giovedì 29 ottobre 2009

chi può

Alcune cose hanno tre dimensioni, ma altre si fermano a due. Alcune cose sono profonde, così profonde da sprofondarci dentro. Altre cose si accontentano di essere lunghe e larghe, una superficie piatta dove il fondo è un concetto assente.
Chissà se siamo noi a scegliere se andare a fondo o rimanere in superficie, o se invece tutto dipende dalla natura delle cose su cui ci muoviamo. E cos'era questa? Una domanda? O la constatazione di un dubbio che si sa non avere soluzione?
Ma poi,è sufficiente riempire i solchi profondi per poter scivolar via sulla superficie delle cose? Oppure non c'è modo di rendere superficiale una cosa profonda? E con le cose profonde, si può solo sprofondare fino in fondo, o ci si può tuffare dentro con la stessa leggerezza e pienezza con cui si veleggia sulle rassicuranti superfici? Sì, insomma, si può andare in profondità senza andare a fondo? Immergersi senza annegare, lanciarsi senza cadere, cose così. Perchè se si può, allora siamo salvi. Anche se non avremo capito bene da che cosa ci saremo salvati, noi saremo salvi. Sì, ma si può? Questa sì, era una domanda, ne sono quasi sicuro. Dovrebbe esserci anche una risposta, se non sbaglio, qui da qualche parte, ma a dire la verità non ricordo più dove l'ho messa. Forse l'ho data in prestito. O forse me l'avevano prestata e io l'ho semplicemente restituita. Forse la risposta era "non lo so", o forse no. Chi lo sa. Ma visto che a questo punto una risposta serve, me ne posso inventare una io una adesso, di quelle risposte che non rispondono, è vero, ma dopotutto per una risposta il fatto di rispondere non è essenziale. Le risposte servono solo a riempire lo spazio bianco lasciato da una domanda, per non dare l'impressione che dopo quel punto interrogativo restino buchi troppo profondi. Allora la mia risposta è: mi salvi chi può, se si può.

martedì 27 ottobre 2009

prego

Sarà colpa mia se non ho niente da dire, niente da scrivere, niente da pensare? Dev'essere di sì. Mea culpa. O meglio, forse qualcosa da pensare ce l'ho anche, solo che non lo penso. E anche qualcosa da scrivere, solo che non lo scrivo, a meno che non venga fuori lo stesso mentre scrivo altre cose. Ma stasera ne dubito, ci starò attento. L'unica cosa che non ho è qualcosa da dire, perchè per dare fiato ai pensieri e alle parole ci vogliono dei motivi particolari che quasi mai ho. A meno che non si tratti di ordinare una pizza nei posti dove il cameriere non è disposto a leggermi il pensiero. In quei casi sì, potrei anche dare fiato al mio pensiero di una frutti di mare. Per una pizza questo e altro, ci mancherebbe.
Stasera sono andato a giocare a calcetto, poi a una riunione inutile in Comune, poi sul divano di casa mia a guardare la televisione accesa, che è uguale a una televisione spenta, solo con più luce. Nessuna di queste cose, a parte le fusa della mia gatta che mi si è appallottolata addosso sul divano, mi ha dato qualcosa da pensare, da scrivere o da dire. Soprattutto da dire.
C'è nessuno, là fuori, che possa darmi qualcosa da dire? Io poi forse non lo dico lo stesso,ma già avercelo sarebbe qualcosa. Per esempio, io vorrei dire "grazie". C'è nessuno che potrebbe farmi dire "grazie"?

sabato 24 ottobre 2009

metodi educativi

La mia gatta ha bisogno di certezze. Come tutte le altre persone, d'altra parte. Forse gliene servono meno, ma l'intensità del bisogno è la stessa. Ieri, per esempio, era fuori dalla finestra che miagolava per farsi aprire. Quando fa così, io o qualcun altro di casa le apre, possibilmente prima che lei perda la pazienza. Poi lei si ferma un attimo davanti alla finestra, pensa se ha ancora intenzione di entrare oppure no e alla fine, quando siamo tutti abbastanza infrddoliti, lei si decide ed entra. Ieri, però, i suoi schemi sono stati scombussolati da un evento assolutamente sensazionale. C'era qui un ragazzino a fare ripetizioni, e allora io ho fatto aprire a lui la finestra. La mia gatta lo ha guardato contrariata e, invece che fermarsi a riflettere, invece che entrare in casa,ha preso ed è scappata via. Penso sia stato un po' come se uno aprisse la porta di casa propria e trovasse un posto che non conosce o, peggio, gente che non conosce. Un po' come se casa propria smettesse di essere casa propria. Insomma, la mia gatta si aspetta di trovare tutto al proprio posto, si aspetta le stesse persone che facciano le stesse cose. Non concepisce che un evento, per quanto sensazionale come un bambino che apre la finestra, possa intervenire a modificare l'ordine del mondo. Ho dovuto aspettare che tornasse e che si rimettesse a miagolare per convincerla a rientrare in casa, ovviamente aprendole io la finestra.
Non sembrava più particolarmente seccata, ma suppongo che esiga che la cosa non si ripeta più. Forse la mia gatta si aspetta dalle persone una linearità e una normalità che difficilmente le persone, persino i padroni dei gatti, possono garantire. D'altra parte questo è un ragionamento che difficilmente lei sarebbe disposta ad accettare. Una gatta non ti consente di modificare o di deviare rispetto all'immagine che lei si è fatta di te. E in fondo per il padrone di una gatta tutto questo è molto educativo.

venerdì 23 ottobre 2009

Youngstown (sub ita)

scusate, è che la devo postare un'altra volta perchè è un capolavoro

giovedì 22 ottobre 2009

in un certo senso

Preferirei che le cose fossero più chiare, il che però presupporrebbe una dose collettiva di sincerità che, tutto sommato, non so se preferirei. Di certo non preferirei la mia completa sincerità, ma forse nemmeno quella degli altri. Solo un po', senza esagerare. Anche perchè troppe sono le cose su cui è persino difficile capire se si è sinceri oppure no. Capirlo presupporrebbe conoscere esattamente la verità, per esempio su quello che si pensa o si prova. Ma chi la conosce proprio tutta, questa verità?
Sto bene? Sto male? Quale risposta è quella sincera? Difficile vedere dove stia la sincerità qui. Difficile capire persino il significato delle domande. C'è chi ha detto che si tratta di domande senza senso. All'inizio non ci credevo, ma adesso mi son quasi convinto che sia proprio così. Senza senso, proprio come qualunque altra cosa che si prova a dire e a spiegare di quello che succede dentro di noi. Vera in un certo senso, falsa in un altro senso, quindi esattamente senza senso. In un certo senso ti voglio bene, in un altro no. In un certo senso sono ottimista, in un altro no. In un certo senso vorrei che tu fossi qui, in un altro no. Provateci voi a essere sinceri, in mezzo a tutto questo.

lunedì 19 ottobre 2009

giustomix

Non sarebbe male l'idea di dormire, in questo momento. Anche in altri, sì, ma in questo soprattutto. E' pomeriggio, fuori fa freddo, ho appena mangiato, c'è qui di fianco un letto con tanto di piumino. La mia gatta dorme, fra l'altro. Anzi, a dire il vero si è appena mangiata uno scoiattolo, però tra un attimo si rimette a dormire. Non è che mi dia il buon esempio neppure lei. Nè viceversa, d'altra parte. Anche se l'abitudine di mangiare scoiattoli vivi e pelosi non me l'ha ancora trasmessa. Comunque la mia gatta dorme troppo, e io forse troppo poco. Ci vorrebbe il giusto mix tra me e lei, ma senza baffi e coda.

Il sole con il freddo è un abbinamento odioso. La cosa curiosa è che non mi piacciono neppure presi da soli. Il sole da solo, poi, non ne parliamo. E il freddo da solo, mette i brividi. Ci vorrebbe il giusto mix di sole e nuvole, caldo e freddo. Troveremo mai il giusto mix?

Avrà ragione la destra, o avrà ragione la sinistra? Il giusto mix, così non si sbaglia.

Avrà ragione il giusto, o avrà ragione lo sbagliato? Il giusto mix, così si sbaglia il giusto. Nè un po' di più, nè un po' di meno.

Sono esattamente le due meno un quarto. Il giusto mix fra l'una e mezza e le due. E' il momento in cui uno deve prendere in considerazione l'idea di rimettersi al lavoro, e mandar via la pericolosa tentazione di dormire. Ma poi bisogna per forza scegliere? Non basterebbe un po' di giusto mix? Lavorare, dormire, dormire, lavorare..il giusto mix. Come quando a un bivio prendi la strada in mezzo.

venerdì 16 ottobre 2009

briciole

All'indomani di oggi, raccolgo i pensieri sbriciolati di un giorno come tanti, ne faccio un mucchio sul bordo della sera e soffio via... tabula rasa, pulita, pronta per un nuovo giro, per altre briciole di vita..niente che non si possa spazzare via appena la sera ritorna.

mercoledì 14 ottobre 2009

lo stesso

Siamo in dirittura d'arrivo. Dove? Non è molto chiaro, so solo che si arriva. O ci si ferma, che è lo stesso, ma un po' più brutto. Quindi non è lo stesso.
Sto per fermarmi, insomma. Ancora pochi metri, o pochi giorni, fa lo stesso.
E' stato un viaggio abbastanza lungo, ma anche molto breve. Fate voi, per me fa lo stesso. Tanto sta per finire, la durata non conta più niente. Comunque all'inizio mi sembrava più lungo.
Dopo che mi fermo magari riparto. Anzi, per forza riparto, che se anche uno non vuole ripartire, alla fine non ha alternative. I problemi del ripartire sono:
quando?
dove?
per dove?
quanto?
come?
con chi?
La domanda che più mi preoccupa è dove?, la seconda è come?. Il quando? viene di conseguenza al dove?. O forse viceversa. Fa lo stesso.
Tra qualche giorno mi metto a cercare delle risposte, ma magari prima cambio le domande. Cioè, cambio prospettive, aspettative, speranze, calzini e forse molto altro. Dipende da quali risposte trovo. Così viene più facile, uno sa sempre di avere le risposte pronte, se impara a chiedersi le cose giuste. E se uno impara a non chiedersi niente, allora difficilmente sbaglierà strada. E se anche la sbaglia, quella sarà comunque la strada giusta per qualche altra destinazione. Ecco, la destinazione, questo è il problema, altro che essere o non essere.
Fa lo stesso. La destinazione, fa lo stesso. Così nessuna strada sarà mai sbagliata, purché porti da qualche parte. Nessuna strada sarà mai sbagliata, purchè sia una strada.

lunedì 12 ottobre 2009

scolorire

Avrei voglia di preparare una valigia, solo per riassaporare delle cose che potrebbero da un momento all'altro smettere di esistere.
Smettere di esserci state. Anche se una volta c'erano, adesso potrebbero non esserci state mai.
Vorrei prendere dei maglioni dall'armadio per pensare al freddo che potrei avere in un posto che non è qui. Pesare libri e vestiti per non superare il limite di chili trasportabili in aereo, anche se l'aereo non c'è. E i limiti però sì.
Ma sto qui. Dove le cose sembra non ci siano mai state. Nonostante le foto e tutto il resto. Forse non ho nemmeno una valigia, forse non l'ho mai avuta. Forse non sono mai andato via, niente di quello che credevo di ricordare c'è mai stato.
Niente, o quasi. Forse c'è stato solo quello che ancora mi rimane dentro, e che non smette di bruciare.

AmericanLand (sub ita)

domenica 11 ottobre 2009

sabato 10 ottobre 2009

espunta la luna

Sproloquiando nemichevolmente del più e del meno, ma più del più che del meno, mi sono più o meno reso conto delle bellezza dello sproloquiare. Io non sproloquio molto perchè, modestamente, non sono molto vanitoso, e sproloquiare si sa che è prerogativa dei vanitosi.
La prerogrativa dello sproloquiare. Ci deve essere una r di troppo da qualche parte, bisognerebbe espungerla.
Espungere una r dalla prerogativa dello sproloquiare. Ok, espunta.
Espunta la luna dal monte, resta un monte senza luna, almeno finchè la luna non rispunta. Sì, sulla punta del monte, l'espunta luna rispunta. Prima solo un angolino, poco poco, un rispuntino. Poi di più, sempre più grande, uno spuntino vero e proprio. Lo spuntino della luna dal monte. Lo spuntino di mezza notte. Camomilla e biscottini.
Sempre sproloquiando nemichevomente, però.

giovedì 8 ottobre 2009

fotovoltaico

All'imbrunire, mi imbrunisco pure io. E di notte, con il buio, mi rabbuio e faccio pensieri scuri come il cielo dell'una di notte. Solo di giorno, con il sole, non mi illumino, nè d'immenso, nè di nient'altro. Dovrei montarmi un pannello fotovoltaico sopra la testa, anzi dentro. Per immagazzinare la luce che fugge. Anche se poi non saprei bene che farmene, della luce. Comunque il buio lo preferisco, perchè c'è meno luce. Tra il buio e la luce, la luce la metto al secondo posto, che comunque è sempre un piazzamento. La luce è seconda perchè c'è meno buio. Mi oscuro di immenso. Che non è come l'infinito, ma poco ci manca. L'infinito è senz'altro immenso, ma non tutta l'immensità è infinita. Quella dentro il buio però lo è. Infinita, intendo. Mi oscuro di infinito. Che ha tanto poco senso quanto "mi illumino di immenso", ma ha il vantaggio di avere meno luce.
Oscuro fa rima con sonno, che fa rima con dormire, che fa rima con andare a letto. Una rima baciata, come il bacio della buona notte che mi do.

lunedì 5 ottobre 2009

boboli

Rieccoci qui, la mia gatta e io. Come chi non sa bene che fare, e però la fa lo stesso. Firenze era Firenze, cioè Firenze. Con tutto quel che ne consegue, luna e Ponte Vecchio compresi. Firenze la sera è come passeggiare da soli in mezzo a tantissima gente, forse perchè Firenze è grande e c'è tanto spazio per tutti, o forse perchè Firenze è Firenze e uno non ha modo di accorgersi di quelli che gli stanno attorno. Lungo l'Arno, in pieno centro città, vicino a Ponte Vecchio, la sera senti i grilli che cantano. Non credo ci sia un'altra città dove questo succede, e se c'è, comunque non si chiama Firenze, quindi è inutile. Uno pensa di averle viste tutte, finchè non arriva a Firenze e si accorge che in realtà non aveva visto un bel niente.

Comunque, romanticherie a parte, da un punto di vista strettamente cultural-gastronomico i principali prodotti tipici fiorentini sono Dante Alighieri e la fiorentina, intesa sia come bistecca che come squadra di calcio, ma più come bistecca. Dante Alighieri, guarda le coincidenze, abitava nella "casa di Dante", e se non fosse stato per lui noi italiani potremmo anche chiuder bottega. Anche se c'è da dire che viene più facile scrivere una cosa "Divina", quando si nasce a Firenze.

La luna a Firenze segue una strada tutta sua, si mette prima sopra Palazzo Vecchio, poi passa sopra gli uffizi e va a depositarsi sull'arno sopra Ponte Vecchio, dove le lune diventano due, una sopra il ponte e una sul pelo dell'acqua, sotto il ponte capovolto e i palazzi capovolti dentro l'arno. Così a Firenze uno di sera non capisce più quale sia il sopra e il sotto, il dentro e il fuori, e si perde dentro alle cose. E quando uno si perde a Firenze, l'unica cosa che può sperare è di non ritrovarsi mai più.

E però alla fine, come in tutte le cose, arriva sempre il momento in cui uno torna a Milano e tutto si rompe, ogni cosa si rimette al proprio posto,precisa, allineata, uguale, brutta.