Si fa parecchio fatica a stare in piedi, senza un punto d'appoggio, in mezzo agli scossoni, in questa instabilità che è là fuori ma che pian piano entra dentro, in un circolo dove non si sa più dove e quando sia l'inizio, se e quando ci sarà una fine. Sono io a proiettare sul mondo la mia instabilità, o è l'instabilità del mondo a penetrare pian piano nel mio equilibrio interiore? Il motivo per cui non potrò mai rispondere è che non c'è mai stato un equilibrio interiore, e quindi non c'è mai stato un punto di partenza, un momento in cui tutto è iniziato, un momento a cui risalire per vedere come fossero le cose prima. Non c'è nessun "prima", ecco.
Il futuro è un muro grigio che si vede in lontananza, ma che pian piano si avvicina, e poi un po' meno piano, e poi quasi veloce, e poi talmente veloce che ti accorgi di non avere il tempo per trovare il modo di non andare a sbatterci. Così mi sono schiantato contro il muro del mio futuro, che mi ha rimbalzato all'indietro, ma forse non mi ha distrutto. Continuerò a picchiarci contro, nonostante il male che fa, nonostante il suo grigio avvilente, nonostante la durezza della sua sostanza, finchè prima o poi, da qualche parte, a costo di sanguinare, uno spiraglio si dovrà aprire, e il muro crollerà sotto i miei colpi, e da qualche parte oltre quel muro ci sarà il mio presente.
Un giorno.
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