domenica 12 giugno 2011

quasi pronti

Rieccomi, dopo il matrimonio più bello della mia vita, e più stressante della mia vita, e più commovente della mia vita. Il mio matrimonio insomma. Con la sposa più bella che si sia mai vista, tutta nera, tutta sorrisi e tutta lacrime, i sorrisi più belli del mondo e le lacrime più dolci. E ora mia compagna di viaggio, e io compagno suo di viaggio, verso Melbourne e verso una vita che sarà nuova come nuove sono queste mie sensazioni finora sconosciute, che ancora attendono che trovi loro un nome per poter essere comprese e addomesticate.

Nel frattempo, siamo arrivati alla settimana decisiva. Due giorni alla partenza. Cadrezzate-Melbourne solo andata. Passato-futuro senza ritorno. Eppure, non riesco ad apprezzare appieno la grandezza del cambiamento. Preparo la valigia come se fosse una partenza qualunque, solo con qualche giorno di anticipo così da avere più tempo per farmi venire in mente più roba che potrei mettere nel mucchio. Quello che poi ci starà nella valigia è un altro discorso. Forse tirerò a sorte. Francesca dice che non dovrei portare l’accappatoio: me lo compro là e guadagniamo spazio. è una tesi ragionevole, ci mediterò sopra.

Ho salutato quasi tutti, ma c’è sempre ancora l’ultimo saluto da fare perché la gente fa fatica a concepire che si possa salutare 4 o 5 giorni prima di partire, come se l’istante “prima di partire” durasse solo il giorno prima della partenza. Comunque ciao a quelli che non ho salutato e non saluterò.

Credo davvero che cambierò blog, per raccontare della mia nuova vita da marito e da emigrante in Australia e da … uno che fa un mestiere che ancora non so quale sarà. Il blog dovrebbe essere questo: philopigs.blogspot.com. E' ancora vuoto, ma conto (contiamo?) di inaugurarlo presto. Così portiamo un po’di Australia in Europa, un po’ di Italia in Australia, un po’ di passato nel presente, se mai qualcuno dei miei (nostri) amici europei fosse interessato a seguire le avventure di due filosofi neo-coniugati e pelosi in Australia.

Quanto a questo blog, non lo so…forse continuerò ad aggiornarlo di tanto in tanto, o forse rimarrà così come ora, una fotografia del mio passato, racconto di un periodo che qui si chiude per farne iniziare un altro che credo, spero, voglio sia meno carico di dolore, meno malinconico, meno vuoto. Ho tutto quello che mi serve, tutto quello che potrei desiderare, per fare in modo che quello che inizia sia molto migliore di quello che finisce.

Vi racconterò come andrà, e forse raccontarlo renderà tutto più semplice fin da subito, perché il racconto sarà come un filo che lega persone lontane e posti lontani e momenti lontani mentre tengo tutto in pugno dentro alle parole.

giovedì 26 maggio 2011

aggiornamento veloce (ma essenziale)

Per il matrimonio, ci hanno regalato un Nuovo Testamento.
Nuovo nuovissimo. Coi vangeli e tutto quanto. C'è pure l'Apocalisse, che è pur sempre meno apocalittica di queste giornate prematrimoniali.
Veramente il Nuovo Testamento l'hanno regalato solo a Francesca, che a stento ha saputo contenere il proprio entusiasmo quando ha scartato il pacchetto. Comunque credetemi che è stata bravissima a contenerlo, e uno che non la conosce non avrebbe mai detto che fosse entusiasta. Mi spiace non avere ricevuto anche io la mia copia, mi sarei accontentato anche di un testamento un po' più vecchio. Ma tant'è, a ciascuno il suo, secondo il merito. Quindi io mi tengo la bussola, lei il Nuovo Testamento, e siamo tutti contenti.

Mi spiace che manchi così poco al matrimonio, dopodomani questa pioggia di regali finirà. Spero solo che avremo foto a sufficienza per riempire tutte le cornici argentate.

Però non chiedetemi più se sono emozionato, agitato, nervoso. La risposta è NO. Non lo sono, e non so perché dovrei esserlo. E' un matrimonio, mica un esame. Sono felice e basta. Anzi no, sono felice e stanco. Perché mica basta andare lì e dire un sì. Nossignori, bisogna soddisfare parenti e genitori, fare una cosa all'altezza delle aspettative altrui, proprio come si vorrebbe che fosse il matrimonio dei propri nipoti, figli, cugini, amici. Ma siccome questo non si può fare, ci stiamo accontentando di fare le cose all'altezza delle aspettative nostre. E stiamo scoprendo che pure questo è parecchio stancante.
Comunque alla fine credo che diremo entrambi di sì. Ci sono segnali incoraggianti in questa direzione. Per esempio, entrambi vogliamo sposarci, entrambi ci amiamo (almeno stando alle dichiarazioni ufficiali di Francesca), entrambi siamo sufficientemente pelosi (anche se dopo la visita all'estestista Francesca lo è rimasta solo interiormente).

Comunque magari dopo il matrimonio, visto che cambio vita e continente, cambierò anche il blog. Nel senso che potrei abbandonare questo e trasferirmi su di un altro, dove racconto dell'Australia e della vita matrimoniale e dei fatti miei che saranno un po' di più fatti nostri (nel senso di miei e di Francesca). Però devo ancora pensarci bene, sono decisioni importanti che non posso prendere così su due piedi. Intanto mi sposo e parto per l'Australia per un periodo indeterminato, per le questioni importanti vedremo poi con calma.

venerdì 13 maggio 2011

spots

Ho ricevuto una bussola come regalo di matrimonio. Anzi, in realtà abbiamo ricevuto, ma non credo avrò il coraggio di dirlo a Francesca. Aspetto che lo scopra leggendo questo blog.
Va da sé che non so cosa farmene di una bussola, non essendo io un marinaio o un esploratore. Ma dovrebbe avere un alto valore simbolico, considerando che il bigliettino che lo accompagna dice "il matrimonio è un mare in burrasca, buona navigazione". Ecco, diciamo che se volessi fare degli auguri di matrimonio, io cercherei qualche altra frase. Comunque vedrò di usare la bussola per uscire dalla burrasca. Per intanto vado verso est, cioè di là, sempre dritto fino all'Australia. E la burrasca gliela lascio qui.

Sempre meglio di quello che ci ha detto "vi faccio tanti auguri, ma non condivido la vostra scelta. Tra qualche anno mi darete ragione".
Intanto ti do un vaffanculo, per la ragione c'è poi tempo.

Comunque a parte il matrimonio, sono contento di sposarmi e partire. Tutto insieme però: sposarmiepartire. E via..Il matrimonio non cambierà sostanzialmente la mia vita, ma partire, cambiare continente, convivere, avere altre persone attorno, cambiare lavoro, e insomma fondamentalmente cambiare vita: questo sì, cambiare vita cambia la vita.

Comunque la gente sopravvaluta il matrimonio. Ne sono sicuro. Altrimenti farebbe degli auguri più normali e non si sforzerebbe di essere originale a tutti i costi, finendo con il dirti che sarà una burrasca e che sostanzialmente ce ne pentiremo.

C'è una cosa stranissima: che l'idea di partire per l'Australia e starci prevedibilmente almeno 3 anni adesso mi pare la cosa più normale del mondo, come se stessi partendo per una vacanza...l'idea di lasciare questo posto mi pare davvero un cambiamento di poco conto...forse perché quello che mi sto portando in Australia ha più valore di tutte le cose che lascio qui. E per questo essere in Australia significherà sentirmi a casa


Esco a respirare un po' di aria di qui, a vedere un po' di posti di qui, un po' di persone di qui, per cercare di capire se davvero qualcosa di qui potrà mancarmi...oltre alla mia gatta, si intende.



martedì 10 maggio 2011

life

"Mi spiace di non essere in grado di aggiornare il blog spesso, ma forse è un buon segno. Segno che finalmente la mia vita reale ha preso il sopravvento su quella virtuale.
E poi io scrivo più spesso quando sono triste, quindi...."
(cit.)

domenica 17 aprile 2011

io?

La paura é la forza più distruttiva che esista. Può distruggere tutto quello che le passa davanti, comprese le cose costruite nel tempo con cura, pazienza, passione.
La paura può distruggere persino le cose costruite nel tempo dall'amore.
La paura ci appartiene come una parte di noi che non possiamo nascondere per troppo tempo, né tanto meno gettare via come si fa con alcuni pezzi del passato. Possiamo solo a volte far finta che non ci sia, tenerla a bada con qualcosa di più forte, sovrastarla con altre passioni. E quando ci si riesce, la paura diventa così piccola e invisibile che sembra quasi innocua. Anzi, sembra quasi scomparsa. Ma la paura non scompare, si ritira solo ad affilare gli artigli in attesa di azzannare la felicità, i sorrisi, l'amore. La paura azzanna come una bestia affamata di dolore.
La paura ci appartiene...o forse semplicemente mi appartiene, perché non so quanto sia normale questo timore che mi accompagna sempre come un sottofondo angosciante, come la musica tremolante di certe scene dei film che preludono al peggio.
Il peggio è sempre stata la mia aspettativa, il pane delle mie paure. Un "peggio" senza nome, indefinito, sfocato, ma pur sempre il peggio. Perché questa non è la paura di qualcosa o di qualcuno, no, ma è la paura del vuoto, dell'assenza, della fuga, della sparizione. La paura dello spazio vuoto che ogni cosa potrebbe lasciare se se ne andasse, se finisse. La paura della perdita. La paura cresciuta nel corso degli anni quando ogni cosa bella, prima o poi, si rompeva, finiva, o addirittura veniva soffocata sul nascere, prima ancora di compiersi. La paura dell'inafferrabilità delle cose belle così vicine a me.
E ora che la bellezza e la serenità sono qui con me, le afferro, le accarezzo, le faccio mie, cosa devo fare per non farle andare via? Per non dare a questa paura un nome ben preciso?
Può darsi che a volte le cose preziose non siano anche le più fragili? E che a volte la bellezza duri? E che la felicità resti? E' possibile che l'amore e la felicità esistano davvero, e che esistano proprio per me?
Dipende da me farli restare? E se sì, cosa devo fare per farli restare, proprio io, che non credevo neppure che potessero esistere per me? E se non dipende da me, come faccio a cancellare la paura?
Sarò all'altezza di questa felicità che mi si prospetta?

lunedì 21 marzo 2011

pacifico

Mi sposo.
Davvero, lo giuro.
Il 28 maggio.
No, non dell'anno prossimo. Questo 28 maggio. Sì, due mesi e mezzo.
E poi vado in Australia. No, non in viaggio di nozze. Vado proprio in Australia, mi trasferisco. A viverci.
Non capisco cos'abbia la gente da guardarmi con gli occhi sgranati quando comunico queste notizie.
Mi paiono cose tanto normali...sono innamorato, la persona che amo deve andare in Australia, segue che io me la sposo e vado con lei in Australia. Mi pare pacifico. Come l'oceano. Che infatti si chiama Pacifico perché è proprio in Australia, dove devo andare io.
Non so se la gente resti più scossa all'idea del matrimonio o all'idea dell'Australia. Mia nonna deve ancora riprendersi da entrambe. Ma mia nonna sarebbe sconvolta anche se le dicessi che mi trasferisco a Milano. Quindi tanto vale, allo stesso prezzo, spingermi più in là.
Tre mesi, e poi via.
Ma un matrimonio e un viaggio in Australia, che vuoi che sia? Si prepara tutto in quattro e quattr'otto.
Sono contento all'idea di sposarmi, non riesco a essere angosciato. Anche se i preparativi non sono proprio del tutto preparati. Che altrimenti non si chiamerebbero "preparativi". Non mi importa molto dei preparativi in fondo, forse perché nutro una fede cieca e immotivata nel fatto che in qualche modo si farà. Perché insomma, che lo vogliamo o no, in qualche modo il 29 maggio arriverà per tutti. E sono sicuro che lì ci guarderemo indietro e avremo un po' di nostalgia delle settimane passate e ci scapperà un mezzo sorriso al pensiero di quanto, in fin dei conti, sia stato tutto così divertente e assurdo e ironico e assolutamente inzenzato.
Dio benedica i preparativi dei matrimoni

domenica 20 marzo 2011

Ti chiederò dove hai messo il mio silenzio, e tu mi sussurrerai la risposta nell’orecchio, piano, con un soffio di voce che filtra tra le labbra socchiuse. Una risposta troppo debole per essere sentita. E tenderò l’orecchio più vicino a te, per sentirti meglio, e tu mi ripeterai la risposta e ancora io non riuscirò a sentirti. E mi farò ancora più vicino, appoggiando l’orecchio sul tuo labbro, e ti chiederò di sussurrarmelo ancora un volta. E tu di nuovo socchiuderai le labbra, e io sentirò il vento della tua voce che mi accarezza l’orecchio, e mi accorgerò solo allora che quel soffio è solo aria senza suono, che nessuna parola è mai uscita dalla tua bocca, e quel che non sentivo era quel che non poteva essere udito. E mi accorgerò allora che il mio silenzio, proprio quello di cui ti chiedevo, che il mio silenzio è lì con te, al sicuro.

giovedì 3 marzo 2011

freddi

È tornato il freddo, cane pungente polare. Penserò a questo freddo porco se mai in Australia mi dovesse capitare di avere nostalgia di questo Paese cane porco, e la malinconia lascerà il passo a un sospiro di sollievo.

E poi penserò a questo Paese che è il peggior Paese del mondo, venduto al fumo del miglior offerente. Venduto perché volontariamente vendutosi al gusto dell’apparenza scambiata per sostanza, dell’arroganza scambiata per forza, della prepotenza scambiata per potere. Paese povero di soldi e di spirito e di speranza, e povero di soldi proprio perché povero di spirito e di speranza. Paese di nulla, con una nullità al governo e una nullità all’opposizione, con il nulla più assoluto nella testa della gente che ancora si ostina a credere al nulla di questo Paese

Penserò al freddo, sì, ma non al freddo di questa sera nevosa di inizio marzo. Penserò al freddo che questo Paese mafioso perdente ammuffito ha dentro. Questo Paese che ha barattato il senso del dovere e la moralità con il moralismo superficiale e sporco e mafioso del suo marcio retroterra cattolico, di un Vaticano che lo governa in quel modo mafioso che neanche la mafia è mai stata capace di imitare, succhiando il sangue i soldi e l’intelligenza a un popolo di pecoroni infiacchiti che si fa lustro degli artisti e geni della propria storia per nascondere dietro ai loro nomi rari e luccicanti tutta l’ignoranza e l’arroganza e l’ottusità che ci rendono quel che siamo, italiani, l’etichetta più vergognosa che uno si potrebbe portare dietro.

Penserò a questo freddo glaciale in Australia, o in qualunque altra parte del mondo finirò. E mi scapperà anche un mezzo sorriso, forse per via di quella sottile sensazione di essermi messo in salvo.

mercoledì 23 febbraio 2011

dove c'era

A giugno dunque vado in Australia, ed è come cambiare vita. Il nord col sud, il giorno con la notte, l’estate con l’inverno, il là con il qua.

E la solitudine con l’amore.

Cambiare vita è la cosa migliore che potesse capitarmi. Solo che ci ho messo un bel po’ a imparare che cambiare vita non è una cosa che semplicemente può capitare, piombare sulla mia testa come un fulmine che cade dal cielo e mi dà la scossa. Per cambiare vita bisogna scegliere e buttarsi ad occhi chiusi dentro a qualcosa che ancora non si vede, che promette e minaccia insieme, che innaffia le speranze ma coltiva anche qualche paura. Ma che comunque cambia le cose, cambia la vita e la rende qualcosa di diverso. Qualcosa con più valore, su questo non ho dubbi. Insomma, “qualcosa”. Che di questi tempi è già qualcosa…mi regala un futuro dove finora c’era solo presente, mi regala il coraggio dove finora c’era solo angosciante attesa, mi regala aria fresca dove finora c’era solo una cappa soffocante di frustrazioni.

E l’amore dove c’era solitudine.

Partire è la cosa migliore che uno può fare, quando sembra che non ci sia altro da fare, che tutto quello che si doveva fare lo si sia fatto e niente ormai sia più nelle proprie mani. E invece no, io parto e tutto torna d’improvviso nelle mie mani, il mio potere su me stesso e su quello che mi capiterà. Le mie mani diventano lo strumento con cui so che dovrò modellare il mio futuro, le mie mani sono ciò con cui scaccerò i fantasmi quando penderanno sulla mia testa e proveranno a offuscarmi la vista. Con le mie mani, e solo con loro, farò tutto.

E con le mie mani, soprattutto, terrò stretto il mio amore. Proprio qui, dove c’era solitudine.

lunedì 14 febbraio 2011

aeroporti

C’è qualcosa che non va negli aeroporti. Un senso di malinconia che pervade tutto. Come se si percepisse l’assenza delle persone che ancora sono lì, con i bagagli in mano. E’ il posto dove le persone iniziano gradualmente a scomparire, prima della partenza. Credo sia questa gradualità ad atterrire. Il fatto che non si sa mai bene quale saluto, quale bacio o quale abbraccio sia l’ultimo. Che c’è sempre la possibilità di voltarsi a salutare ancora un’ultima volta, e tante più volte uno vorrebbe voltarsi quanto più lontana è la destinazione di chi parte. È come se l’istante del saluto si frazionasse in un’infinità di piccolissimi frammenti, in ognuno dei quali è racchiuso un altro sguardo, un altro abbraccio, un altro “ciao”. E il momento di salutarsi davvero sembra sempre così lontano, irreale, come se non dovesse arrivare mai, perché ci sono ancora tantissimi istanti nel mezzo. Finché a un certo punto, quasi fosse una sorpresa, ci si accorge che la persona che si stava salutando è partita davvero, che non è più qui, anche se sembrava si potesse trattenerla ancora un po’, ancora per tantissimi piccoli istanti.
Oggi c’era un’atmosfera tristissima all’aeroporto. Ma sono state due settimane pienissime, come il tempo che verrà. E presto l’aeroporto sarà di nuovo il posto dell’attesa, del ritorno, del nuovo inizio.
Dev’essere la mancanza di sonno che l’ultima notte in bianco mi ha lasciato in eredità a farmi vedere tutto un po’ più grigio di come in realtà è, e persino un po’ più grigio di questo cielo che oggi ha reso tutto ancora più difficile.
Ma le cose sono diverse da come mi sono sembrate oggi, questo lo so. Le cose sono migliori. Ora lo sono. Da un po’ di tempo lo sono.
Appena in tempo, sono migliorate, prima che io sprofondassi.
Sono qui in attesa. E questo è già qualcosa. Anzi, questa attesa per me adesso è tutto. Tutta la mia vita sta in questa breve e lunghissima attesa di un ritorno.
Perché la cosa bella è questa: che gli aeroporti sono anche i luoghi dei ritorni.

martedì 25 gennaio 2011

sfighe

Gennaio passa in fretta, talmente in fretta che è già passato. E vi dico io come andrà finire, che appena inizierà febbraio, sarà già sul punto di finire. E nessuna delle persone di cui mi auguro quotidianamente la morte accenna ad andarsene. Berlusconi non muore, il papa non muore, i vescovi sono in piena salute, Dio lo danno per morto da secoli ma secondo me certa gente non muore mai. Sono solo i migliori che se ne vanno, i peggiori restano e si moltiplicano e invadono tutto, e così ieri mattina, per dirne una, non ho trovato neanche un buco per parcheggiare in stazione.
C’è una strana coincidenza: che ogni volta che mi auguro che qualcuno muoia, quello continua a vivere. Sto iniziando a pensare che forse sono io che porto sfiga. Dovrei smetterla di lanciare maledizioni a destra e manca, perché mi sa che qui tutti se ne sbattono le palle di quello che gli auguro e continuano a vivere a morire quando fa comodo a loro.
Ho appena letto che qualcuno ha trafugato la tomba di Mike Buongiorno. Non sono sicuro sia così. È già successo una volta che sono andati al sepolcro e han scoperto che non c’era più il corpo, poi alla fine è saltato fuori che era risorto. Vedrete che è così anche con Mike, lo so già guarda, è la mia solita sfiga. Ho fatto anni ad augurarmi che quel rincoglionito crepasse, anche perché se noi italiani siamo così rincoglioniti e votiamo ancora Berlusconi molta della colpa è sua. Poi a un certo punto avevo iniziato a perdere le speranze, perché quello era di quella razza di gente che non muore mai, come i vermi o Dio o Elvis. E proprio quando inizio a perdere le speranze e a non pensarci più, quello schiatta. Non faccio in tempo ad abituarmi all’idea e a celebrare il lieto evento (che è talmente lieto che le celebrazioni durano anni), che salta fuori che il morto non c’è più. Spero davvero si tratti di un furto di qualche setta satanica, perché se lo vedo in giro di nuovo a menarsela con la storia che lui è americano e che è stato prigioniero di guerra e che Berlusconi non ha mai licenziato nessuno e che è risorto, giuro che vado alla Ruota della Fortuna e gli rubo tutte le vocali.
Bah, che sfiga che ho di questi tempi…

mercoledì 12 gennaio 2011

per dove?

Vado in Australia, per vedere cosa c’è di là, e perché so che solo là ci sarà l’unica cosa che per me ora conta. Parto tra sei mesi, questioni pratiche permettendo (passaporto, visto, eccetera, anche se non so questo “eccetera” cosa contenga). Parto forse per un mese, forse per qualche anno, forse per sempre. Può darsi che dopo un po’ trovi un lavoro qui, e debba tornare. O può darsi che il lavoro lo trovi là, e allora non tornerò. Credo ci voglia una buona dose di nichilismo e una buona dose di fede cieca in se stessi e nel futuro per gestire una situazione così precaria, indefinita, angosciante. Bisogna avere dentro tante contraddizione e gestirle tutte, senza appianarle o eliminarle, ma tenerle vive per essere pronti a sopportare tutti gli imprevisti, le sfumature, gli spigoli diversi e opposti che questa prospettiva futura contiene e che sicuramente mi aspetteranno nei prossimi mesi.
Ho tanta paura, anche se di tante cose di cui ho paura non riesco a vedere il volto. Ho paura di perdere la persona che amo per colpa della lontananza, o meglio per colpa di quello che la lontananza potrebbe comportare, e ho paura di non trovare un lavoro, o forse solo quella di non trovare un lavoro adeguato, un lavoro all’altezza delle mie aspettative. Ho paura di non poter essere indipendente. E queste sono forse le sole paure che riconosco, che vedo, che capisco. Di tutto il resto non vedo nulla, sento solo un’angoscia che ogni tanto sale fino alla gola come se ci dovessi annegare dentro. È la paura di non sapere esattamente quali sono e quali saranno le mie paure. Di non vedere davvero tutti gli aspetti e i lati oscuri di questa situazione e di non essere in grado di gestirli il giorno che mi si pareranno davanti.
Qualcuno mi sa dire, esattamente, in quale direzione si sta andando? Da che parte è, di preciso, questa Australia?