Il camaleonte è di certo l'animale più camaleontico che ci sia. Pare addirittura che il nome "camaleonte" derivi dal suo essere così camaleontico, anche se gli esperti stanno ancora dibattendo la questione. Per paura di essere se stesso, il camaleonte cambia colore per assomigliare il più possibile a ciò che lo circonda. E' come se ogni volta "lui" sparisse, lo scopo della sua vita è passare inosservato. Il camaleonte non è mai "qualcuno", è sempre un pezzo del mondo circostante. Per esempio, tanto per dirne una, è difficile (impossibile?) dire quale sia il vero, originale colore di un camaleonte. Ci vuole qualcosa attorno per dare un senso alla vita del camaleonte.
Un giorno un camaleonte si ritrovò in un luogo senza colori. Era tutto normalissimo per il resto, c'erano degli alberi, un prato, un fiumiciattolo, solo che niente era colorato. E' facile capire che in un posto del genere il camaleonte, se mai avesse una identità sua, come minimo andrebbe in crisi di identità. Sfortunatamente, il camaleonte è talmente privo di identità che non gli è concesso neppure il lusso di avere una crisi, una piccola scossa, qualcosa che gli dia la percezione di se stesso come individuo.
Il camaleonte rimase qualche istante a fissare il panorama, cercando di darsi una spiegazione per ciò che gli stava davanti. In effetti, non solo non aveva una spiegazione, ma nemmeno sapeva come avrebbe potuto raccontare una cosa del genere. Un posto senza colori è difficile da immaginare, figurarsi da descrivere. Uno potrebbe provare a pensare all'acqua, per esempio. L'acqua è incolore, lo sanno tutti. Eppure qui non si trattava della stessa cosa. Per l'acqua esiste una parola, "trasparente", e c'è una spiegazione per la mancanza di colore. Purtroppo per il camaleonte, però, questo posto non era per niente trasparente. "Trasparente" sarebbe già stato un buon punto di riferimento, perchè il camaleonte avrebbe semplicemente dovuto provare a diventare trasparente (che poi ci sarebbe riuscito è un'altra storia). Ma qui gli alberi non erano trasparenti, non ci si poteva guardare attraverso. E così per l'erba e addirittura per l'acqua del fiumiciattolo. Se non vi siete mai trovati davanti a un posto senza colori, allora non potete capire. Figuratevi che non capisco neppure io che lo sto scrivendo. Bisogna immaginare un albero, con il tronco, i rami e le foglie e tutto quanto. Naturalmente lo si immagina con una certa forma e un certo colore. Marrone e verde, diciamo. Adesso bisogna pensare allo stesso albero, però senza colore. E' come se si dovesse togliere uno strato. Ecco, vedete, non ne siamo capaci. Non si può. Al limite ce lo immaginiamo tutto bianco, come negli album da colorare prima che vengano colorati. Ma anche il bianco è già un colore, quindi bisogna escluderlo. Impossibile.
Sì, impossibile, eppure il camaleonte c'era davanti. Provando a chiudere gli occhi, il camaleonte non riusciva a tenere nella mente il quadro di ciò che aveva appena visto. Dietro le sue palpebre chiuse (vabbè, non so se i camaleonti abbiano palpebre), la scena gli compariva immediatamente tutta colorata, o al più tutta bianca. Ma appena gli occhi tornavano a spalancarsi e a scrutare attorno, eccolo di nuovo lì, l'inconcepibile mondo senza colori. Cosa fare? O meglio, per un camaleonte, cosa essere? Di quale colore travestirsi? Cosa rimaneva del camaleonte, una volta toltigli i colori? Il camaleonte si rese ben presto conto che la situazione per lui era impossibile non solo da concepire, ma soprattutto da "vivere". Quello era un limite che il camaleonte non si era mai trovato a dover considerare. E' come se una parte di sè fosse scomparsa insieme ai colori del mondo. O peggio, è come se il camaleonte stesso fosse scomparso insieme ai colori del mondo. Eppure qualcosa lì, nel posto del camaleonte, doveva pur esserci. Il camaleonte doveva pur decidersi a prendere un qualche colore, la sua stessa esistenza glielo imponeva. Per quanto privo di identità, il camaleonte non poteva dire di non esistere affatto. Sì, ma quale colore, e perchè? Per la prima volta in vita sua, un camaleonte si trovò faccia a faccia al problema di dovere decidere da solo cosa, o chi, essere, senza che fosse il mondo attorno a gettargli addosso un'identità.
E con questo si chiude la prima parte della storia. Avrete notato che, per essere una storia, finora non si è raccontato praticamente niente. C' è solo un camaleonte che se ne sta fermo davanti a un mondo senza colori. Purtroppo però è mezzogiorno ed è domenica, e il narratore deve andare a mangiare. Oltretutto, il narratore non ha molta voglia di mettersi a continuare la storia di domenica pomeriggio, quindi ha pensato bene di chiudere qui la prima parte e di rimandare a tempi futuri il racconto della seconda parte. Il narratore non sa neppure quante parti ha questa storia, perchè non sa quanta voglia avrà di continuare a scriverla in futuro, e quindi può darsi che ci saranno delle parti con una riga soltanto. A dirla tutta, il narratore non sa neppure come e quando la storia finirà. Per esempio, non ha ancora pensato a un buon motivo per cui il camaleonte blu sia triste, nè per cui il camaleonte sia blu. Ma gli piaceva così tanto il titolo che sicuramente un buon motivo lo troverà, nel prosieguo del racconto.
Quindi non rimane che aspettare la seconda parte, pur non avendo la minima idea di quando sarà scritta. Anche il narratore aspetta con impazienza
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Archivio blog
-
▼
2008
(176)
-
▼
luglio
(19)
- nemico sole
- panorama
- la storia triste del camaleonte blu- seconda parte
- bruce springsteen, independence day
- lunadigiorno
- ci siamo
- nonne
- la storia triste del camaleonte blu-parte prima
- salti
- amore e no
- consigli per il prossimo 8per1000
- base
- notte
- arroganza
- rifiuti solidi
- stronzio
- un camaleonte blu
- villeggiatura
- sincerità
-
▼
luglio
(19)
Nessun commento:
Posta un commento