Ci siamo, finalmente. Oggi è il 18 novembre. Una data importante. Non per me, certo. Anzi, se chiedessero a me di pensare a un giorno qualunque, una data insignificante così a caso, probabilmente direi proprio il 18 novembre. O forse il 14 settembre, non so.
Comunque, dicevo, il 18 novembre è una data importante. Almeno per qualche migliaio, o forse milione di persone. Qualcuno sarà sicuramente nato il 18 novembre, magari non proprio questo, magari un altro 18 novembre, però anche se è un altro, sempre di 18 novembre si tratta. E qualcuno sarà morto, suppongo. Qualcuno si sarà fidanzato il 18 novembre, qualcuno avrà preso la prima insufficienza a scuola. Qualcuno si sarà sposato, qualcuno avrà divorziato, qualcuno avrà dato il primo bacio, qualcuno l’ultimo. Qualcuno il 18 novembre avrà finalmente detto quello che da tanto tempo, magari dal 18 novembre di qualche anno prima, voleva dire. Qualcuno lo avrà addirittura detto proprio alla persona cui intendeva dirlo. Il 18 novembre qualcuno sarà partito, qualcun altro sarà tornato. Magari quello che è tornato è lo stesso che era partito, magari no. Anzi, più probabilmente no. Non si può fare tutto il 18 novembre.
Non so bene perché ho deciso di fare questo discorso proprio il 18 novembre, forse perché non avevo nient’altro da dire. O forse perché non ci avevo mai pensato prima di oggi, 18 novembre 2008. D’altra parte, qualunque altro giorno è importante grosso modo per lo stesso numero di persone, grosso modo per gli stessi motivi. Finché un giorno arriva il giorno che per me è importante, il giorno in cui io sono nato, quello in cui io morirò, e via dicendo. Anche se il giorno della prima insufficienza a scuola non me lo ricordo più.
Una cosa che mi turba un po’, per esempio, è che ogni giorno potrebbe essere la ricorrenza del giorno in cui fra un po’ di anni (ma tanti anni però) io morirò. Anche se forse “ricorrenza” non è la parola giusta per qualcosa che deve ancora succedere, ma d’altra parte la parola giusta non credo esista. E non esiste perché non è che abitualmente ci si pensa su molto al fatto che una certa data, magari quella di oggi o di domani, potrebbe essere esattamente la data in cui un giorno si morirà. Quindi non serve neppure la parola. E però, se invece si prova a pensarci, la data in cui si morirà dovrebbe essere una “ricorrenza” importante, almeno quanto la data in cui si nasce. Forse più della data in cui si nasce, perché di solito la nascita non la si vive, ma la morte sì, la morte la si vive. Credo. Nel senso che grosso modo uno lo sa quando sta morendo, se ha abbastanza tempo per raccogliere le idee. Credo. E quando si fa il resoconto di tutta una vita, di quali momenti hanno segnato le tappe cruciali, beh, più cruciale della morte non mi viene in mente niente, se si considera quali cambiamenti di abitudini e di stile di vita la morte comporta. Certo, anche la nascita è un cambiamento abbastanza importante, non dico di no. Ma di solito quando uno nasce è troppo impegnato a piangere più di un neonato per rendersi conto di cosa stia succedendo.
E allora perché non dovrebbe essere importante la “ricorrenza” della data in cui si morirà? Forse perché prima che si muore non la si conosce, e dopo che si muore diventa problematico comprare i pasticcini o una birra per festeggiare. Sì, suppongo che sia per via di questi problemi pratici che la “ricorrenza” non è poi così importante. Il giorno in cui si morirà può tranquillamente essere un giorno insignificante come questo 18 novembre, non vale la pena spenderci sopra troppi pensieri. Anzi, per togliermi il pensiero d’ora in avanti tengo il 18 novembre come mia “ricorrenza”, per quello che vale. Sì, mi sembra una data abbastanza insignificante. Un 18 novembre di un anno qualsiasi. Non questo, però, ho già preso impegni e la mia giornata è già abbastanza piena. Poi si tratterebbe di un cambiamento troppo radicale per me, e in questo periodo non sono troppo in vena di cambiamenti, proprio adesso che sto iniziato ad abituarmi all’idea di essere nato.
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