sabato 27 marzo 2010

idealmente

Non credo di essere abbastanza consapevole di quello che succede attorno a me. Succedono cose di cui non riesco a capire la ragione e che mai avrei immaginato, e nessuno sembra stupirsene. Quindi ne deduco che mi sfugge qualcosa, che ci sono delle spiegazioni che sono là fuori, a portata di mano, ma che io non riesco a vedere. Forse perchè ogni volta che vado là "fuori", senza accorgermene mi tappo il naso e le orecchie e gli occhi. Ma è più forte di me, è una specie di reazione istintiva. Non si può stare là fuori a lungo senza dimenticarsi, quasi per auto-difesa, di essere là fuori. Ad ogni modo, di questa consapevolezza che mi manca ne faccio volentieri a meno, perchè mi manca, sì, ma non mi manca per niente.

Questo weekend lo passo al seggio a compilare verbali su verbali su verbali e a contare i voti che Berlusconi si porta a casa. Ecco un'altra dimostrazione della mia mancanza di consapevolezza, come è possibile che Berlusconi si porti a casa valanghe di voti nel 2010. Meglio non sapere, anzi non pensarci. Peggio per voi, quindi per noi, quindi per me. Prima o poi forse mi metterò in salvo.

Ho finito di scrivere un articolo, poi ho finito di scriverne un altro, poi ho iniziato a riscrivere un malloppone di 200 pagine. Poi non so che altro si debba fare. Se fossi un gatto come la mia gatta sarebbe molto più semplice, anche se il mio universo concettuale si ridurrebbe a un "miao" e non avrei abbastanza predicati per scrivere articoli, e va da sè che nessuno me li pubblicherebbe. ma non avrei neppure ambizioni tali per cui questo dovrebbe essere un fatto negativo. Tutto sommato mi converrebbe.

E la cosa peggiore di tutte è che dopo tutte queste parole non sono riuscito a capire se oggi devo essere contento e tranquillo o depresso e preoccupato o apatico e indifferente. Forse dovrei accontentarmi di capire quello che sono, non quello che dovrei essere. Ma non so quale delle due cose sia più difficile. QUello che so è che prima o poi, idealmente, dovrebbero arrivare a coincidere. "Idealmente" vuol dire che lo si dice così tanto per dire, perchè si sa che tanto non succederà mai.
Forse allora le cose stanno così, che idealmente oggi potrei anche valutare di essere felice e contento.

giovedì 25 marzo 2010

essere spacciati



La mia gatta non perdona

sabato 20 marzo 2010

blackout

Non capisco il nervoso che mi prende quando stacco la spina per un po', come in questo weekend, dopo tanto tempo. Non sopporto questa incapacità di godermi il tempo che finalmente potrei chiamare "libero", fosse anche per riposarmi e dormire tutto il giorno. Non sopporto l'idea che mentre io dormo ci potrebbe essere qualcuno che fa cose, lavora, progetta. E io ho la mente spenta che non ha più le energie per ripartire, eppure non vuole rassegnarsi all'idea di starsene ferma per un po'. Vorrei avere cose da fare, ma cose che non ho le forze per fare, e allora vorrei semplicemente avere appena finite di farle, due minuti fa, forse cinque, ma dieci no perchè sarebbero già troppi, la mia mente vorrebbe già ripartire. Ma verso dove, mi chiedo , se in tutto questo tempo non è stata capace di muoversi da qui?

mercoledì 17 marzo 2010

squarci

Alla sera i respiri si sentono più forte. Si sente il sibilo dell'aria che entra nel naso, ogni respiro diventa un sospiro che ti fa sentire più forte quello che hai dentro: sospiro di soddisfazione, o di angoscia, o di aspettative, tutto suona più forte e chiaro di sera.
Queste giornate hanno preso un colore strano. Così, di improvviso. Sembra quel colore bellissimo e inquitante degli squarci di sereno in mezzo al nero del cielo carico di pioggia. Qualcosa che non riesci a guardare senza lasciarti sorprendere dalla sua bellezza, ma anche senza pensare alla minaccia delle nuvole tutto attorno. Senza pensare all'instabilità degli squarci di sole tra le nuvole. Questi giorni sono come un giallo arancio rosso fuoco dentro al grigio nero.
Va bene così, nel frattempo. Va bene così, finché non torna a piovere.
Va bene così.

mercoledì 10 marzo 2010

stessi

Mi chiedevo come stessi, ma poi diventava troppo difficile con il congiuntivo e ho lasciato perdere. Tornerò a chiedermi semplicemente come stai.
Ho passato l'ennesima giornata festiva in modo assolutamente non festivo. Forse dovrei rimuovere l'idea che la domenica sia festa. Ok, rimossa.
Cosa resta della domenica quando si smette di considerarla il giorno della festa? Resta una sequenza di mattina, pomeriggio e sera che assomiglia in tutto e per tutto a quella di un giorno qualunque. Con la differenza che per la gente attorno è comunque festa.
Ma più che festeggiare, la gente attorno usa la festa per riposarsi e pensare ai fatti suoi. Che comunque è un gran bel modo di festeggiare.
A meno che tu non sia juventino e ti tocchi una rimonta 3-0 3-3 del Siena. In quel caso avresti subito bisogno di un lunedì per depositare la domenica nel passato. Ma solo nel caso tu sia uno che si lasci condizionare la domenica dal risultato della propria squadra. E se sei juventino non ti conviene. Infatti io, che ho la sfortuna di essere juventino, non lo faccio.
Mi sta salendo in questo momento una certa apatia dovuta al fatto che si sta facendo sera. Forse perché dopotutto non mi dispiaceva più di tanto l'idea che fosse domenica, e adesso un po' mi scoccia dover aspettare una settimana intera prima di averne un'altra. E' che quando arriva sera uno cambia mentalità, si mette nell'ottica che sia sera e inizia a pensare al giorno dopo. Soprattutto quando la sera arriva di domenica. Dovrei trovare qualcosa per non pensarci. Per esempio potrei andare a messa, se solo fossi uno che va a messa. Ma la messa è per quelli che considerano la domenica una festa, e quindi io sono escluso in partenza. Allora potrei mettermi qua a scrivere su questo blog, se solo riuscissi a scrivere qualcosa che non abbia a che fare con l'idea che oggi è domenica e che oggi è festa ma non è festa e che dovrei pensare a qualcosa per non pensare al fatto che è domenica sera. Ma dato che non ci riesco, tanto vale che la smetta qui anche di scrivere.
Per la prossima domenica prometto che mi preparo meglio.

elezioni 2010

sabato 6 marzo 2010

regole e no

Allora, ci sarebbero delle regole, e sarebbero uguali per tutti. Perché saremmo in una democrazia, no? Magari potremmo anche dire che la democrazia non va bene, che ci sono forme migliori, questo può anche darsi. Sta, anzi, starebbe di fatto che saremmo in una democrazia, quindi ci sarebbero delle regole uguali per tutti. Non è che le due cose vadano ognuna per conto proprio: democrazia vuol dire che il potere è di tutti, non di uno o due o cento. Tutti. Quindi, se è di tutti,è tanto di chi governa quanto di chi è governato, e infatti in una democrazia sarebbe chi è governato a decidere chi lo governa. Tralascio il fatto che già solo per questo motivo noi in Italia non siamo una democrazia. Comunque, dicevo, se il potere è di tutti, è perché tutti sono uguali, altrimenti il potere sarebbe solo di qualcuno. Invece no!, vacca miseria, è proprio di tutti!. E quindi dal punto di vista del potere e del governo, siamo tutti uguali, anche gli imbecilli (e allora, appunto, potrebbe darsi che la democrazia non sia proprio la cosa migliore, ma tant'è: noi saremmo in democrazia, questo è quello che viene ripetuto da tutti). E quindi, il fatto che si sia in democrazia vuol dire che si è tutti uguali, e il fatto che si è tutti uguali spiega perché ci siano regole uguali per tutti. Se le regole smettono di essere uguali per tutti, allora non si è più in democrazia. Questa non è un'idea politica o una tesi di parte, è una cosa matematica, come 2+2= 4, democrazia= regole uguali per tutti.
Quindi ci sarebbero delle regole uguali per tutti. Le regole si chiamano "regole" apposta perché sono, appunto, delle regole. Non sono delle abitudini, o delle linee di massima, o dei suggerimenti. No!, vacca miseria, sono regole! Devono valere sempre, in generale, non solo quando fa comodo. Capita poi che ci sono casi in cui sarebbe meglio che le regole non ci fossero, ma le regole sono regole proprio perché devono valere anche in quei casi, così uno sa che, qualunque cosa succeda, ci sono delle regole, e quindi uno sa che, qualunque cosa succeda, e dunque a prescindere da chi sia la persona cui succede, tutti restano uguali, e quindi si resta in una democrazia.
Ora, ci sono delle regole che tutte insieme si chiamano burocrazia, e sono una gran rottura di palle. Ma ci sono. Si potrebbero cambiare, è vero, così diventa tutto più semplice. Ma finchè non si cambiano, loro ci sono. Una di queste regole è per esempio che se io pago una ritenuta d'acconto e metto un codice anzichè un altro codice, anche se di fatto io sto pagando la ritenuta, io sto infrangendo una regola, che magari è stupida e inutile, ma c'è, e se non la rispetto ne pago le conseguenze.
Questo vale per me. E anche per chi legge questo blog. E per milioni di altre persone che non sono così fortunate da leggere questo blog. Anzi, siccome saremmo in una democrazia, varrebbe per tutti.
In Italia non vale per tutti. In Italia, se qualcuno non rispetta le regole della burocrazia, ne paga le conseguenze, ma se invece a non rispettarle è qualcun altro, allora niente problema, si sistemano le regole all'occorrenza. Poi ci sarebbe da dire che in Italia questo non vale solo per le regole della burocrazia, tipo non consegnare i documenti in tempo per presentarsi alle elezioni, ma vale anche per le regole che dicono che non si ruba, che non si corrompe, che non si fanno affari con la mafia, e via dicendo.
Quindi, per tirare le somme, in Italia saremmo in una democrazia, ma non lo siamo. Ma ripeto che questo non è un giudizio politico, è solo una constatazione. Magari è anche meglio così, non lo so. La democrazia può essere pericolosa. Se per esempio la maggioranza delle persone vota un delinquente, in una democrazia non ci sarebbero gli strumenti per impedire al delinquente di governare. Quindi, insomma, per fortuna che in Italia non siamo in democrazia..

martedì 2 marzo 2010

può

Così non può andare, eppure va. Quindi si vede che può, o forse può in un senso diverso da quando si dice che no, così non può andare.
Le sere si allungano sempre di più dentro alle notti, ma portano dentro alle notti solo le angosce e il lavoro ereditati dal giorno. Quello che tiene a galla è l'idea che si tratti di una situazione provvisoria, di una fatica destinata a finire presto. Ma questa è anche l'idea che alimenta le angosce del giorno e della sera e della notte.
Vorrei che finisse, e vorrei di no, e vorrei capire cosa sia prima che finisca. Perchè se così non può andare, almeno vorrei capire quale sia la direzione di questo andare.