giovedì 10 dicembre 2009

strozzo

Il gioco della briscola ruota attorno all'idea di un segno dominante a cui qualunque altro segno deve sottomettersi, a prescindere dal valore della carta. Se ci sono i presupposti giusti, per esempio, un due di picche può battere un asso di cuori o una donna di quadri, anche se poi, conti alla mano, un due di picche non vale niente e tutti i punti li fanno le carte più nobili. Ma non c'è niente da fare, anche le carte nobili devono sottomersi al seme di briscola.
La briscola, come tutti i giochi, prevede una componente di bravura e una di fortuna. Nella briscola a due la fortuna è quasi tutto, in quella a coppie bisogna sapersela cercare. Nella briscola chiamata, invece, la fortuna non conta quasi niente. E' tutta una questione di intuito, freddezza, memoria.
Io conosco un gioco che è molto simile alla briscola chiamata, però non è con le carte e non ci sono soci con cui sommare le forze. Ci gioco tutti i giorni, anche quando non ne ho voglia. E ogni giorno vinco e perdo qualcosa, quasi mai la stessa cosa, quasi mai compensando i due valori. Non credo di essere in pareggio, tutto sommato. Probabilmente sono in perdita, anche se ogni tanto mi capita di concentrarmi solo su quello che vinco fingendo di non vedere tutto il resto che, lì in un angolino del gioco, se ne va a rotoli.
Ma l'importante è che ci siano ancora carte per nuove mani, e un foglio su cui segnare i punti persi e quelli guadagnati. Sempre stando bene attento a non tirare troppe somme, almeno finché potrò permettermi il lusso di punteggi provvisori.

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