sabato 29 novembre 2008

degutazione

ho passato una giornata a visitare birra e degustare londra. Volevo dire, a degustare birra e visitare Londra. Pero' in effetti ho anche visitato la birra, nel senso del birrificio. E ho anche degustato Londra, nel senso di Londra di sera con le luci e il Big Ben illuminato, St. Paul illuminata, gli alberi sul Tamigi illuminati. Ma, a dire la verita', piu' che altro ieri ho degustato birra. Chiara, Scura, Rossa, Ambrata. Ma di piu' Ambrata e Scura. Gli inglesi chiamano "degustazione" un assaggio da due pinte e mezzo. Vogliono essere sicuri che non ti perdi niente del sapore della birra, e allora piuttosto che rischiare ti riempiono un altro bicchiere. L'ideale sarebbe non degustare senza prima aver mangiato, ma gli inglesi a certe sottigliezze non fanno caso.
Oggi e' la giornata piu' grigia da quando sono qui. Non si vede il cielo, c'e' un soffitto grigio all'aria aperta che non fa passare nemmeno uno spiraglio di luce. Grigio tutto uguale, neanche una nuvoletta un po' piu' scura o una sfumatura un po' piu' chiara. Non so cosa io abbia fatto di male al tempo per meritarmi questo grigio.Ma forse non e' arrabiato con me, ce l'ha con qualcun altro. Solo che quando il cielo si arrabbia ci andiamo di mezzo tutti. O forse non e' arrabbiato per niente, e' solo che oggi gli andava di vestirsi di grigio. Magari e' solo un po' triste o depresso. Ehi, ma cosa fa adesso, si mette a piangere? cosi' senza motivo? Perche' il tempo inglese continua a piangere? Non puo' andare a farsi una birra come tutti i normali inglesi? o se proprio non gli va, almeno che pianga lacrime di birra, cosi' ho un motivo per girare senza ombrello

mercoledì 26 novembre 2008

isole

Scopro con immenso piacere che Vladimir Luxuria ha vinto l’isola dei famosi. Sette milioni e mezzo di italiani l’altra sera a seguire la finalissima, milioni di voti a favore di Luxuria. È un grande risultato, dicono, una vittoria simbolica, la riscossa degli omosessuali e dei comunisti. Il primo passo verso una rivoluzione culturale in Italia. In america hanno Obama, noi abbiamo Luxuria.
Gesù santissimo, perché non fai qualcosa? Chi sono, io vorrei sapere chi sono questi sette milioni e mezzo di italiani. Sette milioni e mezzo, non qualche migliaio. Sette milioni e mezzo di italiani davanti alla televisione a guardare l’isola dei famosi, Luxuria e la Ventura. Sette milioni e mezzo. Chi sono? Io li vorrei conoscere uno per uno. Vedere che faccia hanno, che vita fanno, per che partito votano, in che modo la mia vita è influenzata da questi sette milioni e mezzo di persone. E se c’è un modo per liberarsene
Possibile che nessuno abbia mai pensato di bombardare l’isola dei famosi con tutti i famosi sopra? E di chi è questa isola? È territorio italiano? È proprietà privata di qualcuno? È di uno stato straniero? Si può dichiararle guerra?

lunedì 24 novembre 2008

novembre memorabile

Ultima settimana di novembre. Erano mesi che non vedevo un novembre così pieno di cose. Un po’ di neve, un po’ di pioggia, un po’ di sole. Un po’ di giorno e un po’ di notte. Un po’ di freddo e ancora un po’ di freddo. Un po’ di fuochi d’artificio e un po’ di luci di Natale. Un po’ di gente, un po’ di nessuno. Un po’ di tutto e un po’ di niente. Un po’ di niente dentro alla gente e un po’ di tutto anche in mezzo a nessuno.
Tra stare in mezzo alla gente e stare in mezzo a nessuno non c’è molta differenza, dato che “la gente” non è nessuno in particolare. Tra nessuno e la gente, comunque, io preferisco nessuno. Tra le gente e le persone, invece, preferisco le persone. Tra nessuno e le persone non saprei, forse dipende dai momenti. Però faccio fatica a farmi venire i momenti giusti al momento giusto. Di norma voglio le persone quando non c’è nessuno e non voglio nessuno quando ci sono delle persone. Non è così grave, l’importante è che non ci sia la gente. Per non parlare poi della “gentaglia”, che è peggio della gente perché la lama è più affilata.
Per tornare in argomento, ci sono delle cose di questo novembre che vorrei portare con me dentro a dicembre. Delle cose che vorrei tenere sempre nella mia memoria. Se solo mi ricordassi di cosa si tratta, sono sicuro che non me le dimenticherei. Però in una settimana c’è ancora tempo per far succedere qualcosa di memorabile. Si può cambiare la vita in una settimana, cosa credete? Io una volta ho cambiato vita, anche se allora ci avevo messo una ventina d’anni. Però per cambiamenti un po’ meno radicali una settimana può anche bastare. Potrei cambiare soltanto il mio modo di vestire, per esempio. Sarebbe già qualcosa di significativo. Per esempio, in questa fine di novembre potrei iniziare a mettere due calzini su un piede solo, anziché uno per parte. Cosi' ogni mattina della mia vita, quando mi infilero' il mio calzino sopra l'altro, mi ricordero' di questo novembre 2008
Per tornare in argomento, la fine di novembre di solito coincide con l’inizio di un nuovo mese, che anche per quest’anno, dicono le previsioni, sarà dicembre. Sì, è vero, le previsioni non ci prendono mai, ma su questa sono abbastanza sicuro perché ho ascoltato le previsioni svizzere. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, c’è ancora parecchia strada prima di dicembre. Anche se l’idea di mettere il carro davanti ai buoi non è così assurda, soprattutto se si vuole andare in retromarcia. Ma quest’ultima cosa c’entra assai poco con novembre.
Siccome sono andato parecchie volte fuori tema, novembrizzo questo post con le parole da novembre che avrei dovuto usare invece di parlare di gente e di buoi: foglie, alberi, gialle, dagli, morte, cadono, piove, grigio, mentre, cielo, dal.
Sta, le, alberi, come, sugli, foglie, autunno, si, d’.
A, giorni, novembre, trenta.
Dicembre, tra, ottobre, e.
Siamo, credere, già, novembre, posso, che, non, a

sabato 22 novembre 2008

pythons

Si', insomma, va bene l'umorismo sull'umorismo inglese. Ma se uno prima non vede i Monty Pythons non puo' sapere cosa sia l'umorismo inglese.
Ora,secondo me una cosa fa davvero ridere quando ti fa ridere anche se la guardi da solo e non hai nessun altro con cui ridere. Ecco, i Monty Pythons, appunto.
Tanto per dirne una, questo e' il discorso che i membri dei Monty Pythons hanno fatto al funerale (vero) di Graham Chapman, il Monty Python morto negli anni Ottanta. La canzone e' la sigla finale di "Brian di Nazareth", forse il loro film demenziale piu' famoso. L'hanno cantata al funerale, non ci posso credere. Dio benedica gli inglesi

http://uk.youtube.com/watch?v=jU19euwEe3k

venerdì 21 novembre 2008

conti

Un gioco interessante che si potrebbe fare per tirare sera è provare a contare i pensieri che vengono in mente in una giornata. Chi ne ha di piu’ vince. Ma si potrebbe fare anche che chi ne ha di meno vince, visto che non e’ poi cosi’ facile non avere pensieri. Io non ho idea di quanti possano essere, comunque chi vuole giocare si ricordi alla fine di aggiungere 1 al numero di pensieri, visto che bisogna contare anche il pensiero riguardante il numero di pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 2, perché bisogna contare anche il pensiero riguardante l’idea di contare i pensieri. Anzi, bisogna aggiungere 3, perché bisogna ricordarsi anche del pensiero riguardante il fatto di ricordarsi di aggiungere 1 al numero di pensieri. In effetti, il gioco è un po’ problematico perché uno rischia di andare avanti all’infinito, e nel frattempo magari la giornata finisce e il gioco non ha più senso. Se uno ha in mente di andare avanti all’infinito è una fregatura il fatto che le giornate finiscono.
Comunque mi sembra ovvio che l’idea di contare i pensieri non abbia senso, non so come si possa suggerire un gioco così idiota. Non è che esistano “i pensieri”. Cioè, esistono in un certo senso, perché penso che quello seduto di fronte a me ha dei calzini orrendi e poi penso che un giorno di questi dovrò pur farmi la barba, e si tratta evidentemente di 2 pensieri. Il problema è che i pensieri non sono una cosa che a un certo punto finisce e a un certo punto comincia, come se fossero due fotografie o due scene di un film. Sono tutti collegati, anzi, mescolati uno con l’altro, non è che puoi distinguere uno dall’altro. C’è questa roba che tutta insieme si chiama “il pensiero”, in generale, e a volte ci si concentra su una parte e a volte sull’altra, ma una parte fa parte dell’altra e l’altra fa parte di una parte. Sì, mi sembra abbastanza chiaro. Cioè, quei calzini e la mia barba sono collegati, e magari non si può passare dall’uno all’altro senza attraversare altre mille zone del pensiero.
Quindi no, non si possono contare i pensieri. Non esistono i pensieri. Esiste un gran casino dentro la testa, e basta, e ogni tanto si riesce a dare un po’ di ordine e di senso a una minima parte del casino e questa minima parte minimamente ordinata e sensata la chiamiamo “un pensiero” per provare a distinguerla dal casino circostante. Sì, ho idea che sia così. Cioè, non è proprio che “ho idea”, perché in realtà non è che esista “l’idea”. L’idea alla fine è un pensiero, e se non esiste “un pensiero” non esiste neppure “un’idea”. Ma comunque, volevo dire, penso proprio che sia così. Cioè , non è proprio che “lo” penso, perché non è che si possa “pensare a qualcosa” , come se tutto il resto non ci fosse. Ma comunque, intendevo, sono convinto che sia così. Cioè, convinto, non è che sia proprio “convinto”, perché essere convinto è un pensiero. Anzi, no, forse essere convinto non è un pensiero. Forse ci sono, ce l’ho fatta a fermarmi. Sì, sono convinto, e anche se non lo sono mi conviene convincermi o questo discorso senza senso potrebbe anche non finire più.

martedì 18 novembre 2008

ricorrere

Ci siamo, finalmente. Oggi è il 18 novembre. Una data importante. Non per me, certo. Anzi, se chiedessero a me di pensare a un giorno qualunque, una data insignificante così a caso, probabilmente direi proprio il 18 novembre. O forse il 14 settembre, non so.
Comunque, dicevo, il 18 novembre è una data importante. Almeno per qualche migliaio, o forse milione di persone. Qualcuno sarà sicuramente nato il 18 novembre, magari non proprio questo, magari un altro 18 novembre, però anche se è un altro, sempre di 18 novembre si tratta. E qualcuno sarà morto, suppongo. Qualcuno si sarà fidanzato il 18 novembre, qualcuno avrà preso la prima insufficienza a scuola. Qualcuno si sarà sposato, qualcuno avrà divorziato, qualcuno avrà dato il primo bacio, qualcuno l’ultimo. Qualcuno il 18 novembre avrà finalmente detto quello che da tanto tempo, magari dal 18 novembre di qualche anno prima, voleva dire. Qualcuno lo avrà addirittura detto proprio alla persona cui intendeva dirlo. Il 18 novembre qualcuno sarà partito, qualcun altro sarà tornato. Magari quello che è tornato è lo stesso che era partito, magari no. Anzi, più probabilmente no. Non si può fare tutto il 18 novembre.
Non so bene perché ho deciso di fare questo discorso proprio il 18 novembre, forse perché non avevo nient’altro da dire. O forse perché non ci avevo mai pensato prima di oggi, 18 novembre 2008. D’altra parte, qualunque altro giorno è importante grosso modo per lo stesso numero di persone, grosso modo per gli stessi motivi. Finché un giorno arriva il giorno che per me è importante, il giorno in cui io sono nato, quello in cui io morirò, e via dicendo. Anche se il giorno della prima insufficienza a scuola non me lo ricordo più.
Una cosa che mi turba un po’, per esempio, è che ogni giorno potrebbe essere la ricorrenza del giorno in cui fra un po’ di anni (ma tanti anni però) io morirò. Anche se forse “ricorrenza” non è la parola giusta per qualcosa che deve ancora succedere, ma d’altra parte la parola giusta non credo esista. E non esiste perché non è che abitualmente ci si pensa su molto al fatto che una certa data, magari quella di oggi o di domani, potrebbe essere esattamente la data in cui un giorno si morirà. Quindi non serve neppure la parola. E però, se invece si prova a pensarci, la data in cui si morirà dovrebbe essere una “ricorrenza” importante, almeno quanto la data in cui si nasce. Forse più della data in cui si nasce, perché di solito la nascita non la si vive, ma la morte sì, la morte la si vive. Credo. Nel senso che grosso modo uno lo sa quando sta morendo, se ha abbastanza tempo per raccogliere le idee. Credo. E quando si fa il resoconto di tutta una vita, di quali momenti hanno segnato le tappe cruciali, beh, più cruciale della morte non mi viene in mente niente, se si considera quali cambiamenti di abitudini e di stile di vita la morte comporta. Certo, anche la nascita è un cambiamento abbastanza importante, non dico di no. Ma di solito quando uno nasce è troppo impegnato a piangere più di un neonato per rendersi conto di cosa stia succedendo.
E allora perché non dovrebbe essere importante la “ricorrenza” della data in cui si morirà? Forse perché prima che si muore non la si conosce, e dopo che si muore diventa problematico comprare i pasticcini o una birra per festeggiare. Sì, suppongo che sia per via di questi problemi pratici che la “ricorrenza” non è poi così importante. Il giorno in cui si morirà può tranquillamente essere un giorno insignificante come questo 18 novembre, non vale la pena spenderci sopra troppi pensieri. Anzi, per togliermi il pensiero d’ora in avanti tengo il 18 novembre come mia “ricorrenza”, per quello che vale. Sì, mi sembra una data abbastanza insignificante. Un 18 novembre di un anno qualsiasi. Non questo, però, ho già preso impegni e la mia giornata è già abbastanza piena. Poi si tratterebbe di un cambiamento troppo radicale per me, e in questo periodo non sono troppo in vena di cambiamenti, proprio adesso che sto iniziato ad abituarmi all’idea di essere nato.

sabato 15 novembre 2008

santo subito

Dunque oggi e' il mio onomastico. C'era uno che si chiamava come me e l'hanno fatto santo. Pensampo'. Non deve essere stato uno stinco di santo, se l'hanno fatto santo. Perlopiu' i santi sono diventati santi perche' hanno sponsorizzato Dio o fatto miracoli. Abracadabra. Alcuni li mettono in galera per truffa, altri li fanno santi.
Comunque, e' anche colpa dei santi se oggi siamo infestati dai cattolici. Se io fossi Dio, i santi non li farei entrare in paradiso, anche se sono raccomandati dal papa. Neppure il santo con il mio nome, ci mancherebbe, non faccio favoritismi. Anche se e' vero che, nel caso io fossi Dio, il santo con il mio nome non avrebbe piu' il mio nome, perche' io mi chiamerei Dio.
Morale della storia. L'onomastico e' una ricorrenza troppo cattolica per i miei gusti, io l'abolirei. Solo che per abolire l'onomastico bisgna abolire tutti i santi del calendario. Solo che per abolire tutti i santi del calendario bisogna abolire i santi in quanto "santi". Solo che per abolire i santi bisogna abolire la chiesa cattolica. Come si fa ad abolirla? Quello che abolira' la chiesa cattolica io lo farei santo.

mercoledì 12 novembre 2008

chester

Niente da fare, il mio rapporto con Chester non migliora. Credo che lui sospetti qualcosa circa la mia preferenza per i gatti, anche se io non ne ho mai fatto parola in casa. Non siamo entrati granchè in confidenza lui e io, giusto qualche grattatina all’orecchio ogni tanto. Ma sono sempre io che gratto la sua.
Credo che fondamentalmente il grande difetto di Chester sia quello di essere brutto. Il che è uno dei peggiori difetti se sei un cane, visto che non puoi compensare con un discorso intelligente o una battuta spiritosa. Se un animale è di bella presenza, invece, hai già un buon motivo per dargli un qualche valore. Come la mia gatta per esempio, che essendo la gatta più bella del mondo non ha bisogno di nient’altro per essere stimata da tutti quelli che la conoscono. Sotto questo aspetto Chester è davvero senza speranza.
Un altro difetto di Chester è che è fastidioso. Gironzola sempre intorno al tavolo durante la cena, vuole essere coccolato, vuole da mangiare, bisogna sempre farlo sentire importante. E poi vuole che il suo padrone lo porti fuori a fare la pipì subito dopo mangiato. Non può andare in giardino a farla, no, lui pretende la passeggiata per strada. E poi è rumoroso, tremendamente rumoroso. Quando scende le scale sembra che ci sia un esercito che rotola giù. Gli animali che vivono in casa dovrebbero essere più discreti, un po’ più autonomi, e muoversi con un po’ più di eleganza. Come la mia gatta per esempio, che gira sempre con passo felpato e non disturba nessuno quando sale o scende le scale o quando si raggomitola sul divano.
E poi Chester è ruffiano, sempre lì a scodinzolare dietro a chiunque gli dia un pezzetto di cioccolato o una grattatina all’orecchia. Suvvia, un po’ di dignità! Un animale non dovrebbe mai ridursi a tanto. Non sei capace di mantenere un minimo di autocontrollo e prendere quello che ti viene dato senza fare troppe cerimonie? Prendi la mia gatta per esempio. Lei non perde tempo neppure a ringraziarti, ma ti fa capire che quello che le dai è semplicemente dovuto. È lei che decide se tu puoi o non puoi darle da mangiare, se tu puoi o non puoi grattarle l’orecchio. E ti fa quasi sentire come se fossi tu a dover ringraziare lei.
Immagino che se la mia gatta conoscesse Chester si farebbe della grasse risate, o forse un pochino lo compatirebbe…

lunedì 10 novembre 2008

meno tre

Ho un problema con il tempo. Il mio tempo qui. Vorrei capire cosa mi aspetto da queste tre settimane e mezzo che mi rimangono. Vorrei capire se spero che passino in fretta o che siano lente come quando uno dice “c’è tempo”. O meglio, vorrei sapere se a casa c’è ad aspettarmi qualcosa per cui essere contento di tornare o qualcosa per cui volere restare lontano. Ma è bello vedere quanto poco contino tutti questi miei problemi. Quanto il tempo che passa sia indifferente al modo in cui io lo guardo passare. Alleggerisce i pensieri il fatto di poter pensare senza nessuna responsabilità. Tre settimane e mezzo passeranno con il loro solito ritmo, quello che io spero e quello che io penso sono senza conseguenze. Non sarà colpa mia se un giorno dovrò tornare a casa, non sarà perché io ho sperato che quel giorno arrivasse in fretta, né perché io ho sperato che quel giorno non arrivasse mai.
Quando sarò a casa mi troverò di nuovo alle prese con quella sensazione strana che nell’ultimo anno mi ha perseguitato ogni volta che tornavo in un posto. La solita sensazione di non essere mai partito. Quella che avevo avuto tornando a casa dopo sei mesi via, quella che avevo avuto tornando qui dopo sei mesi a casa. E adesso due mesi mi sembreranno davvero un soffio, di quelli che passano via veloci e insignificanti e che non bastano a interrompere i fili che tengono insieme il momento in cui si parte e quello in cui si torna.

sabato 8 novembre 2008

dissentire

Ovunque vai, trovi gente che dissente. Uno non fa in tempo a dire una cosa, che subito c'e' qualcuno pronto a dissentire. Se senti uno che dice la sua in televisione, subito dopo arriva quello che dissente. Se leggi un libro, stai sicuro che qualcuno ha scritto almeno un altro libro per dissentire da quello che tu stai leggendo. Anzi, uno un libro non lo scrive neppure, se non e' per dissentire da qualcuno. Persino se tu provi a dire la cosa piu' ovvia e inconfutabile, non aspettarti che non ci sia qualcuno che arriva e dissente. Tu credi che 2+2 faccia 4, ma invece no, nemmeno sui numeri si puo' piu' stare tranquilli, perche' quello che dissente e' gia' arrivato prima di te. Di' una frase di senso compiuto, una qualunque, e in quello stesso momento tu stai dissentendo da qualcun altro. Apri la bocca, fiata, fai solo un gesto con la mano, lascia che un brandello di idea qualunque ti passi per la testa, e ci scommetto il mio portafogli vuoto che da qualche parte riuscirai a trovare uno che dissente con te. Quello che dissente se non dissente non e' contento. Qualche volta c'e' persino chi lo fa di mestiere. Cosa fai nella vita? Dissento. No, intendo che mestiere fai? Dissento. Ma come si fa a dissentire da una domanda? Non dissento dalla domanda, dissento di mestiere.
Sapete cosa vi dico? A me tutta questa dissenteria ha stufato.

giovedì 6 novembre 2008

cambiamenti

Non e' mica detto che se qualcosa cambia allora anche tutto il resto debba cambiare. Dove sta scritto? E chi lo ha detto? A chi sto rispondendo? Di cosa sto parlando? Non lo so, ma mi sembrava il caso di dirlo. Forse perche' c'e' sempre qualcosa che cambia, a volte qualcosa di importante e a volte no. E quello che cambia di solito si porta dietro altri cambiamenti, a volte importanti e a volte no. Non c'e' mai "un" cambiamento e basta, e' ovvio. La nostra vita non e' mica fatti a scompartimenti.
Per esempio, se oggi bevo una tazza di te' in piu' di ieri, il cambiamento non e' solo che ho bevuto una tazza di te' in piu'. Probabilmente faro' anche pipi' una volta di piu', con tutto quello che a sua volta ne consegue. Anche se penso che le conseguenze del fare pipi' una volta in piu' non siano molto importanti.
Comunque sia, anche se qualcosa cambia e di conseguenza molte cose cambiano, dicevo, non e' mica detto che tutto il resto debba cambiare. Dipende da quanto tutto il resto e' radicato nella vita di una persona. Alcune cose sono cosi' leggere e superficiali che volano via insieme al primo cambiamento. Basta solo una piccola scossa in una zona marginale della vita e puff, le cose superficiali vengono soffiate via. Altre cose invece hanno radici cosi' forti che se anche una persona dovesse cambiare completamente la propria vita, le proprie abitudini, le persone che ha intorno, il colore dei calzini, quelle cose rimarrebbero lo stesso ben ferme al loro posto. Dove ora sono, dove sono sempre state e dove saranno.
Questo discorso e' meta' serio e meta' no. Anzi, per tre quarti serio e per un quarto no, perche' in fin dei conti un po' di serieta' c'era anche nell'esempio della pipi'.
Quante volte una persona fa la pipi' in un giorno, per esempio, fa parte di quelle cose superficiali che il minimo cambiamento di abitudine spazza via.
Quante volte una persona e' disposta ad abbracciare un'altra persona, invece, e' una cosa che in certi casi potrebbe non cambiare mai, per nessun motivo.

martedì 4 novembre 2008

riforme

Sono leggermente preoccupato per la mia università. Intendo proprio l’università in senso fisico, i muri, i mattoni, le biblioteche. Insomma, l’università. Non sono sicuro che la troverò ancora quando torno. C’è questa riforma, dicono. Di solito a me piacciono le riforme, soprattutto dove c’è tanto da riformare. Come in università. Troppi vecchi, troppi raccomandati, troppa burocrazia. Tutto da riformare. Meno vecchi, meno raccomandati, meno burocrazia. Giusto. Ma come si fa?
Per eliminare un po’ di vecchi, bisognerebbe assumere un po’ di giovani. Non basta mandare via i vecchi, bisogna fare dei concorsi per sostituire i vecchi che se ne vanno con i giovani.
Per eliminare i raccomandati, bisogna fare i concorsi con dei criteri diversi, un po’ più limpidi. Non basta eliminare i concorsi truccati. È la parola “truccati”, non la parola “concorsi” che è fuori posto.
Per eliminare la burocrazia, bisogna introdurre delle procedure un po’ più snelle. Non basta lasciare a casa il personale. Bisogna cambiare i meccanismi.
Ora, una “riforma” potrebbe fare tutte queste cose. Se fosse una “riforma”.
Solo che quando si tagliano i fondi in modo che ci sia un nuovo assunto per ogni 10che se ne vanno in pensione, e in modo che non ci siano più fondi da stanziare per fare nuovi concorsi e assumere nuovi giovani, e in modo che l’università passi da pubblica a finanziata privatamente (cioè finanziata da interessi privati), non mi pare che si stia facendo una riforma. Si stanno semplicemente tagliando i fondi. Poi uno può dargli il nome che vuole, magari se dice “riforma” può sperare che qualcuno in più sia d’accordo. “Tagli” è una brutta parola, non piace a nessuno. E allora “riformiamo”. Sì, dai, riformiamo. Più precisamente, riformiamo così:

In relazione a quanto previsto dal presente comma, l'autorizzazione legislativa di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e' ridotta di 63,5 milioni di euro per l'anno 2009, di 190 milioni di euro per l'anno 2010, di 316 milioni di euro per l'anno 2011, di 417 milioni di euro per l'anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.

Immagino quante cose si possano fare con tutti quei milioni risparmiati. Se dovessi fare una scommessa, così, la prima cosa che mi salta in mente, è che quei 4 avanzi di galera che sono in parlamento si adegueranno lo stipendio. Giusto, c’è l’inflazione, gli stipendi vanno adeguati. Mantenere portaborse e yacht oggi è diventato quasi proibitivo per molti di loro, è una situazione inaccettabile. Un’altra cosa che probabilmente questo governo illuminato farà è investire un po’ di spiccioli per progetti come “il rientro dei cervelli”, o qualcuna di queste cose vuote con cui ci si riempie la bocca. Mi pare che “rientro dei cervelli” sia un’invenzione della Moratti, forse la sua invenzione più innocua, magari fatta con la speranza di vedere tornare anche il suo di cervello. Siccome l’università italiana non paga i ricercatori, i ricercatori vanno a lavorare dove di solito chi lavora viene pagato. Cioè qualunque posto fuori dall’Italia. Siccome però in questo modo ci ritroveremo agli ultimi posti in Europa anche per l’università (in quasi tutto il resto lo siamo già), allora bisogna fare tornare i ricercatori. L’Italia agli italiani, o robe così. Che rientrino tutti i cervelli! Ora, il punto è: se nel frattempo l’università è sparita, dove tornano i ricercatori? Che vorrebbero anche essere pagati, non tanto, ma un pochino sì. Negli ultimi mesi e anni in Italia, con i pochi soldi ancora rimasti all’università, ci sono state scoperte scientifiche di livello internazionale. Naturalmente quelli che hanno fatto queste scoperte, se vorranno continuare sulle strade aperte, dovranno farlo da qualche altra parte. È la riforma, siamo spiacenti, ma ci vuole la riforma. E la prossima generazione di ricercatori italiani le loro scoperte le faranno direttamente all’estero. Mentre da noi le aziende private si compreranno la “ricerca”, e le scoperte saranno fatte solo se c’è qualcuno a cui conviene che si facciano. A qualche azienda farmaceutica conviene trovare una cura per il Parkinson? Se sì, allora abbiamo buone speranze. Se l’azienda produce già le pastiglie che servono a rallentare il Parkinson, allora noi ci teniamo il Parkinson e la nostra riforma.

sabato 1 novembre 2008

regalo di halloween di bruce

non c'e' niente di meglio che un bel blues per halloween, sissignore.

novembre

Dunque inizia novembre. E inizia con un cielo da novembre, un'atmosfera da novembre, un primo novembre da novembre. Di solito uno quando pensa a novembre pensa al grigio e alla pioggia. Basta solo sentire la parola, "novembre", e subito arrivano uno in fila all'altro "grigio" e "pioggia". Per questo sono venuto in Inghilterra, per non sentire troppo il trauma del passaggio a novembre. Qui c'e' un po' di novembre dentro a ogni giorno dell'anno,soprattutto dentro alle domeniche.
La cosa piu' da novembre che c'e' qui sono i corvi che ogni pomeriggio, sul tardi, quando inizia a far buio e le nuvole nel cielo sembrano piu' scure, si mettono uno in fila all'altro sul cornicione del tetto e sembra che stiano li' a fissarti, quando tu guardi fuori dalla finestra. Cosa diavolo vogliono questi corvi? non hanno di meglio da fare che stare li' a fissarmi? Non so se mi deprimo di piu' io a guardare loro o loro a guardare me. Certo che se io fossi un corvo troverei qualche altro passatempo piu' divertente che riempire di novembre le giornate alla gente che studia.
Appunto, alla gente che studia. Sarebbe ora che io cominci oggi. Tra qualche ora arrivano i corvi e non vorrei che non mi trovassero al mio posto.