lunedì 21 marzo 2011
pacifico
domenica 20 marzo 2011
lì
Ti chiederò dove hai messo il mio silenzio, e tu mi sussurrerai la risposta nell’orecchio, piano, con un soffio di voce che filtra tra le labbra socchiuse. Una risposta troppo debole per essere sentita. E tenderò l’orecchio più vicino a te, per sentirti meglio, e tu mi ripeterai la risposta e ancora io non riuscirò a sentirti. E mi farò ancora più vicino, appoggiando l’orecchio sul tuo labbro, e ti chiederò di sussurrarmelo ancora un volta. E tu di nuovo socchiuderai le labbra, e io sentirò il vento della tua voce che mi accarezza l’orecchio, e mi accorgerò solo allora che quel soffio è solo aria senza suono, che nessuna parola è mai uscita dalla tua bocca, e quel che non sentivo era quel che non poteva essere udito. E mi accorgerò allora che il mio silenzio, proprio quello di cui ti chiedevo, che il mio silenzio è lì con te, al sicuro.
giovedì 3 marzo 2011
freddi
È tornato il freddo, cane pungente polare. Penserò a questo freddo porco se mai in Australia mi dovesse capitare di avere nostalgia di questo Paese cane porco, e la malinconia lascerà il passo a un sospiro di sollievo.
E poi penserò a questo Paese che è il peggior Paese del mondo, venduto al fumo del miglior offerente. Venduto perché volontariamente vendutosi al gusto dell’apparenza scambiata per sostanza, dell’arroganza scambiata per forza, della prepotenza scambiata per potere. Paese povero di soldi e di spirito e di speranza, e povero di soldi proprio perché povero di spirito e di speranza. Paese di nulla, con una nullità al governo e una nullità all’opposizione, con il nulla più assoluto nella testa della gente che ancora si ostina a credere al nulla di questo Paese
Penserò al freddo, sì, ma non al freddo di questa sera nevosa di inizio marzo. Penserò al freddo che questo Paese mafioso perdente ammuffito ha dentro. Questo Paese che ha barattato il senso del dovere e la moralità con il moralismo superficiale e sporco e mafioso del suo marcio retroterra cattolico, di un Vaticano che lo governa in quel modo mafioso che neanche la mafia è mai stata capace di imitare, succhiando il sangue i soldi e l’intelligenza a un popolo di pecoroni infiacchiti che si fa lustro degli artisti e geni della propria storia per nascondere dietro ai loro nomi rari e luccicanti tutta l’ignoranza e l’arroganza e l’ottusità che ci rendono quel che siamo, italiani, l’etichetta più vergognosa che uno si potrebbe portare dietro.
Penserò a questo freddo glaciale in Australia, o in qualunque altra parte del mondo finirò. E mi scapperà anche un mezzo sorriso, forse per via di quella sottile sensazione di essermi messo in salvo.