venerdì 21 novembre 2008

conti

Un gioco interessante che si potrebbe fare per tirare sera è provare a contare i pensieri che vengono in mente in una giornata. Chi ne ha di piu’ vince. Ma si potrebbe fare anche che chi ne ha di meno vince, visto che non e’ poi cosi’ facile non avere pensieri. Io non ho idea di quanti possano essere, comunque chi vuole giocare si ricordi alla fine di aggiungere 1 al numero di pensieri, visto che bisogna contare anche il pensiero riguardante il numero di pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 2, perché bisogna contare anche il pensiero riguardante l’idea di contare i pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 3, perché bisogna ricordarsi anche del pensiero riguardante il fatto di ricordarsi di aggiungere 1 al numero di pensieri. In effetti, il gioco è un po’ problematico perché uno rischia di andare avanti all’infinito, e nel frattempo magari la giornata finisce e il gioco non ha più senso. Se uno ha in mente di andare avanti all’infinito è una fregatura il fatto che le giornate finiscono.
Comunque mi sembra ovvio che l’idea di contare i pensieri non abbia senso, non so come si possa suggerire un gioco così idiota. Non è che esistano “i pensieri”. Cioè, esistono in un certo senso, perché penso che quello seduto di fronte a me ha dei calzini orrendi e poi penso che un giorno di questi dovrò pur farmi la barba, e si tratta evidentemente di 2 pensieri. Il problema è che i pensieri non sono una cosa che a un certo punto finisce e a un certo punto comincia, come se fossero due fotografie o due scene di un film. Sono tutti collegati, anzi, mescolati uno con l’altro, non è che puoi distinguere uno dall’altro. C’è questa roba che tutta insieme si chiama “il pensiero”, in generale, e a volte ci si concentra su una parte e a volte sull’altra, ma una parte fa parte dell’altra e l’altra fa parte di una parte. Sì, mi sembra abbastanza chiaro. Cioè, quei calzini e la mia barba sono collegati, e magari non si può passare dall’uno all’altro senza attraversare altre mille zone del pensiero.
Quindi no, non si possono contare i pensieri. Non esistono i pensieri. Esiste un gran casino dentro la testa, e basta, e ogni tanto si riesce a dare un po’ di ordine e di senso a una minima parte del casino e questa minima parte minimamente ordinata e sensata la chiamiamo “un pensiero” per provare a distinguerla dal casino circostante. Sì, ho idea che sia così. Cioè, non è proprio che “ho idea”, perché in realtà non è che esista “l’idea”. L’idea alla fine è un pensiero, e se non esiste “un pensiero” non esiste neppure “un’idea”. Ma comunque, volevo dire, penso proprio che sia così. Cioè , non è proprio che “lo” penso, perché non è che si possa “pensare a qualcosa” , come se tutto il resto non ci fosse. Ma comunque, intendevo, sono convinto che sia così. Cioè, convinto, non è che sia proprio “convinto”, perché essere convinto è un pensiero. Anzi, no, forse essere convinto non è un pensiero. Forse ci sono, ce l’ho fatta a fermarmi. Sì, sono convinto, e anche se non lo sono mi conviene convincermi o questo discorso senza senso potrebbe anche non finire più.

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