che poi a ben guardare la cosa importante è che uno trovi la propria dimensione. Non è necessario essere felici. Siamo onesti, della felicità si può fare a meno, se uno impara il modo.
Ci sono dei pensieri che mi rendono triste, davvero tanto. E allora io non voglio la felicità, se il prezzo della felicità è amplificare il male che fanno le cose tristi, quando io torno a pensarci. Se ci si abitua al pensiero delle cose tristi e si resta fedeli alla propria malinconia, alla lunga tutto quanto fa meno male, e si riesce a fare davvero i conti con quello che non si può dimenticare, con quello cui non si può non pensare.
No?
Non so, mi sembra un modo per sopportare se stessi e per accettare l'idea di non poter avere quello che renderebbe davvero felici. Io non voglio dimenticarmi delle cose che mi mancano, io non voglio non pensarci. Io voglio abituarmi all'idea, trovare la mia dimensione al di dentro, non al di fuori di quello spazio buio che comunque io non smetterei mai di avere davanti. E allora perchè fingere che il buio non ci sia? A cosa serve cercare la felicità, se la felicità non è mai una conquista definitiva, e il momento di crollare prima o poi arriva per tutti?
Le persone che riescono a essere felici, quelle che riescono a dimenticare, a non pensare, a lasciarsi alle spalle, come diavolo fanno? Come si può lasciarsi alle spalle una parte di se stessi?
La tristezza non è poi così brutta, sapete, se vista dal di dentro. Io credo che la tristezza sia il modo più sincero e autentico di essere se stessi. Come tutte le cose, anche la tristezza, se vista dal di fuori, ha un aspetto orribile che non corrisponde alla realtà della tristezza vissuta.
Io resto qui, mi troverò bene. Io non voglio la felicità, io non sono più disposto a pagarne il prezzo, io ho già dato la mia parte.
Io sono un sasso lanciato in un pozzo che sprofonda verso un buio senza fine, e adesso io voglio soltanto abituarmi all'aria che mi soffia attorno e che accompagna la mia caduta
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