravvivere tutte e due le volte.
La morale di questa storia è molto semplice, ed è la stessa che ho messo in pratica io oggi prima di salire sull'aereo che mi ha riportato a casa. Prima di mettervi in viaggio, qualunque mezzo voi prendiate, assicuratevi che questa persona non sia tra i passeggeri.
martedì 7 ottobre 2008
domenica 5 ottobre 2008
domenica pomeriggio e un cane
E piove. Anche di domenica pomeriggio, come se fosse un giorno qualunque. Sto cercando di migliorare il mio rapporto con Chester, ma io e lui abbiamo ancora qualche problema di convivenza. Io sono anche disposto a grattargli l'orecchia e il musetto quando lui me lo chiede, non ho pregiudizi sulla razza canina, ci mancherebbe. E' che le sue richieste di coccole arrivano sempre nei momenti inopportuni, per esempio quando sono a tavola, o quando sono tranquillo sul divano. Ora, non starò qui a discutere della ovvia superiorità dei gatti sui cani. Però l'ottusità di questo cane a volte va oltre quello che è lecito aspettarsi da uno della sua razza. Lui appoggia il suo muso sul mio ginocchio, e va bene. Allora io inizio a grattargli la testolina e le orecchie. A questo punto, se si trattasse di un animale un po' più intelligente, tipo un gatto, Chester sceglierebbe fra due opzioni. O stai qui fermo e ti lasci grattare, come fa per esempio la mia gatta quando mi salta sulle ginocchia e inizia a fare le fusa. Oppure, se proprio hai voglia di dimenarti, prendi e te ne vai. Non puoi avere tutte e due le cose. Invece Chester è talmente contento che qualcuno gli gratti la testa che inizia a saltellare di qua e di là, così che io non riesco più a grattarlo come lui vorrebbe. Risultato: Chester si incazza, mette il suo muso umido sotto la mia mano e quasi me la morsica per costringermi a rimetterla sulla tua testa. Ma come faccio se lui non se ne sta fermo un minuto?
Ma forse è solo che io sono abituato troppo bene con la mia gatta.
Ho appena fatto un giro al mercato, la domenica di solito è il giorno più bello per girare fra le bancarelle qui. Solo che oggi è proprio una giornata grigia, fredda e piovosa (come ieri e come probabilmente domani, d'altra parte). Provate a immaginare una tipica giornata inglese. Ecco, così. Quindi non c'era molta gentge in giro, e neppure molte bancarelle al mercato. Ho comunque comprato un po' di tè e di biscotti, tanto per dare un senso alla mia passeggiata.
Il weekend qui fila via tranquillo, niente di speciale, anche se venerdì sera sono riuscito a (quasi)ubriacarmi al pub con un po' di persone che ho ritrovato qui. La birra è aumentata non poco, bruttissima sorpresa. Ho idea che un po' tutto qui sia aumentato, tra l'altro, ma 3 sterline e 20 per una pinta sono un po' troppe anche per uno abituato ai prezzi italiani. Sei mesi fa la pinta non superava le 2.80. E' la crisi, dicono. Va bene, è la crisi. Ad ogni modo non mi è sembrato che gli inglesi abbiano iniziato a risparmiare sulla birra, anzi. Dopotutto sono sempre inglesi.
Adesso sono qui con Chester che è stravaccato sul tappeto a dormire, magari tra poco lo seguo anch'io nel mondo dei sogni. Speriamo solo che non voglia farsi grattare anche là...come mi manca la mia gatta..
Ma forse è solo che io sono abituato troppo bene con la mia gatta.
Ho appena fatto un giro al mercato, la domenica di solito è il giorno più bello per girare fra le bancarelle qui. Solo che oggi è proprio una giornata grigia, fredda e piovosa (come ieri e come probabilmente domani, d'altra parte). Provate a immaginare una tipica giornata inglese. Ecco, così. Quindi non c'era molta gentge in giro, e neppure molte bancarelle al mercato. Ho comunque comprato un po' di tè e di biscotti, tanto per dare un senso alla mia passeggiata.
Il weekend qui fila via tranquillo, niente di speciale, anche se venerdì sera sono riuscito a (quasi)ubriacarmi al pub con un po' di persone che ho ritrovato qui. La birra è aumentata non poco, bruttissima sorpresa. Ho idea che un po' tutto qui sia aumentato, tra l'altro, ma 3 sterline e 20 per una pinta sono un po' troppe anche per uno abituato ai prezzi italiani. Sei mesi fa la pinta non superava le 2.80. E' la crisi, dicono. Va bene, è la crisi. Ad ogni modo non mi è sembrato che gli inglesi abbiano iniziato a risparmiare sulla birra, anzi. Dopotutto sono sempre inglesi.
Adesso sono qui con Chester che è stravaccato sul tappeto a dormire, magari tra poco lo seguo anch'io nel mondo dei sogni. Speriamo solo che non voglia farsi grattare anche là...come mi manca la mia gatta..
giovedì 2 ottobre 2008
memoria
La mia preferita in assoluto, in questa nuova famiglia, è la mamma della padrona di casa. E' una vecchietta che sorride sempre e non parla mai. Non deve esserci molto con la testa. Non so se sia Alzheimer o solo un po' di sano rincoglionimento senile. So che mi sono dovuto presentare tre volte nella stessa sera quando sono arrivato, e che spesso mi saluta come se mi vedesse per la prima volta. Non ha memoria, o forse non si ricorda più dove l'ha messa, non so. Ma credo che sia per questo che ride sempre. Dev'essere stupendo non avere memoria, se hai attorno qualcuno disposto a sopportarlo e a sopperire alle tue lacune. E' la memoria che ci fa diventare tristi, sono i ricordi belli di quello che non c'è più e i ricordi brutti di quello che ci ha fatto star male. Non ci sarebbe tristezza senza il passato.Essere senza memoria ti fa stare nel presente e godere in ogni istante le sensazioni del presente. Come se ogni volta si vedesse tutto per la prima volta, si conoscesse una persona per la prima volta. Il passato che ti ha fatto star male se ne è andato, il passato che ti ha fatto star bene conta solo se è ancora presente, altrimenti sparisce anche lui.
Così per ogni cosa che succede attorno a te, per ogni cosa che ti dicono, per ogni persona che vedi non puoi far altro che meravigliarti come se stessi scoprendo un mondo nuovo. E' l'incapacità di ricordare, sono convinto, che rende questa vecchietta sempre così sorridente.
E allora penso a come sarebbe bello se potessi reincontrare ancora certe persone per la prima volta, e rivivere di nuovo i momento in cui si "scoprono" certe persone...
Così per ogni cosa che succede attorno a te, per ogni cosa che ti dicono, per ogni persona che vedi non puoi far altro che meravigliarti come se stessi scoprendo un mondo nuovo. E' l'incapacità di ricordare, sono convinto, che rende questa vecchietta sempre così sorridente.
E allora penso a come sarebbe bello se potessi reincontrare ancora certe persone per la prima volta, e rivivere di nuovo i momento in cui si "scoprono" certe persone...
martedì 30 settembre 2008
primo giorno via. qui.
L'Inghilterra mi dà sempre il benvenuto allo stesso modo. Ogni volta che arrivo qui trovo pioggia e vento, vento e pioggia. E freddo.
L'Inghilterra fa così per farmi capire subito quello che mi aspetta. Tutto uguale identico all'anno scorso. Scendo dall'aereo e piove, arrivo a Cambridge e piove, piove e piove. E come l'anno scorso, la padrona di casa mi apre la porta e mi dice "hai portato la pioggia?", e immancabile scopro che fino al giorno prima c'era stato il sole. Hai portato la pioggia, mi dicono. Gli inglesi. La pioggia. A me. Io avrei portato la pioggia su questa isola fatta di pioggia?
La cosa strana è arrivare in un posto così lontano da casa e sentirsi più a casa che a casa. Oggi mi è successo così. E'stato come se non fossi mai andato via di qui, come se avessi ripreso un discorso che era rimasto in sospeso. Sapevo già quello che avrei trovato, ho rivisto delle persone che conoscevo, era tutto così semplice e familiare. Davvero sono stato via negli ultimi sei mesi?
E qui niente è cambiato. Perchè avrebbe dovuto? Qui sembra che niente sia cambiato da secoli, figurarsi in sei mesi. Oggi in un negozio ho visto un libro di foto d'epoca di Cambridge. Mi sono messo a sfogliarlo. Ed era tutto uguale ad adesso! Forse perchè Cambridge è una città d'epoca. Infatti qui il tempo non passa mai. Io non sono mai andato via da qui. Ero qui ieri, sono qui oggi. Forse gli ultimi sei mesi sono passati nel resto del mondo, ma qui a Cambridge no, qui niente è passato da secoli.
L'Inghilterra fa così per farmi capire subito quello che mi aspetta. Tutto uguale identico all'anno scorso. Scendo dall'aereo e piove, arrivo a Cambridge e piove, piove e piove. E come l'anno scorso, la padrona di casa mi apre la porta e mi dice "hai portato la pioggia?", e immancabile scopro che fino al giorno prima c'era stato il sole. Hai portato la pioggia, mi dicono. Gli inglesi. La pioggia. A me. Io avrei portato la pioggia su questa isola fatta di pioggia?
La cosa strana è arrivare in un posto così lontano da casa e sentirsi più a casa che a casa. Oggi mi è successo così. E'stato come se non fossi mai andato via di qui, come se avessi ripreso un discorso che era rimasto in sospeso. Sapevo già quello che avrei trovato, ho rivisto delle persone che conoscevo, era tutto così semplice e familiare. Davvero sono stato via negli ultimi sei mesi?
E qui niente è cambiato. Perchè avrebbe dovuto? Qui sembra che niente sia cambiato da secoli, figurarsi in sei mesi. Oggi in un negozio ho visto un libro di foto d'epoca di Cambridge. Mi sono messo a sfogliarlo. Ed era tutto uguale ad adesso! Forse perchè Cambridge è una città d'epoca. Infatti qui il tempo non passa mai. Io non sono mai andato via da qui. Ero qui ieri, sono qui oggi. Forse gli ultimi sei mesi sono passati nel resto del mondo, ma qui a Cambridge no, qui niente è passato da secoli.
lunedì 29 settembre 2008
domenica 28 settembre 2008
un anno dopo
Un anno dopo parto ancora. Ma si potrebbe anche dire in altro modo. Si potrebbe dire: un anno dopo, e ancora al punto di partenza.
Con tutto quello che è successo, con tutto quello che è cambiato, mi guardo attorno e l'unica cosa rimasta uguale sono io che parto.
Mi sembra di rivivere tanti momenti e tante sensazioni, ma proprio perchè li sto rivivendo io mi accorgo anche di tutte le cose che adesso sono diverse, di quanto un mondo intero sia cambiato attorno e dentro di me. E' come se tutto si sovrapponesse, i momenti di adesso e quelli di un anno fa, ma il sovrapporsi lascia scoperte tante cose, pezzi che crescono e pezzi che mancano qua e là. Non so dire se sia di più quello che è rimasto uguale o quello che è cambiato. Non riesco ancora bene a capire che peso e che valore abbiano i cambiamenti.
L'anno scorso partivo pensando a come sarebbe stato quando sarei tornato. Adesso parto e non penso a niente, nè al ritorno nè a come starò là. Non penso neppure alla partenza, a dire la verità. Penso solo a oggi, e domani penserò solo a domani, e al momento di partire penserò alla partenza. E poi credo sarà così finchè un giorno penserò che quello è il giorno in cui torno.
Mi ricordo che l'anno scorso avevo scritto che partivo felice. Non so dire se fossi sincero, o se cercassi solo di convincermi. So che era stato abbastanza difficile scrivere la parola "felice" poche ore prima dell partenza. Quest'anno invece è più facile. Non parto felice, no. Parto e basta.
Con tutto quello che è successo, con tutto quello che è cambiato, mi guardo attorno e l'unica cosa rimasta uguale sono io che parto.
Mi sembra di rivivere tanti momenti e tante sensazioni, ma proprio perchè li sto rivivendo io mi accorgo anche di tutte le cose che adesso sono diverse, di quanto un mondo intero sia cambiato attorno e dentro di me. E' come se tutto si sovrapponesse, i momenti di adesso e quelli di un anno fa, ma il sovrapporsi lascia scoperte tante cose, pezzi che crescono e pezzi che mancano qua e là. Non so dire se sia di più quello che è rimasto uguale o quello che è cambiato. Non riesco ancora bene a capire che peso e che valore abbiano i cambiamenti.
L'anno scorso partivo pensando a come sarebbe stato quando sarei tornato. Adesso parto e non penso a niente, nè al ritorno nè a come starò là. Non penso neppure alla partenza, a dire la verità. Penso solo a oggi, e domani penserò solo a domani, e al momento di partire penserò alla partenza. E poi credo sarà così finchè un giorno penserò che quello è il giorno in cui torno.
Mi ricordo che l'anno scorso avevo scritto che partivo felice. Non so dire se fossi sincero, o se cercassi solo di convincermi. So che era stato abbastanza difficile scrivere la parola "felice" poche ore prima dell partenza. Quest'anno invece è più facile. Non parto felice, no. Parto e basta.
giovedì 25 settembre 2008
non esistono più
Non è normale questo freddo a settembre. Settembre non è mica inverno. L'inverno è inverno, ma settembre è settembre. Firmerò la petizione per reintrodurre le mezze stagioni. Questi tagli e queste riforme sono contrari agli interessi del Paese, non si può risparmiare anche sulle mezze stagioni.
In Inghilterra non farà così freddo, sono sicuro. Là le mezze stagioni le hanno mantenute.
Le mezze stagioni io le preferisco perchè sono più colorate, più profumate, hanno un'anima.
L'inverno è morto e l'estate è stupida.
Ma la primavera è viva, allegra. No, serena no, ma cosa importa? La primavera è viva.
L'autunno è saggio, tranquillo, rappacificante. Ti riporta alla realtà, e ti fa credere che la realtà possa persino essere bella.
Firmate con me la petizione al governo per reintrodurre le mezze stagioni
In Inghilterra non farà così freddo, sono sicuro. Là le mezze stagioni le hanno mantenute.
Le mezze stagioni io le preferisco perchè sono più colorate, più profumate, hanno un'anima.
L'inverno è morto e l'estate è stupida.
Ma la primavera è viva, allegra. No, serena no, ma cosa importa? La primavera è viva.
L'autunno è saggio, tranquillo, rappacificante. Ti riporta alla realtà, e ti fa credere che la realtà possa persino essere bella.
Firmate con me la petizione al governo per reintrodurre le mezze stagioni
mercoledì 24 settembre 2008
cose così
che poi a ben guardare, oggi come oggi, cosa volete che sia partire? tra internet e telefoni e cose così uno è come se stesse sempre vicino a casa, ha sempre tutti a portata di clic. L'unico problema è se uno ha degli abbracci da dare o da ricevere, allora sì che due mesi diventano lunghissimi, e l'inghilterra diventa lontanissima. Provateci voi a sostituire certi abbracci con un clic o una chat o un sms o cose così. Non si può, non è la stessa cosa. Niente può essere la stessa cosa.
Ma allora uno come fa a partire? Se si pensa a certi abbracci, e a quanto mancheranno certi abbracci, uno capisce che non c'è niente per cui valga la pena partire.
Eppure si parte lo stesso, sissignore. E si sta via per un po', signorsì.
Vaccabestia, che roba partire. Chi ha inventato le partenze? chi ha inventato gli aeroplani? e l'inghilterra, chi ha inventato l'inghilterra? doveva per forza essere così lontana l'inghilterra? Lontana da certi abbracci, intendo, da tutto quello per cui varrebbe la pena restare..
eppure si parte, sissignore.
Vaccabestia, che roba partire..
Ma allora uno come fa a partire? Se si pensa a certi abbracci, e a quanto mancheranno certi abbracci, uno capisce che non c'è niente per cui valga la pena partire.
Eppure si parte lo stesso, sissignore. E si sta via per un po', signorsì.
Vaccabestia, che roba partire. Chi ha inventato le partenze? chi ha inventato gli aeroplani? e l'inghilterra, chi ha inventato l'inghilterra? doveva per forza essere così lontana l'inghilterra? Lontana da certi abbracci, intendo, da tutto quello per cui varrebbe la pena restare..
eppure si parte, sissignore.
Vaccabestia, che roba partire..
lunedì 22 settembre 2008
roba
C'è un mucchio di vestiti impignati qui di fianco. E una valigia vuota un po' più in là. Come se dovessi partire a breve. E i vestiti sono proprio tanti, come se dovessi star via mesi. Roba da matti.
Ho idea che sto prendendo questa cosa della partenza troppo alla leggera. Dovrei essere preoccupato, emozionato, agitato. Insomma, qualcosa di diverso dal solito. Invece niente. Mi sento come se dovessi fare un salto fuori porta per un weekend. Sarà che vado in un posto che già conosco. O sarà che sto via meno mesi dell'altra volta. O sarà che dopo aver visto quanto passino velocemente sei mesi, l'idea di dover star via solo un paio di mesi mi pare una passeggiata. Però magari questi due mesi dureranno di più, non si può mai dire. Quanto il tempo passa veloce non dipende mica dai calendari.Se devi dare retta ai calendari il tempo passa sempre uguale, ma io lo so bene che non è vero.
Però sono contento all'idea che parto. Non lo sento molto, non lo vivo, ma se mi metto a pensarci sì, sono contento. L'aria inglese fa bene, lo sanno tutti. E' fredda, ma fa bene. Devo portare sciarpa e guanti, adesso che ci penso. E una berretta, per non farmi gelare il cervello. Niente ombrello, però. Suvvia, facciamo gli inglesi fino in fondo, l'acqua ce la si lascia piovere addosso, cosa sarà mai?
Comunque questa roba impignata qui di fianco è troppa. Non ci starà mai tutta quanta, nè mi servirà tutta quanta. Ma poi mi servirà per cosa? Cosa ci devo fare con tutta questa roba? E la valigia? Oddio, mi sembra quasi che devo partire. Figurarsi che ci sono pure due biglietti sopra il calorifero. Sopra il calorifero, ma vi rendete conto? Roba da matti
(ma si dice "ce la si lascia?" Se imparo un po' di inglese devo per forza cancellare un po' di italiano per fargli spazio?)
Ho idea che sto prendendo questa cosa della partenza troppo alla leggera. Dovrei essere preoccupato, emozionato, agitato. Insomma, qualcosa di diverso dal solito. Invece niente. Mi sento come se dovessi fare un salto fuori porta per un weekend. Sarà che vado in un posto che già conosco. O sarà che sto via meno mesi dell'altra volta. O sarà che dopo aver visto quanto passino velocemente sei mesi, l'idea di dover star via solo un paio di mesi mi pare una passeggiata. Però magari questi due mesi dureranno di più, non si può mai dire. Quanto il tempo passa veloce non dipende mica dai calendari.Se devi dare retta ai calendari il tempo passa sempre uguale, ma io lo so bene che non è vero.
Però sono contento all'idea che parto. Non lo sento molto, non lo vivo, ma se mi metto a pensarci sì, sono contento. L'aria inglese fa bene, lo sanno tutti. E' fredda, ma fa bene. Devo portare sciarpa e guanti, adesso che ci penso. E una berretta, per non farmi gelare il cervello. Niente ombrello, però. Suvvia, facciamo gli inglesi fino in fondo, l'acqua ce la si lascia piovere addosso, cosa sarà mai?
Comunque questa roba impignata qui di fianco è troppa. Non ci starà mai tutta quanta, nè mi servirà tutta quanta. Ma poi mi servirà per cosa? Cosa ci devo fare con tutta questa roba? E la valigia? Oddio, mi sembra quasi che devo partire. Figurarsi che ci sono pure due biglietti sopra il calorifero. Sopra il calorifero, ma vi rendete conto? Roba da matti
(ma si dice "ce la si lascia?" Se imparo un po' di inglese devo per forza cancellare un po' di italiano per fargli spazio?)
venerdì 19 settembre 2008
vacca bestia
vaccabestia, la birra, di nuovo.
Dev'essere stato l'ultimo litro che mi ha dato alla testa.
La prossima volta devo bere meno birra, non c'è dubbio.
Mettere a verbale: ricordarsi di bere meno birra.
Lo dirò al mio scrivano.
Comunque ho notato una cosa che dovrebbe far riflettere: la quanitità di liquido che espelli è sempre maggiore della quantità di liquido che ingurgiti.
La birra ti fa fare tanta pipì, non v'è dubbio. Puliti dentro e belli fuori.
Dev'essere stato l'ultimo litro che mi ha dato alla testa.
La prossima volta devo bere meno birra, non c'è dubbio.
Mettere a verbale: ricordarsi di bere meno birra.
Lo dirò al mio scrivano.
Comunque ho notato una cosa che dovrebbe far riflettere: la quanitità di liquido che espelli è sempre maggiore della quantità di liquido che ingurgiti.
La birra ti fa fare tanta pipì, non v'è dubbio. Puliti dentro e belli fuori.
mercoledì 17 settembre 2008
cose
Ci sarebbe un problema da risolvere, abbastanza urgente. Bisognerebbe sapere se noi vediamo il mondo perchè il mondo esiste o se il mondo esiste solo perchè noi lo vediamo. Secondo me la prima, ma qualche malato di mente ha pensato di proporre la seconda. Siccome le opinioni dei malati di mente vanno prese in seria considerazione, si sono iniziati a scrivere libri e libri sulla faccenda. Io purtroppo non sono malato di mente, quindi rimango convinto della mia idea. Ma non si sa mai.
Oddio, "non si sa mai"..dai, siamo seri, a volte si sa.. Per esempio, quella questione dell'albero che cade nella foresta dove non c'è nessuno ad ascoltare. L'albero fa rumore o no? Io, che purtroppo non sono malato di mente, dico di sì, ma questa idea potrebbre crearmi dei problemi nel caso mi venisse la malsana idea di dedicarmi alla carriera del filosofo. Dovrei iniziare anch'io a dire cose senza senso, così poi posso impiegare il resto del mio tempo a cercare di convincere gli altri che le cose che dico hanno senso. Mi sembra un buon passatempo, sissignore.
Allora mi correggo, il mondo non esiste, l'albero che cade non fa rumore se nella foresta non c'è nessuno. Ecco, mi sembra un buon inizio.
Sì, è bello sapere di essere utili all'umanità.
Oddio, "non si sa mai"..dai, siamo seri, a volte si sa.. Per esempio, quella questione dell'albero che cade nella foresta dove non c'è nessuno ad ascoltare. L'albero fa rumore o no? Io, che purtroppo non sono malato di mente, dico di sì, ma questa idea potrebbre crearmi dei problemi nel caso mi venisse la malsana idea di dedicarmi alla carriera del filosofo. Dovrei iniziare anch'io a dire cose senza senso, così poi posso impiegare il resto del mio tempo a cercare di convincere gli altri che le cose che dico hanno senso. Mi sembra un buon passatempo, sissignore.
Allora mi correggo, il mondo non esiste, l'albero che cade non fa rumore se nella foresta non c'è nessuno. Ecco, mi sembra un buon inizio.
Sì, è bello sapere di essere utili all'umanità.
martedì 16 settembre 2008
buone notizie
Finalmente una buona notizia: http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/cei-ottopermille/cei-ottopermille/cei-ottopermille.html.
Stiamo imparando a non sperperare i soldi.
Stiamo imparando a non sperperare i soldi.
lunedì 15 settembre 2008
specchi
Ci sono delle questioni sugli specchi che non mi sono per niente chiare.
Prima di tutto, come fa uno specchio a riflettere? Cosa c'è dietro al vetro?
Secondo di tutto, perchè lo specchio inverte la destra con la sinistra, ma non l'alto con il basso?
Poi, il modo in cui io mi vedo allo specchio è uguale al modo in cui gli altri vedono me? Mi imbarazza pensare che gli altri vedano proprio quella faccia lì, anzi non so come riescano a fissare la mia faccia senza scoppiare a ridere.
Altra cosa, quanto ci si può fidare di uno specchio? Per esempio, non so se capiti solo a me, ma io non riesco ancora a fidarmi degli specchi agli incroci. Se io vedo allo specchio che non arrivano macchine, non riesco a convincermi che davvero non arrivino macchine. Io sto guardando uno specchio, mica la strada vera. Come si fa a buttarsi in un incrocio senza guardare la strada vera? Per non parlare poi degli specchi con la retina davanti.
Poi non capisco perchè tutti gli ascensori abbiano lo specchio. Uno sale e la prima cosa che vede è la sua faccia. Magari è perchè così l'ascensore sembra più grande e uno non soffre di claustrofobia. O magari è per non farti sentire solo quando non ci sono altre persone che salgono con te.
Può essere una buona idea, non lo so. Io però quando mi guardo allo specchio mi sento ancora più solo, perchè mi accorgo che anche alle mie spalle non c'è mai nessuno.
Prima di tutto, come fa uno specchio a riflettere? Cosa c'è dietro al vetro?
Secondo di tutto, perchè lo specchio inverte la destra con la sinistra, ma non l'alto con il basso?
Poi, il modo in cui io mi vedo allo specchio è uguale al modo in cui gli altri vedono me? Mi imbarazza pensare che gli altri vedano proprio quella faccia lì, anzi non so come riescano a fissare la mia faccia senza scoppiare a ridere.
Altra cosa, quanto ci si può fidare di uno specchio? Per esempio, non so se capiti solo a me, ma io non riesco ancora a fidarmi degli specchi agli incroci. Se io vedo allo specchio che non arrivano macchine, non riesco a convincermi che davvero non arrivino macchine. Io sto guardando uno specchio, mica la strada vera. Come si fa a buttarsi in un incrocio senza guardare la strada vera? Per non parlare poi degli specchi con la retina davanti.
Poi non capisco perchè tutti gli ascensori abbiano lo specchio. Uno sale e la prima cosa che vede è la sua faccia. Magari è perchè così l'ascensore sembra più grande e uno non soffre di claustrofobia. O magari è per non farti sentire solo quando non ci sono altre persone che salgono con te.
Può essere una buona idea, non lo so. Io però quando mi guardo allo specchio mi sento ancora più solo, perchè mi accorgo che anche alle mie spalle non c'è mai nessuno.
sabato 13 settembre 2008
adesso
E adesso?
Adesso cosa succede?
Adesso che riparto. Adesso che che siamo a settembre, di nuovo. Adesso che è successo tutto quanto.
Adesso che alle otto di sera ricomincia a fare buio.
Cosa succede adesso?
Forse niente, cosa volete che succeda? Io riparto, chiedendomi cosa succederà quando tornerò. E poi sarà Natale, e mi chiederò cosa succederà l'anno nuovo.
Ma adesso, cosa succede "adesso"? Cosa ci si deve aspettare adesso? A cosa bisogna prepararsi, adesso?
Forse è tutto un po' come prima, forse è tutto diverso. Io sono come prima, e le cose attorno sono diverse, diverse le persone, e il modo di riempire i giorni e le sere. Succedono tante cose e io continuo a chiedermi cosa succederà adesso, come se non me ne stessi già accorgendo...
Adesso cosa succede?
Adesso che riparto. Adesso che che siamo a settembre, di nuovo. Adesso che è successo tutto quanto.
Adesso che alle otto di sera ricomincia a fare buio.
Cosa succede adesso?
Forse niente, cosa volete che succeda? Io riparto, chiedendomi cosa succederà quando tornerò. E poi sarà Natale, e mi chiederò cosa succederà l'anno nuovo.
Ma adesso, cosa succede "adesso"? Cosa ci si deve aspettare adesso? A cosa bisogna prepararsi, adesso?
Forse è tutto un po' come prima, forse è tutto diverso. Io sono come prima, e le cose attorno sono diverse, diverse le persone, e il modo di riempire i giorni e le sere. Succedono tante cose e io continuo a chiedermi cosa succederà adesso, come se non me ne stessi già accorgendo...
giovedì 11 settembre 2008
ipotesi
Supponiamo che fra un po' io parta. Diciamo, così per ipotesi, il 30 settembre.
Mettiamo il caso che io stia via, per esempio, due o tre mesi. Così tanto per dire un numero.
Immaginiamo che mentre sono via io mi accorga che via è meglio di qui. Per esempio, buttiamo lì che io mi innamori della birra inglese e delle patate bollite al punto da non voler più tornare indietro.
Supponiamo che io non torni più indietro.
Suppongo che potebbe anche darsi.
Potrebbe anche darsi.
Darsi.
Si dà.
Si dà il caso che non torno.
No, forse per intanto meglio supporre ancora un po'.
Mettiamo il caso che io stia via, per esempio, due o tre mesi. Così tanto per dire un numero.
Immaginiamo che mentre sono via io mi accorga che via è meglio di qui. Per esempio, buttiamo lì che io mi innamori della birra inglese e delle patate bollite al punto da non voler più tornare indietro.
Supponiamo che io non torni più indietro.
Suppongo che potebbe anche darsi.
Potrebbe anche darsi.
Darsi.
Si dà.
Si dà il caso che non torno.
No, forse per intanto meglio supporre ancora un po'.
mercoledì 10 settembre 2008
caso
Sapevi che vincere o essere vinti
sono facce di un Caso indifferente,
che non c'è altra virtù che essere coraggiosi
e che il marmo, infine, sarà l'oblio
(Jorge Luis Borges, A Carlo XII)
sono facce di un Caso indifferente,
che non c'è altra virtù che essere coraggiosi
e che il marmo, infine, sarà l'oblio
(Jorge Luis Borges, A Carlo XII)
lunedì 8 settembre 2008
moderatamente
Volevo dire solo una cosa prima di andare a dormire. Ma adesso non voglio più.
Quelli del Nobel non mi hanno ancora contattato. Peggio per loro.
Però mi hanno contattato quelli che volevano sapere se ero soddisfatto della mia bolletta del telefono. Moderatamente soddisfatto, ho risposto. Soprattutto perchè non la devo pagare io.
Comunque io non telefono praticamente mai. Soprattutto perchè non ho niente da dire. Poi perchè il telefono mi imbarazza. Non vedo l'altro in faccia, capite? Mi immagino sempre che quell'altro stia alzando gli occhi al cielo davanti alla cornetta e sbuffando mentre io parlo. Poi non si capisce mai quando l'altro sta per dire qualcosa. Così ci sono le pause di silenzio e poi all'improvviso si comincia a parlare contemporanemente. No scusa dimmi tu. No dimmi tu. Dicevodicevo. No scusa prima, no tu. Pausa di silenzio. Eccetera.
Moderatamente soddisfatto, comunque.
Quelli del Nobel non mi hanno ancora contattato. Peggio per loro.
Però mi hanno contattato quelli che volevano sapere se ero soddisfatto della mia bolletta del telefono. Moderatamente soddisfatto, ho risposto. Soprattutto perchè non la devo pagare io.
Comunque io non telefono praticamente mai. Soprattutto perchè non ho niente da dire. Poi perchè il telefono mi imbarazza. Non vedo l'altro in faccia, capite? Mi immagino sempre che quell'altro stia alzando gli occhi al cielo davanti alla cornetta e sbuffando mentre io parlo. Poi non si capisce mai quando l'altro sta per dire qualcosa. Così ci sono le pause di silenzio e poi all'improvviso si comincia a parlare contemporanemente. No scusa dimmi tu. No dimmi tu. Dicevodicevo. No scusa prima, no tu. Pausa di silenzio. Eccetera.
Moderatamente soddisfatto, comunque.
sabato 6 settembre 2008
la storia triste del camaleonte blu - parte III e ultima
Riassunto puntate precedenti. Il camaleonte si trova nel mondo senza colori, e va in crisi di identità. Per modo di dire, ovviamente, perchè il camaleonte l'identità non ce l'ha, ma la ruba di volta in volta al mondo, a seconda del colore in cui si trova. Il camaleonte non sa che colore mettersi, ha paura di assumere l'iniziativa e prendersi la responsabilità del proprio travestimento. Sennonchè, d'un tratto il camaleonte si accorge che non tutto è senza colore. Il cielo, infatti, è rimasto blu. Il camaleonte può così lasciare che ci pensi la natura, coi suoi meccanismi, a colorarlo di blu. Il camaleonte si sente sollevato, perchè quel cielo blu lo ha liberato dall'angoscia di dover scegliere, dall'angoscia di essere libero. Il camaleonte è stato liberato dalla sua libertà.
(leggi la seconda parte- leggi la prima parte)
Parte terza. Non lo so perchè il cielo era rimasto blu. Se lo stava iniziando a chiedere anche il camaleonte, pur senza essere troppo tormentato dalla questione. Per lui era sufficiente aver preso di nuovo un colore, uno qualsiasi. Tutto il resto contava poco. Eppure, noi che non siamo camaleonti una spiegazione la dobbiamo pure trovare. Allora, se proprio lo volete sapere, io penso che il mondo davanti al camaleonte non fosse mai stato davvero senza colori. Io penso che tutto quanto fosse rimasto del proprio colore allo stesso modo in cui il cielo era rimasto blu. La sola cosa diversa era il modo in cui il camaleonte voleva vedere il suo mondo, il modo in cui il camaleonte proiettava i propri desideri sul mondo. Solo il blu del cielo era rimasto davanti agli occhi del camaleonte perchè solo il blu del cielo realmente gli importava. Il camaleonte vedeva il mondo solo attraverso i suoi desideri, anche se la sua abitudine di doversi adeguare ai colori del mondo lo portava a credere che anche quel blu, l'unico colore rimasto, fosse un'imposizione della natura, su cui lui non aveva potere.
Sì, io credo che il camaleonte volesse davvero essere libero di scegliere, anche se la sua natura camaleontica gli impediva di capire quanto lui in realtà desiderasse questa sua libertà. Il camaleonte allora, senza accorgersene, era riuscito a diventare libero nel solo modo che gli era concesso. Perchè adesso la natura gli stava imponendo quello che in realtà lui aveva già scelto, quello che in realtà lui desiderava. Era stato lui a scegliere, senza saperlo, che l'unica cosa colorata del mondo là fuori dovesse essere il cielo blu. Così, il camaleonte era riuscito a imporre alla propria natura il modo in cui lui voleva essere comandato da lei, raggiungendo quello spazio al di là di tutte le sue varie identità e i suoi vari colori, in cui lui e la sua natura coincidevano. E anch'io credo che trovare la sintonia con la propria natura, e non combatterla, armonizzare i nostri desideri più profondi con i nostri limiti, essere padroni della nostra identità senza avere la pretesa impossibile di annientarla. io credo che tutto questo significhi davvero essere liberi. Nell'unico senso che ci è concesso.
Così finisce la storia triste del camaleonte blu. Sono contento di scoprire che, alla fine di tutto, il camaleonte non sia poi così triste. Se quelli del Nobel mi cercano per il premio, possono contattarmi alla mia solita e-mail.
(leggi la seconda parte- leggi la prima parte)
Parte terza. Non lo so perchè il cielo era rimasto blu. Se lo stava iniziando a chiedere anche il camaleonte, pur senza essere troppo tormentato dalla questione. Per lui era sufficiente aver preso di nuovo un colore, uno qualsiasi. Tutto il resto contava poco. Eppure, noi che non siamo camaleonti una spiegazione la dobbiamo pure trovare. Allora, se proprio lo volete sapere, io penso che il mondo davanti al camaleonte non fosse mai stato davvero senza colori. Io penso che tutto quanto fosse rimasto del proprio colore allo stesso modo in cui il cielo era rimasto blu. La sola cosa diversa era il modo in cui il camaleonte voleva vedere il suo mondo, il modo in cui il camaleonte proiettava i propri desideri sul mondo. Solo il blu del cielo era rimasto davanti agli occhi del camaleonte perchè solo il blu del cielo realmente gli importava. Il camaleonte vedeva il mondo solo attraverso i suoi desideri, anche se la sua abitudine di doversi adeguare ai colori del mondo lo portava a credere che anche quel blu, l'unico colore rimasto, fosse un'imposizione della natura, su cui lui non aveva potere.
Sì, io credo che il camaleonte volesse davvero essere libero di scegliere, anche se la sua natura camaleontica gli impediva di capire quanto lui in realtà desiderasse questa sua libertà. Il camaleonte allora, senza accorgersene, era riuscito a diventare libero nel solo modo che gli era concesso. Perchè adesso la natura gli stava imponendo quello che in realtà lui aveva già scelto, quello che in realtà lui desiderava. Era stato lui a scegliere, senza saperlo, che l'unica cosa colorata del mondo là fuori dovesse essere il cielo blu. Così, il camaleonte era riuscito a imporre alla propria natura il modo in cui lui voleva essere comandato da lei, raggiungendo quello spazio al di là di tutte le sue varie identità e i suoi vari colori, in cui lui e la sua natura coincidevano. E anch'io credo che trovare la sintonia con la propria natura, e non combatterla, armonizzare i nostri desideri più profondi con i nostri limiti, essere padroni della nostra identità senza avere la pretesa impossibile di annientarla. io credo che tutto questo significhi davvero essere liberi. Nell'unico senso che ci è concesso.
Così finisce la storia triste del camaleonte blu. Sono contento di scoprire che, alla fine di tutto, il camaleonte non sia poi così triste. Se quelli del Nobel mi cercano per il premio, possono contattarmi alla mia solita e-mail.
venerdì 5 settembre 2008
sensazioni
Ho una strana sensazione. Come se stesse per succedere qualcosa. Qualcosa di sensazionale. Infatti ho la sensazione. Qualcosa di strano. Infatti la sensazione è strana.
Per intanto non succede niente, ma fra poco chissà.
Dovrei iniziare a studiare, ma sono appena tornato dal dentista e sono le undici e mezza. Quando uno è appena tornato dal dentista e sono le undici e mezza non conviene che inizi a studiare, perchè deve subito fermarsi per mangiare. Allora facciamo che per stamattina non combino niente e riprendo oggi. Così nel frattempo posso aspettare che succeda la cosa sensazionale.
Adesso però la sensazione è già meno strana. Mi prude un dito, lo gratto, e la sensazione se n'è andata. Lo sapevo, era un falso allarme. Vuoi vedere che anche oggi non succede niente di sensazionale? Ho la sensazione che sarà così.
Per intanto non succede niente, ma fra poco chissà.
Dovrei iniziare a studiare, ma sono appena tornato dal dentista e sono le undici e mezza. Quando uno è appena tornato dal dentista e sono le undici e mezza non conviene che inizi a studiare, perchè deve subito fermarsi per mangiare. Allora facciamo che per stamattina non combino niente e riprendo oggi. Così nel frattempo posso aspettare che succeda la cosa sensazionale.
Adesso però la sensazione è già meno strana. Mi prude un dito, lo gratto, e la sensazione se n'è andata. Lo sapevo, era un falso allarme. Vuoi vedere che anche oggi non succede niente di sensazionale? Ho la sensazione che sarà così.
giovedì 4 settembre 2008
supposizioni
Allora, decidiamoci una volta per tutte. E' o non è Francesca?
Non è Francesca. Va bene, non è Francesca.
Comunque è andata a finire che l'ombrello da pioggia in spiaggia ad agosto sotto il sole io l'ho comprato.
Le ferrovie si scusano per il disagio arrecato. Il treno è in ritardo, ci scusiamo per il disagio. Il treno è soppresso, ci scusiamo per il disagio. Basta, non ne posso più. Non devono dire "ci scusiamo". Devono dire "chiediamo scusa". Devono chiedere. Poi siamo noi che decidiamo se scusarli o no. Non possono scusarsi da soli. E' come dirsi grazieprego. Io, per esempio, non li scuso. Quando non li scuso non faccio il biglietto, come gli italiani.
Domani piove, dicono. Quindi non piove. Il governo resta ladro comunque.
Ho accettato il regalo. Con un'accetta. Un bel taglio verticale. Proprio non mi piaceva.
A proposito di medicine, tra l'altro, non ho mai capito l'origine del nome "supposta". Quello che non mi è chiaro è cosa si debba supporre.
L'orologio fa l'una e mezza. Ci sono buone probabilità che sia l'una e mezza. Occorre che si dorma, e presto.
Così anche i pesci son contenti.
Non è Francesca. Va bene, non è Francesca.
Comunque è andata a finire che l'ombrello da pioggia in spiaggia ad agosto sotto il sole io l'ho comprato.
Le ferrovie si scusano per il disagio arrecato. Il treno è in ritardo, ci scusiamo per il disagio. Il treno è soppresso, ci scusiamo per il disagio. Basta, non ne posso più. Non devono dire "ci scusiamo". Devono dire "chiediamo scusa". Devono chiedere. Poi siamo noi che decidiamo se scusarli o no. Non possono scusarsi da soli. E' come dirsi grazieprego. Io, per esempio, non li scuso. Quando non li scuso non faccio il biglietto, come gli italiani.
Domani piove, dicono. Quindi non piove. Il governo resta ladro comunque.
Ho accettato il regalo. Con un'accetta. Un bel taglio verticale. Proprio non mi piaceva.
A proposito di medicine, tra l'altro, non ho mai capito l'origine del nome "supposta". Quello che non mi è chiaro è cosa si debba supporre.
L'orologio fa l'una e mezza. Ci sono buone probabilità che sia l'una e mezza. Occorre che si dorma, e presto.
Così anche i pesci son contenti.
lunedì 1 settembre 2008
segreti

Quella striscia di luce che parte dal sole, attraversa tutto il mare e arriva fino ai tuoi piedi. Il sole che per pochi istanti se ne sta proprio di fronte a te, e tu non hai neppure bisogno di guardare verso l'alto. Essere all'altezza del sole, assorbire la sua luce senza esserne accecati. E quella breve, ma intensa sensazione di sentirsi padroni del mondo, di possedere il segreto del sole e del cielo prima che il sole si alzi a illuminare il resto del mondo e il cielo diventi del solito azzurro che riempie i pomeriggi. Di vedere il sole per come lui è, prima che si copra di luce abbagliante.
L'alba ti dà la sensazione di vivere in un tempo diverso, di essere un passo avanti rispetto a tutti gli altri. Di sentire se stessi prima di sentirsi parte del mondo. Di potere dire "io" e, per pochi minuti, capire il significato di questa parola. Io.
domenica 31 agosto 2008
un po' di mare
lunedì 25 agosto 2008
aggiornamenti in tempo reale
avevo detto che non avrei aggiornato il blog mentre sono al mare. Però lo aggiorno lo stesso. I casi sono due. O sono scemo o sono bugiardo. Secondo me sono scemo. Bugiardo e scemo insieme no, perchè altrimenti non potrei dire di essere scemo. E neanche bugiardo, a dire la verità.
Allora, resoconto brevissimo. Telegrafico, come dicono in televisione. Peccato non esistano più i telegrafi, si parlerebbe molto meno.
giorno 1: piccola congestione. Vomito. Film Gomorra al cinema. Disastro.
giorno 2: niente. dormito. studiato. spiaggia. letto libro. Cena. Passeggiata. Birra.letto.
giorno 3: niente. alzato alle 6. Sole che sorge sul mare, passeggiata con foto. Freddo. poi colazione. Studiato, mangiato, studiato. Spiaggia. Sole. Computer blog, poi cena.
Numero piadine romagnole mangiate: 0
seguono aggiornamenti. Forse
giorno 4: niente. alzato alle 6. Sole che sorge sul mare, passeggiata. Foto conchiglie. Colazione. Studiato mangiato. Passeggiata in pineta, lunga. Blog.
Se non fosse che il sole che sorge sul mare è diverso ogni mattina, non mi accorgerei della differenza fra un giorno e l'altro. Ma basta una nuvoletta in più, una leggera striatura nel cielo, e il colore dell'alba sul mare diventa ogni giorno uno spettacolo nuovo. Ieri era un'alba rosa, tranquilla, delicata. Stamattina un'alba rosso fuoco, potente, invadente. Spettacolare. Aspetto i colori di domani, l'unico segno di un altro giorno che è passato, di un altro giorno che comincia. Roba da mare.
giorno 5: come sopra. Alba tranquilla, pochi colori,solo un rosa tranquillo che sfumava nell'azzurro. Nuvole blu scuro. Foto alle nuvole blu scuro. Considerazione del giorno: quale meccanismo psicologico muove un marocchino a girare in una giornata di sole cocente d'agosto per le spiagge a vendere ombrelli da pioggia? Seconda considerazione del giorno: sono intollerante verso i clienti d'albergo che impegnano l'ascensore per scendere dal primo piano al piano terra, quando tu devi salire al terzo piano.
Numero piadine romagnole mangiate: 0.
Umore: tra il cupo e il rassegnato. Ma rassegnato va già bene.
giorno 6: variazione sul tema. Visita a un paio di musei a ravenna. Belli. Oddio, meglio di una spiaggia affollata. La vita e l'otium nelle case degli antichi romani. Statue, oggetti, decorazioni dei giardini. Impressione: questi romani se la godevano, e non poco. Visita a museo su pavimentazioni a mosaico bizantine, appena scoperte. Impressione di mia mamma: oltre a essere più belli dei nostri, i pavimenti bizantini erano meglio perchè non si doveva nemmeno passarli con lo spazzolone
giorno 7: ultimo giorno. Caldo infernale. Vado a farmi un bagno se no muoio. Solo fin dove tocco. Domani ultima alba, ultime foto, ultime conchiglie. Poi partenza. Chiamo la mia gatta e le dico di aspettarmi. Sarà arrabbiata, lo so già. Mi terrà il muso. Ma la mia gatta ha un bel muso, posso sopportare.
Allora, resoconto brevissimo. Telegrafico, come dicono in televisione. Peccato non esistano più i telegrafi, si parlerebbe molto meno.
giorno 1: piccola congestione. Vomito. Film Gomorra al cinema. Disastro.
giorno 2: niente. dormito. studiato. spiaggia. letto libro. Cena. Passeggiata. Birra.letto.
giorno 3: niente. alzato alle 6. Sole che sorge sul mare, passeggiata con foto. Freddo. poi colazione. Studiato, mangiato, studiato. Spiaggia. Sole. Computer blog, poi cena.
Numero piadine romagnole mangiate: 0
seguono aggiornamenti. Forse
giorno 4: niente. alzato alle 6. Sole che sorge sul mare, passeggiata. Foto conchiglie. Colazione. Studiato mangiato. Passeggiata in pineta, lunga. Blog.
Se non fosse che il sole che sorge sul mare è diverso ogni mattina, non mi accorgerei della differenza fra un giorno e l'altro. Ma basta una nuvoletta in più, una leggera striatura nel cielo, e il colore dell'alba sul mare diventa ogni giorno uno spettacolo nuovo. Ieri era un'alba rosa, tranquilla, delicata. Stamattina un'alba rosso fuoco, potente, invadente. Spettacolare. Aspetto i colori di domani, l'unico segno di un altro giorno che è passato, di un altro giorno che comincia. Roba da mare.
giorno 5: come sopra. Alba tranquilla, pochi colori,solo un rosa tranquillo che sfumava nell'azzurro. Nuvole blu scuro. Foto alle nuvole blu scuro. Considerazione del giorno: quale meccanismo psicologico muove un marocchino a girare in una giornata di sole cocente d'agosto per le spiagge a vendere ombrelli da pioggia? Seconda considerazione del giorno: sono intollerante verso i clienti d'albergo che impegnano l'ascensore per scendere dal primo piano al piano terra, quando tu devi salire al terzo piano.
Numero piadine romagnole mangiate: 0.
Umore: tra il cupo e il rassegnato. Ma rassegnato va già bene.
giorno 6: variazione sul tema. Visita a un paio di musei a ravenna. Belli. Oddio, meglio di una spiaggia affollata. La vita e l'otium nelle case degli antichi romani. Statue, oggetti, decorazioni dei giardini. Impressione: questi romani se la godevano, e non poco. Visita a museo su pavimentazioni a mosaico bizantine, appena scoperte. Impressione di mia mamma: oltre a essere più belli dei nostri, i pavimenti bizantini erano meglio perchè non si doveva nemmeno passarli con lo spazzolone
giorno 7: ultimo giorno. Caldo infernale. Vado a farmi un bagno se no muoio. Solo fin dove tocco. Domani ultima alba, ultime foto, ultime conchiglie. Poi partenza. Chiamo la mia gatta e le dico di aspettarmi. Sarà arrabbiata, lo so già. Mi terrà il muso. Ma la mia gatta ha un bel muso, posso sopportare.
venerdì 22 agosto 2008
ciao
adesso me ne vado al mare. Odio andare al mare, ma ci vado. Spero che la settimana passi in fretta.Finchè sono via il blog non lo aggiorno, perchè quando sono al mare non succede niente di interessante. Il mare è solo tempo che passa. Sapore di sale sapore di mare. Tonno rio mare. Stessa spiaggia stesso mare. Mare mare. Odiare a mare. Pagine a mare.
Spero solo che la mia gatta se la cavi in questa settimana.
Spero solo che la mia gatta se la cavi in questa settimana.
no grazie
che poi a ben guardare la cosa importante è che uno trovi la propria dimensione. Non è necessario essere felici. Siamo onesti, della felicità si può fare a meno, se uno impara il modo.
Ci sono dei pensieri che mi rendono triste, davvero tanto. E allora io non voglio la felicità, se il prezzo della felicità è amplificare il male che fanno le cose tristi, quando io torno a pensarci. Se ci si abitua al pensiero delle cose tristi e si resta fedeli alla propria malinconia, alla lunga tutto quanto fa meno male, e si riesce a fare davvero i conti con quello che non si può dimenticare, con quello cui non si può non pensare.
No?
Non so, mi sembra un modo per sopportare se stessi e per accettare l'idea di non poter avere quello che renderebbe davvero felici. Io non voglio dimenticarmi delle cose che mi mancano, io non voglio non pensarci. Io voglio abituarmi all'idea, trovare la mia dimensione al di dentro, non al di fuori di quello spazio buio che comunque io non smetterei mai di avere davanti. E allora perchè fingere che il buio non ci sia? A cosa serve cercare la felicità, se la felicità non è mai una conquista definitiva, e il momento di crollare prima o poi arriva per tutti?
Le persone che riescono a essere felici, quelle che riescono a dimenticare, a non pensare, a lasciarsi alle spalle, come diavolo fanno? Come si può lasciarsi alle spalle una parte di se stessi?
La tristezza non è poi così brutta, sapete, se vista dal di dentro. Io credo che la tristezza sia il modo più sincero e autentico di essere se stessi. Come tutte le cose, anche la tristezza, se vista dal di fuori, ha un aspetto orribile che non corrisponde alla realtà della tristezza vissuta.
Io resto qui, mi troverò bene. Io non voglio la felicità, io non sono più disposto a pagarne il prezzo, io ho già dato la mia parte.
Io sono un sasso lanciato in un pozzo che sprofonda verso un buio senza fine, e adesso io voglio soltanto abituarmi all'aria che mi soffia attorno e che accompagna la mia caduta
Ci sono dei pensieri che mi rendono triste, davvero tanto. E allora io non voglio la felicità, se il prezzo della felicità è amplificare il male che fanno le cose tristi, quando io torno a pensarci. Se ci si abitua al pensiero delle cose tristi e si resta fedeli alla propria malinconia, alla lunga tutto quanto fa meno male, e si riesce a fare davvero i conti con quello che non si può dimenticare, con quello cui non si può non pensare.
No?
Non so, mi sembra un modo per sopportare se stessi e per accettare l'idea di non poter avere quello che renderebbe davvero felici. Io non voglio dimenticarmi delle cose che mi mancano, io non voglio non pensarci. Io voglio abituarmi all'idea, trovare la mia dimensione al di dentro, non al di fuori di quello spazio buio che comunque io non smetterei mai di avere davanti. E allora perchè fingere che il buio non ci sia? A cosa serve cercare la felicità, se la felicità non è mai una conquista definitiva, e il momento di crollare prima o poi arriva per tutti?
Le persone che riescono a essere felici, quelle che riescono a dimenticare, a non pensare, a lasciarsi alle spalle, come diavolo fanno? Come si può lasciarsi alle spalle una parte di se stessi?
La tristezza non è poi così brutta, sapete, se vista dal di dentro. Io credo che la tristezza sia il modo più sincero e autentico di essere se stessi. Come tutte le cose, anche la tristezza, se vista dal di fuori, ha un aspetto orribile che non corrisponde alla realtà della tristezza vissuta.
Io resto qui, mi troverò bene. Io non voglio la felicità, io non sono più disposto a pagarne il prezzo, io ho già dato la mia parte.
Io sono un sasso lanciato in un pozzo che sprofonda verso un buio senza fine, e adesso io voglio soltanto abituarmi all'aria che mi soffia attorno e che accompagna la mia caduta
giovedì 21 agosto 2008
vuoti a perdere II
Un sasso lanciato in un pozzo che cade nel vuoto, aspettando di scoprire dove sia il fondo. Ma nell'attesa il sasso continua a scendere, in picchiata, e il vuoto è così profondo che quasi non si vede più la luce di sopra, e il pozzo è una voragine che si chiude su se stessa.
Almeno ci fosse dell'acqua là sotto, per attutire la caduta.
Chi ha lanciato il sasso nel pozzo?
Alla lunga, questo infinito cadere nel vuoto è quasi come star fermi. Cadere, ma fermi. Lasciarsi portar giù dal proprio peso. Abbandonarsi. Chiudere gli occhi e sentire l'aria che ti soffia attorno e ti dice che la caduta non è ancora finita.
Almeno ci fosse dell'acqua là sotto, per attutire la caduta.
Chi ha lanciato il sasso nel pozzo?
Alla lunga, questo infinito cadere nel vuoto è quasi come star fermi. Cadere, ma fermi. Lasciarsi portar giù dal proprio peso. Abbandonarsi. Chiudere gli occhi e sentire l'aria che ti soffia attorno e ti dice che la caduta non è ancora finita.
domenica 17 agosto 2008
mercoledì 13 agosto 2008
gente
la gente che ti dice "come va?" anche se non le interessa come stai.
la gente che ti dice "mi dispiace" anche quando non le dispiace.
la gente che ti dice "scusa" anche mentre sta facendo quello per cui si scusa.
la gente che ti dice "buongiorno" anche se non le importa che giornata avrai.
la gente che ti dice "bene" quando sta male.
la gente che ti dice "sì" quando pensa di no (e viceversa).
la gente che ti dice "non lo so" quando lo sa.
La gente non dovrebbe dire tutte le cose che dice. Altrimenti uno finisce con il non crederci più. Si dovrebbe dire qualcosa solo quando si ha qualcosa da dire. Per esempio quando si vuole sapere come sta una persona, quando si è davvero dispiaciuti, quando ci si vuole davvero scusare, quando si vorrebbe che una persona avesse una buona giornata, quando si sta davvero bene, quando si pensa che le cose stanno in un certo modo, quando si sa qualcosa che sarebbe meglio far sapere agli altri.
Altrimenti le parole sono solo suoni senza senso.
la gente che ti dice "mi dispiace" anche quando non le dispiace.
la gente che ti dice "scusa" anche mentre sta facendo quello per cui si scusa.
la gente che ti dice "buongiorno" anche se non le importa che giornata avrai.
la gente che ti dice "bene" quando sta male.
la gente che ti dice "sì" quando pensa di no (e viceversa).
la gente che ti dice "non lo so" quando lo sa.
La gente non dovrebbe dire tutte le cose che dice. Altrimenti uno finisce con il non crederci più. Si dovrebbe dire qualcosa solo quando si ha qualcosa da dire. Per esempio quando si vuole sapere come sta una persona, quando si è davvero dispiaciuti, quando ci si vuole davvero scusare, quando si vorrebbe che una persona avesse una buona giornata, quando si sta davvero bene, quando si pensa che le cose stanno in un certo modo, quando si sa qualcosa che sarebbe meglio far sapere agli altri.
Altrimenti le parole sono solo suoni senza senso.
martedì 12 agosto 2008
strapazzo
E' che si dovrebbe sempre avere il controllo su quello che si prova. Ci sono due persone dentro a ogni persona. Una persona controlla l'altra, mentre l'altra pensa solo a lasciarsi strapazzare di qua e di là dalla vita. E poi c'è un'altra persona ancora, che si mette al di sopra delle altre due e sceglie quando essere la persona che controlla e quando essere la persona che si lascia strapazzare dalla vita. E c'è anche la quarta persona, che è la persona che viene messa a giocare la parte della persona che controlla o la parte della persona strapazzata.
Si può andare avanti fino a inventarsi un esercito di persone dentro a ciascuna persona. Ma non sarà mai abbastanza, quando la vita ti strapazza così tanto che tutte le persone si mettono a giocare la parte della persona strapazzata e non c'è nessuno, assolutamente nessuno, che abbia il controllo. Non conta quello che sai o quello che vuoi o quello che speri. Sei solo una persona in balia della vita.
Si può andare avanti fino a inventarsi un esercito di persone dentro a ciascuna persona. Ma non sarà mai abbastanza, quando la vita ti strapazza così tanto che tutte le persone si mettono a giocare la parte della persona strapazzata e non c'è nessuno, assolutamente nessuno, che abbia il controllo. Non conta quello che sai o quello che vuoi o quello che speri. Sei solo una persona in balia della vita.
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