giovedì 25 novembre 2010

attese e no

Accartocciarmi sulle cose. Rinchiudermi su di loro. Una volta avrei detto su me stesso. Ora non più. Questi giorni sono pieni di cose che non vivo. Sono cose che aspetto, che spero, che temo, che prevedo. Sono pieni di una persona che occupa tutto lo spazio e vorrei non se ne andasse più, anche se non è qui. È anche lei fra le cose che aspetto. Ma anche fra le cose che ci sono.
Uno dei progetti su cui ho lavorato tutta l’estate forse non è andato a buon fine. Per ora è solo una mezza notizia. Non confermata. Di quelle che ti aiutano ad attutire il colpo della caduta mettendoci un ripiano intermedio dove atterri con meno violenza, prima di tornare a precipitare verso quella risposta che temo, che prevedo, laggiù sul fondo.
E allora devo rifugiarmi nelle cose che aspetto, che spero. E in chi aspetto e nello stesso tempo c’è.
Fa freddo qui, credo sia iniziato oggi un inverno che sarà lungo e pieno di tante cose. Credo che attraversò tutti gli stati d’animo possibili in questo inverno, dai più belli ai più brutti, dai più alti ai più bassi.
Le cose mi tradiscono, le aspettative mi tradiscono, i progetti mi tradiscono. E spesso anche le persone mi tradiscono. Forse una di loro no. Forse.
Non voglio più aspettare, sperare, temere, prevedere niente. Voglio vivere di quello che c’è, oggi, adesso. Voglio che ogni giorno sia una casellina senza nessun collegamento con quella prima o quella dopo. Voglio non avere domande in attesa di risposta. E non voglio neppure risposte. Voglio solo affermazioni, dati di fatto, cose reali, che non rispondano a nulla, che non riempiano nessun punto interrogativo e nessuna attesa, ma che esistano per se stesse e bastino a se stesse.
Voglio abbracci, carezze, cose su cui richiudermi per non avere più niente da aspettare o da temere, solo da vivere e da sentire.

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