lunedì 31 maggio 2010

mao

A volte mi chiedo se la mia gatta sia consapevole della sua indiscutibile superiorità rispetto al resto delle creature viventi. La superiorità della mia gatta è duplice: in quanto gatta, è superiore a tutte le altre specie viventi, e in quanto la "mia gatta", è superiore al resto dei normali gatti, che devono accontentarsi della loro semplice superiorità.
Il sospetto che lei ne sia consapevole mi viene ogni volta che la vedo immobile a fissare i cani del vicino che le sbraitano addosso al di là della rete. La mia gatta non scappa, no, lei li osserva. Come se il loro ringhio non la riguardasse. Li osserva e pare che li studi, perché la mia gatta è curiosa di sapere da dove arrivi tutta quella rabbia e, insomma, perchè i cani del vicino si incazzino tanto. Dopo un po' la mia gatta assume quell'aria rassegnata di chi è costretto a fare i conti con individui non all'altezza del suo bon ton, e non può trattenere uno sguardo compassionevole verso di loro. Che nel frattempo continuano a sbraitare, irritati dal fatto che la mia gatta non risponda alla provocazione. Ed è in quello sguardo compassionevole che io vedo il segno della lucida consapevolezza della mia gatta.
Come quando, per esempio, succede qualcosa che la spaventa, tipo uno starnuto o il rumore della porta che si apre. La mia gatta allora ha un sussulto, fa un piccolo scatto, due o tre passi, non di più, che scuotono la sua compostezza. Ma appena fatti quei due o tre passi, la mia gatta cerca subito di rimettersi nella posizione in cui era, cerca di apparire indifferente, come se fosse stata presa da un senso di vergogna per aver macchiato la nobiltà delle sue pose. Mi ricordo che quando si era tagliata la zampa e si è fatta un paio di giorni mogia mogia sul divano, cose che peraltro fa anche quando non si taglia la zampa, ho provato a metterle del disinfettante sulla ferita. Quando è caduta la prima goccia, ha fatto un salto di un metro e in due secondi è filata via. Dev'essere stato un bruciore infernale, ma anche lì, dopo due o tre passi, appena si è resa conto della situazione e ha ripreso il controllo dei suoi nervi, si è rimessa nella sua posa indifferente, guardandosi intorno con gli occhi socchiusi come se niente fosse successo, come se quel bruciore non ci fosse mai stato. Ecco, secondo me anche lì la mia gatta era consapevole, consapevole della propria indiscussa nobiltà e anche dell'immagine che trasmette.
Ora mettiamoci tutti a fissare la foto della mia gatta, e vediamo se riusciamo a impararne qualcosa.

venerdì 28 maggio 2010

Bruce Springsteen - THE PROMISE (coi sottotitoli italiani)

E' proprio vero che alcune cose le annusi nell'aria prima che accadano. Non so spiegarmelo, ma non è niente di paranormale, e non c'entra nessun sesto senso. E' semplicemente che certe cose sono realmente nell'aria, prima che si materializzano qui a terra.E quasi sempre questo è vero per le cose brutte, che le fiuti con giorni e a volte con mesi di anticipo. E l'attesa tra quando le fiuti e quando succedono serve solo a creare illusioni. Illusioni che ti possa essere sbagliato, illusioni che una volta tanto una cosa bella inaspettatamente succeda al posto di una brutta di cui hai il sentore, illusioni che ci possa essere qualcosa subito dopo che trasformi la cosa brutta in una cosa bella.
Illusioni.
A volte sembra tutto quel che c'è.
Illusioni.
Sono tutto quel che c'è. Anche l'idea che sia solo apparenza è un'illusione, la più grande di tutte.
Non c'è nessuna apparenza, l'esistenza delle illusioni è l'unica cosa che non è illusione.

lunedì 24 maggio 2010

salite

Prendiamo il calcio, per esempio. Mica sempre vince il più forte. Ci sono fattori non preventivabili che possono decidere come andranno le cose, tipo rimpalli, infortuni, rigori non visti, erba scivolosa. Eccetera. D'accordo, credo si debba smetterla con questo vezzo pseudo-letterario di usare il calcio come metafora della vita o cose simili. Infatti non sto dicendo che sia una metafora, è solo un esempio di come a volte le cose se ne vanno per conto loro.
Nel ciclismo, per esempio, è già diverso. Soprattutto dove ci sono le salite, quando il gioco di squadra conta poco e ognuno deve arrivare in cima pedalando con le sue gambe. Ora, concesso che i ciclisti non si dopino, ci sono poche storie: chi è più forte pedala di più, chi pedala di più vince, e quello che pedala un pochino meno arriva secondo, e quello che pedala un pochino meno ancora arriva terzo, e così via. Senza trucco e senza inganno. Limpido. Non è che c'è l'imprevisto per cui uno, anche se è più forte, non vince, o quello scarso arriva prima di quello che pedala più di lui.
Cosa voglio dire con tutto questo? Niente, niente, non voglio dire niente. Si era detto niente metafore, quindi non ne traggo nessuna conclusione.
Ho solo presentato dei dati di fatto.
Quello che gioca meglio a pallone potrebbe anche perdere, ma quello che pedala di più no, lui non perde. Ok, e allora?
No, niente, allora niente. Potrei continuare all'infinito a fare esempi, ma non è che ne debba seguire per forza qualcosa.
Per esempio, io faccio delle cose, e cerco di farle bene, come se fossi uno che pedala più degli altri, se solo fosse concesso fare metafore che però abbiamo detto che non si fanno. Oppure come uno che prova a giocare a calcio meglio degli altri, ma così, tanto per dire, mica che voglio davvero fare dei paragoni. Però se potessi fare delle metafore direi che è più simile al calcio che al ciclismo. Cioè, puoi pedalare quanto vuoi, ma mica è detto che vinci. A volte non vinci neppure se corri da solo. Perchè ti fermi prima, o perchè arrivi fino in fondo, sì, ma non c'è nessuno a vederti mentre tagli un traguardo che non c'è, nessuno è lì a prendere atto della tua vittorie, e questo significa che non c'è stata nessuna vittoria, e che anzi forse non c'era mai stata nessuna gara. E tu stavi correndo come un donchisciotte qualunque che non ha capito che il mondo stava andando da un'altra parte, che forse sei arrivato primo in cima alla salita, sì, ma hai preso la montagna sbagliata.
Che vuol dire tutto ciò? Niente, niente, non vuol dire niente. E' solo un altro esempio, vale per se stesso e per nient'altro. Cioè, per me stesso e per nient'altro. Non è che ne debba trarre per forza un insegnamento. E' così, un dato di fatto, ne prendo atto e amen.

mercoledì 19 maggio 2010

che

e insomma, chevvuoi, si va avanti così, un passo alla volta. Che due sarebbero troppi, e più avanti la luce è poca e non si saprebbe bene dove si sta mettendo il piede. Anche se, nella peggiore delle ipotesi, dicono che comunque porti fortuna. Ma un passo alla volta è decisamente più sicuro. Passettini brevi, comunque, diciamo mezzo passo. Metti il piede lì, e poi aspetta di vedere cosa succede prima di muovere l'altro. Che è sempre bene tenersi aperta la possibilità di tornare indietro.

E insomma, comunque, pian piano anche l'estate arriva. Mezzo passo per volta, con qualche sosta e qualche ripensamento, ma anche lei arriva. Menomale.

Comunque, insomma, è stata approvata questa legge sulle intercettazioni. Chi delinque ha diritto alla privacy, come tutti. Mi pare giusto. La privacy è il principio supremo, dopo di lui vengono la giustizia, l'onestà, il diritto all'informazione. Mi pare giusto. Delinquere è una scelta personale, riguarda la sfera intima di ciascuno di noi, nessuno ha il diritto di criticarla o di imporre le sue punizioni e il suo senso di giustizia alla mia scelta personale di rubare o di corrompere. Ci mancherebbe. Siamo un Paese libero, siamo il popolo della Libertà, che cribbio.

Cribbio. Ormai non lo dice più neppure Berlusconi, lo usano solo i suoi imitatori. L'ultima volta che l'ho sentito incribbiarsi è stato quando un giornalista gli ha dato una microfonata sui denti. Poi neppure la statuetta del duomo lo ha fatto incribbiare, benché sia stato un fatto riprovevole e che ancora mi fa venire il nervoso, solo a ripensarci. Mi è dispiaciuto molto per quello che è successo. Spero che la prossima volta andrà meglio, basta solo prendere meglio la mira, un pochino più in alto, e vedrai che senza nemmeno violare la privacy l'opera è completa.

Che i denti si fanno in fretta a riparare, e il dentista manco gli avrà fatto la fattura. Ma è una scelta personale, chi siamo noi per criticarlo? Ognuno ha la sua scala di valori, ci vuole rispetto per le scelte altrui.

Comunque, dicevamo, l'estate pian piano arriva. Senza violare la privacy di nessuno, sileziosa, a passi lenti, ma arriva.

Ebbè?

sabato 15 maggio 2010

assenso

Anche le settimane nere finiscono, anche se più lentamente, perché l'agonia non è agonia se non si prolunga più del necessario. Solo che non so se i periodi neri seguano la stessa cadenza del nostro calendario, quindi non so se con la settimana nera finiranno anche i giorni neri.
Non ho voglia di scrivere perchè siano giorni neri. E' troppo difficile. Anzi, un motivo per cui sono neri è che non mi è ben chiara la ragione per cui lo siano. Ma vorrei evitare di renderli ancora più neri sforzandomi di chiarirla. Se ne andrà così come è arrivata, o forse non se ne andrà, o forse c'è sempre stata, non so, non mi importa.
Sono meglio le cose senza senso, perché non avendo senso non possono neppure essere buone o cattive, dolci o amare, giuste o sbagliate. Le cose senza senso sono trasparenti e inconsistenti e inutili, tutto quanto, ma non sono nere. Voglio cose senza senso adesso. Frasi parole gesti fatti. E voglio togliere senso alle cose che già ce l'hanno. Giocare con le cose come se non fossero cose serie, con le persone come se non fossero persone, con il futuro come se non fosse il mio.
Dedicherò il mio weekend a togliere senso alle cose, e vedremo lunedi cosa rimane

domenica 9 maggio 2010

mare

Mi è venuta voglia di andare al mare. Così d'improvviso. Benché siano le due di notte, e benché io non abbia mai amato particolarmente il mare, e benchè sappia a malapena nuotare, vorrei in questo momento essere al mare.

Veramente vorrei essere in tanti altri posti ora. Vorrei stare passeggiando in una città deserta. Una città enorme, una metropoli, di quelle piene di strade e grattacieli e semafori, ma senza anima viva in giro. Credo sia molto simile al mare. Forse è sempre lo stesso desiderio, sotto una luce diversa, ma fondamentalmente sempre la voglia di mare.

Un altro posto dove vorrei essere è tra i vicoli di un paesino sperduto, e dev'essere piena estate, e le pietre delle case riflettono il sole torrido e il caldo diventa soffocante, ma io passeggio tra i vicoli all'ombra dei tetti e dei balconi fioriti, e dal fresco in cui mi trovo vedo il caldo pochi metri più in là, al centro della piazza assolata, ma il caldo non mi tocca, protetto come sono dall'ombra dei vicoli.
Forse anche questo paesino sperduto è la stessa cosa del mare.

Vorrei essere dentro a un letto, e godere del riposo per tutto il tempo che voglio, senza che il sonno arrivi a rubarmi il godimento. Vorrei un'insonnia dolce, un tempo che rallenta non perchè l'attesa del mattino pesa, ma perchè la mia voglia di riposo si prolunghi in modo indefinito.

Dev'essere anche questo come il mare, per forza.

Dormo adesso. Annego, nuoto, mi tuffo.

lunedì 3 maggio 2010

tu

Che vuoi? Sì, tu, ce l'ho con te. Sì sì, proprio tu. Che vuoi?
Perchè sei qui? Perché stai leggendo questo blog, proprio questo e non un altro?
Avevi del tempo libero? Oppure stai impegnando il tuo tempo non libero, o anzi stai liberando il tuo tempo che dovrebbe essere impegnato?
Cosa ti aspetti da me, tu che passi di qui e leggi il mio blog? Pensi che abbia qualcosa da dire, o addirittura da dirti? Forse ce l'ho. Anche se dopo due anni e mezzo di blog uno potrebbe avere esaurito la riserva di cose da dire. Non che avessi questa gran riserva, a dire il vero.

Oggi non è successo niente, cioè sono successe tantissime cose senza significato. Va bene questa, come cosa da dire? Forse non è quello che uno si aspetterebbe da un blog. Dopotutto anche questa frase è una delle cose senza significato che sono successe oggi. Ho anche alternato momenti di rabbia a momenti di moderato sollievo, oggi, con punte di contentezza verso mezzogiorno e di stanchezza verso le 5. Già più interessante, ma non abbastanza da soddisfarti, vero? Non so che farci, è così. Posso impegnarmi di più, ma non saresti davvero contento, non basterebbe a evitare il tuo andartene di qui con un senso di insoddisfazione e l'idea di aver buttato via tre minuti del tuo tempo. Forse la delusione ti porterà a non passare più da queste parti. Forse non ci rivedremo mai più, se mai ci siamo visti qualche volta. Fa niente, si sta più larghi quando si è in pochi. E da soli poi si sta larghissimi, da dio, comodissimi. Ma se tornate mi stringo, prometto, so rinunciare alle comodità.

So rinunciare persino al lusso della solitudine, al privilegio dell'autocommiserazione, alla pace della resa.
Quindi torna, e torna presto, che io resto qui, e preparo le parole per la prossima volta, preparo parole migliori, preparo significati, più significati, semino parole e aspetto che tu torni a vedere i frutti.
Ecco, ora mi metto largo, mi metto comodo, mentre esci e te ne vai per la tua strada. Ma qui di posto ce n'è, ricordati.